Spotlight

Sin City al cinema: tra pregi e difetti, tra Miller e Rodriguez (e Tarantino)

No, tranquilli, non vi siete persi nulla: non sta per uscire un nuovo capitolo di Sin City. Sono solo io che, preso da una certa nostalgia (e da una decisa rabbia), oggi voglio parlarvi e cercare di tracciare un riassunto di ciò che è stato Sin City nella sua trasposizione cinematografica. Perché voi non siete dei poser infami e quindi sapete che l’opera originaria è una serie di fumetti di Frank Miller, vero?

sin city
Vedete? Lo dice anche la grafica!

Un’ultima precisazione prima di cominciare: sappiamo bene che Sin City è approdato al cinema in due capitoli, uno dal titolo omonimo e l’altro che porta il sottotitolo attraente Una donna per cui uccidere, il quale evidenzia ancora una volta quanto ai traduttori non interessi tanto la fedeltà traduttoria, quanto il tradurre a caso termini che non avrebbero creato grandi problemi di traduzione. Perché in fondo la parola dame è difficile da tradurre nell’italiano dama, oh poveri piccoli, il vostro sì che è un lavoro complicato in questi casi… Quindi: da un lato Sin City, dall’altro Sin City – Una DAMA per cui uccidere. Ergo, in quest’analisi riassuntiva prenderemo in esame distintamente i due capitoli.

The game has just begun…

sin city

Soggetto

Bene, partiamo proprio da qui. La cosa figa che ha fatto Sin City (prima col fumetto, poi al cinema) è stata quella di prendere un genere, quell’hard-boiled da uomini duri, di quelli che si vantano delle dimensioni del proprio membro con le donne, e personalizzarlo. Di prodotti che contengono e sviluppano le tematiche presenti nell’opera di Miller ce ne sono a bizzeffe, vedi, così, ad esempio un certo signor Quentin, per citare un autore a caso che ha sostanzialmente dedicato l’intera sua opera artistica a questo genere. Ah no, scusate, lui fa PULP. Ma Sin City è cosi caratteristico, così visivamente unico e così incarnato perfettamente nella sua stessa essenza da essere capace di prendere l’hard-boiled, dargli una pacca sulla spalla (rompendo quest’ultima, se no che cazzo di hard-boiled sarebbe) e poi dirgli “adesso ci sono io, bitch!”. Ok, sto esagerando, ma vi dico solo una cosa: Marv.

Bene, alziamo un attimo la posta: il primo capitolo traspone su pellicola tutte queste belle cose con una maestria disarmante. Non so se nessuno lo abbia mai fatto, ma credo che se vi metteste a confrontare le scene del film con le vignette dei vari fumetti non notereste differenza alcuna. Quindi, Dio benedica Frank Miller.

Ma lo maledica anche. Che problemi sono sopraggiunti in Una donna per cui uccidere? Ti è scappato il gatto e sei improvvisamente diventato un eunuco, Frank? Niente potenza esplosiva, niente cazzoduraggine in questo sequel/prequel, solo un tentativo fallito miseramente di guadagnare con un qualcosa che aveva già dato il massimo.

roark jr sin city
Parlavamo di eunuchi, no?

Bianco e nero (e colori)

OMMIODDIO SIN CITY È IN BIANCO E NERO? NON LO GUARDERÒ MAI! No, è anche a colori, stupidi smorfiosetti radical chic di sto beneamato cedro. Ha ragione di essere in bianco e nero: la maggior parte della rappresentazione dell’opera gioca sui contrasti che i due colori opposti sanno creare. E quindi giochi di ombre (anche cinesi), risalto alle immagini, illuminazione simbolica e così via. In quest’ambaradan di old school si fiondano a braccio teso i colori. Le parti colorate in Sin City assumono un rilievo tutto particolare e, soprattutto, simbolico. Infatti essi vanno a rappresentare emozioni, sensazioni, talvolta anche giudizi e criteri d’analisi. Ma in fondo, che ne sanno i 2000 del bianco e nero…

Ah già dimenticavo Una stronza per cui uccidere. Beh, il bianco e nero c’è ed è tutto ok, anzi, forse, in alcune scene di penombra esso è addirittura realizzato meglio che nel primo. Sì, l’ho detto. Ma i colori sono buttati totalmente a caso, giusto perché l’originale faceva così, quindi lo facciamo anche noi. Si chiama bandwagoning, non arte, e tu Rodriguez… sei un gran bastardo.

sin city
Capite cosa intendo?

Episodi

Allora, allora, allora. Voglio piangere. Respiro profondo e ci siamo. Siamo tutti al corrente del fatto che sia il fumetto che i film siano divisi in capitoli? Capitoli che narrano storie autoconclusive e sostanzialmente indipendenti dalle altre (anche se gli intrecci tra i vari capitoli non mancano). Bene. Sorprendentemente (come detto anche sopra) Sin City è filologicamente fedele al fumetto, quindi, in pratica, tutto ciò che vediamo è anche quello che troveremmo nel fumetto. Anche perché Miller è co-regista, cazzo è un coglione che cambia le sue storie? E fin qui ci siamo. Una donna per cui uccidere. Ormai mi sono rassegnato a chiamarlo con l’ahimè suo vero nome. Ok, due dei quattro episodi del secondo film – tenetevi forte – non sono tratti dal fumetto. Gridate, dai, non fatemi sentire l’unico nerd che pensa che questa sia una cosa ingiusta. Vi prego. Lamentele da fanboy a parte, come sono i due episodi aggiunti? Pressoché inutili. Quello con Joseph Gordon-Levitt non aggiunge nulla di nuovo all’universo sincityiano, se non qualche dito rotto, mentre quello con Jessica Alba e un fantasmatico Bruce Willis, da un lato mostra quanto (Ba)sin City sia capace di rendere impuro anche un personaggio sostanzialmente immacolato (tanto lo sappiamo che i peni li hai presi, Nancy) come quello di Nancy, ma dall’altro frantuma tutto l’ideale di corruzione e di invincibilità che si era creato attorno al senatore Roark (Powers Boothe) facendolo uccidere da Nancy stessa. Bene. Molto bene. Non c’è nulla che funziona. Sono questi i sequel che vogliamo. Grazie Rodriguez, ti risparmio l’insulto razziale anti-messicano solo perché ho paura dei narcos.

sin city gordon levitt
Le prendi e basta.

Frank Miller’s Sin City

Che fine hai fatto? Non capisco: se io fossi l’ideatore di un’opera che, vuoi o non vuoi, e che, nel bene e nel male, ha segnato un genere (sia fumettistico che cinematografico), un po’ ne sarei geloso. Non la gelosia che scatta quando un bifolco osserva in modo sospetto la propria donna: lì partono le katane sulle braccia peggio di Miho e poi mangi coi gomiti. No, intendo geloso di mantenerne il prestigio e il valore. Invece sembra che a Miller non sia fregato nulla di tutto ciò, già a partire dall’idea di realizzare una seconda opera cinematografica basata sul fumetto. Perché? Era necessaria? Quali fini artistici mirava a soddisfare? Ah, il vile denaro…

Sono solo contento del fatto che Una baldraccona “Eva Green” per cui uccidere sia stato un insuccesso e che sia stato dimenticato abbastanza velocemente. Il vero problema è che questo schifo si è trascinato fino all’originale trasposizione cinematografica, gettando fango anche su di essa. Sai come si dice Miller: mea culpa. Chi troppo vuole nulla stringe. Ad andare con lo zoppo si impara a zoppicare. Ok, meglio smetterla.

frank miller
In bianco e nero anche lui, per mantenere il mood.

Quindi…

Preparatevi, perché sarà un paragrafo un poco impegnativo. Ma si sa che noi del MacGuffin sappiamo rendere tutto molto più interessante. Sostanzialmente siamo una telenovela senza gli intrecci amorosi, ma con valori culturali esageratamente alti. Praticamente non siamo una telenovela.

Chiaro come un fulmine a ciel sereno: Sin City è uno dei cinecomic migliori mai realizzati dall’uomo. Ho detto uomo e non messicano. A parte la già citata fedeltà al fumetto, non esiste qualcosa di simile all’opera di Rodriguez-Miller: la dimensione visiva, così come il modo di costruire l’intreccio e la sceneggiatura, le possibilità vastissime che il digitale ha saputo creare sono un mix introvabile nel panorama cinematografico. Vero, ed è questo che ha salvato Sin City (o almeno il primo film) dal cataclisma generale che sono la maggior parte dei cinecomic. Ok, ma questo è un evento unico e inimitabile, quindi che cosa succede se provi a rifare la stessa identica cosa per la seconda volta e per giunta con lo stesso soggetto? Annoi. Annoi lo spettatore che giustamente si aspetta qualcosa di rivoluzionario almeno tanto quanto lo è stato ciò che ha visto in precedenza, e per giunta rimani senza idee. E quando rimani senza idee forzi la mano e trasformi quel qualcosa di unico ed inimitabile in un’apparente botta di culo. Ma qui non stiamo parlando di un poveraccio che trova a terra una valigetta piena di soldi e decide di scrivere la storia della sua fortuna. Qui parliamo di Frank Miller, di un autore che ha una forte consapevolezza artistica e che sa cosa fa e perché. Tutte queste certezze cadono realizzando un film come Una donna per cui far esalare l’ultimo respiro. E poi bella la vita Frank, vero? Tanto la colpa se la becca tutta Rodriguez che ha i genitori messicani.

robert rodriguez
No, la colpa è anche della tua faccia associata a quel cappello.

P.s.: in Un essere umano di sesso femminile di nobili condizioni per cui uccidere c’è Lady Gaga.

P.p.s.: nessun messicano è stato maltrattato durante la stesura di questo articolo.

Mario Vannoni

Un paesaggio in ombra e una luce calante che getta tenebra su una figura defilata. Un poco inutile descrivere chi o cosa sono io se poi ognuno di voi mi percepirà in modo diverso, non trovate?
Back to top button