The Sinner: perdonami Padre, perché ho peccato.
Lunedì sera stavo cenando e facendo pigramente zapping in televisione, ma niente mi ispirava granché. CSI: già visto; Law & Order: anche; Affari a quattro ruote: conosco tutte le auto a memoria. Allora ho acceso il pc e ho iniziato a scorrere tra le ultime serie tv e taaac, mi spunta The Sinner, uscita ad agosto per USA Network. Ed era già all’ultimo episodio, così ho pensato: posso fare binge watching tutta la sera che tanto poi c’è già la fine e quindi non muoio di ansia nell’attesa!
È finita che mi sono sparata QUATTRO episodi non stop, dalle 20 alle 23, con un momento finale di dubbio se iniziare il quinto o se andare a dormire che forse era meglio. Il giorno dopo due. Altri due il giorno successivo. Questo per dire quanto The Sinner mi sia piaciuta e mi abbia catturata fin da subito.
La serie, composta da otto episodi, inizia con le immagini di una famiglia apparentemente felice: Cora Tannetti (Jessica Biel, un po’ meno cristiana che in Settimo cielo) e consorte Mason (Christopher Abbott) lavorano nella ditta dei genitori di lui, i quali si occupano del loro piccolo pargolo quando sono al lavoro. Percepiamo delle tensioni nella vita privata dei due sposini, lei sembra avere dei momenti di “assenza” e qualche problema in camera da letto, forse superati forse no. Il culmine però lo raggiungiamo poco dopo, quando, durante una gita di famiglia al lago, lei si alza in preda a un raptus omicida e accoltella un giovane seduto di fronte a loro. Così, d’amblais. Io sono rimasta talmente impressionata che ho dovuto stoppare un attimo la scena, altrimenti mi facevo saltare via il computer dalle gambe.
Dopo questo fatto, irrazionale e immotivato, si sviluppa la trama della serie.
Sì, perchè The Sinner comincia con un delitto di cui conosciamo benissimo l’assassino, ma non il movente – che è la cosa geniale della trama. Tutta la storia si svolge infatti alla ricerca del motivo di tale atto (e non del colpevole, come si fa di solito), scoprendo, di episodio in episodio, un tassello fondamentale nella storia passata di Cora. Questi tasselli forse potrebbero, non dico giustificare, ma quanto meno spiegare le ragioni del suo folle gesto.
È Bill Pullman, il detective Harry Ambrose, che orchestra questo svelamento della psiche della ragazza. Lei è talmente impressionata (come noi spettatori, d’altronde) da quello che ha fatto senza saperne il perché, da rifiutare subito qualsiasi tipo di aiuto: non vuole un avvocato, non vuole un processo, si dichiara colpevole fin dall’inizio. Ma Ambrose subodora qualcosa, come dice lui stesso la verità è il suo mestiere, ed è la verità che ricerca tra le pieghe di una memoria traumatizzata. Tramite una serie di sedute di ipnosi, alle quali Cora acconsente di partecipare, emerge allora un passato fatto di eventi terribili che hanno plasmato la povera Cora nella donna fragile che è ora.
La cosa sorprendente di The Sinner è, infatti, la ri-definizione della protagonista: è un’assassina, spietata sembrerebbe, ma è fondamentalmente una vittima. Una vittima di abusi psicologici e fisici, la vittima della follia cattolica della madre, la vittima dell’egoismo della sorella malata, la vittima delle pulsioni degli uomini che ha incontrato. Cora, man mano che gli episodi e la storia procedono, passa da un carceriere all’altro, acconsentendo di volta in volta a farsi sopraffare in modi diversi. Non ha la forza di contrastare nessuno di loro e l’unico modo che conosce per proteggersi è ripiegare i suoi ricordi al fondo della sua mente, nascondendoli, seppellendoli il più possibile, finché una canzone non risveglia quelle tracce che pensava sepolte per sempre.
Il finale di stagione arriva in un attimo: gli episodi sono pochi e la voglia di arrivare alla fine è tantissima. È il momento in cui scopriamo finalmente tutti gli angoli bui del passato della donna (ovviamente non vi rivelo nulla), e in cui finalmente capiamo chi è Cora, vittima, carnefice o semplicemente (e tristemente) donna spezzata.