
Snowpiercer: quanto dista la distopia?
Quanto siamo vicini alla fine del mondo?
L’Apocalisse è un tema caro all’essere umano sin dagli albori, sviluppando il concetto di distopia, ovvero l’ipotesi di un futuro drammatico, socialmente parlando.
Di più: l’Apocalisse è parte di una delle nostre domande esistenziali. Dove andremo? Secondo Bong Joon-ho, regista sudcoreano al debutto in lingua inglese con Snowpiercer (2013), gireremo in tondo.
Gelida distopia
Già, perché la premessa di questo film è una fine del mondo dovuta a una nuova Era Glaciale, alla quale un tale di nome Wilford pone rimedio costruendo una gigantesca locomotiva ultratecnologica che, percorrendo il giro del mondo in un anno, fornisce ai suoi passeggeri tutti i servizi e le risorse per sopravvivere. O quasi, dal momento che, come i nostri treni, la Locomotiva (maiuscola non casuale, vedrete in seguito) è divisa in classi. Di fronte all’Era Glaciale, i sopravvissuti sono stati smistati nelle diverse classi in base al biglietto che hanno potuto permettersi, e va da sé che la prima classe è fornita di ogni comfort mentre la terza verte in condizioni pessime.
Interessante? Vedrete il resto.
No spoiler, ma mini trama
Il film segue infatti le vicende della ribellione della “coda” del treno, che punta ad arrivare fino alla “testa” e uccidere il creatore della Locomotiva, Wilford. Per fare ciò, il capo della rivolta, Curtis, dovrà affrontare il peso della leadership, le dolorosissime decisioni che questo comporta, le perdite, le difficoltà, le divergenze d’opinione, i gesti impulsivi di cui ogni membro del suo gruppo è – letteralmente – vittima.
Quale sia il vero significato delle sue azioni e quanto valga la pena di sopportare tutto questo però, Curtis lo scoprirà solo alla fine del suo viaggio.

Cosa rende questo film superbo?
Innanzitutto il cast
Non solo vanta nomi importanti, ma mostra una consapevolezza non indifferente.
Mi spiego meglio? Ve lo ricordate Ed Harris?

Il creatore di un mondo fuori dal mondo, un uomo crudele ma capace d’affetto, annoverabile tra gli antagonisti
eppure al tempo stesso non completamente malvagio. Manipolatore, mago della retorica, burattinaio dell’identità altrui. Bene, dal suo ruolo di Wilford, creatore della Locomotiva, aspettatevi la stessa cosa. E la stessa dose di fascino e bravura, naturalmente.
Su John Hurt e Tilda Swinton non mi dilungherò troppo: lui relativamente presente nel film ma con un ruolo fondamentale e interpretato magistralmente. Lei versatile in ogni suo aspetto (costumi e fisionomia inclusi), completamente folle, perfetta.
E sui protagonisti, beh… il mio mondo salvato da Capitan America e Billy Elliot? Quantomeno sarebbe esilarante.
Così vicini, così lontani
Bong Joon-ho dipinge un mondo apparentemente fuori da ogni concezione verosimile. Tutto congelato, il treno che sa fare tutto, il giro del mondo, i servizi… ma ci lascia con un dubbio, che è il solito dubbio doveroso di ogni distopia: siamo davvero così lontani da tutto ciò?
Una società che non si cura degli individui, ma della perfezione di ipotetici ingranaggi che portino chi ha più soldi a poter vivere in una serenità tale da trascendere il non doversi curare dei problemi e arrivare a non averne proprio, in un’ipotetica e nauseante perfezione (sensazionale, in questo senso, la scena del vagone-scuola, con una formidabile Alison Pill)

E ancora, sempre in pieno distopia-style, il culto. Tutti sono invitati a venerare la Sacra Locomotiva come un Dio, e Wilford come il salvatore. Un culto cieco e folle, volto a impedire di vedere oltre, di riflettere sulle proprie azioni e sul loro valore. Persino chi vi riesce vacilla, mettendo in dubbio anche le convinzioni di una vita.
La Locomotiva di Wilford crea un mondo schematico e lineare che si mostra come una trappola mortale, soffocante, alienante, alla quale è quasi preferibile la glaciazione. E dalla quale fuggire, anche quando il prezzo è davvero alto, anche quando fuori è tutto bianco, tutto uguale, tutto nulla.
Non giriamoci attorno
Guardare questo film inquieta. Non può che essere così d’altronde, visto che incarna tutti i tratti della distopia che si rispetti. Proprio per questo però, porta con sé la riflessione che ad oggi è sempre più necessario fare, che è quella che sta a titolo di questa recensione, e insieme un sacco di altre domande, perché ciò che rende Snowpiercer “non un qualsiasi film sulla distopia” è questo improvviso confondere i confini tra bene e male, giusto e sbagliato.
Guardatelo, se avete voglia di confondervi un po’. Ma sappiate che vedrete i treni in modo un po’ diverso dopo.
