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Spider-Man: Far From Home – La verità è che… noi siamo Spider-Man [No Spoiler]

Partiamo subito dalle cose negative di Spider-Man: Far From Home, così ci togliamo il pensiero: il termine “blip” per indicare lo schiocco di Hulk fa altamente ribrezzo. Quasi come sentire i ragazzi che si chiamano “zio”, ma quello era già successo in Homecoming, e il doppiaggio, purtroppo, ce lo teniamo così. Ma verrà il giorno, verrà. Bene, finite le cose negative di Spider-Man: Far From Home. Ci avevate creduto, dite la verità.

Perché a questo film gli si può dire poco. Perché è raro stare in sala per due ore con un sorriso ebete stampato sulla faccia. È raro credere tanto in qualcosa e poi vederla lì, prendere vita su quel telone bianco, mentre la gente ride per le cose giuste, e non per eroi tristemente in sovrappeso. Anzi, è molto raro. Eppure, incredibilmente, succede. Perché Spider-Man: Far From Home è uno di quei film che rivedresti ancora, ancora e ancora. Perché siamo tutti Spider-Man, dal primo all’ultimo.

Spider-Man: Far From Home

C’è un Peter Parker in ognuno di noi, e ognuno di noi vorrebbe diventare Peter Parker. Essere sbattuto qua e là come una marionetta senza capire chi tira i tuoi fili, cadere, inciampare, rialzarsi, lottare, sbagliare, quasi fino alle estreme conseguenze, e poi stringersi quel metaforico scudo sul braccio come Cap alla fine di Endgame.

Spider-Man: Far From Home

Tom Holland è Peter Parker. Il Peter Parker del MCU, ovviamente. Inutile fare paragoni raimiani. Altri tempi, altre vite, altri film. Dentro il MCU questo è il Peter migliore che potessimo chiedere, e Spider-Man: Far From Home ce lo fa piroettare sul volto minuto dopo minuto, in uno splendido garbuglio di teen movie e supereroi, di critica (anche feroce) alla società dell’apparire moderna, pronta a credere a tutto pur di avere una speranza, o un nemico a cui dare la colpa. Che sia vero o no, poco importa. Ecco uno schema squisitamente disneyano sfruttato alla perfezione: inserire un elemento adulto (così tragico e attuale per la società) dentro un film dal respiro totale. Dopotutto, bisogna sempre controllare bene le fonti.

Scoiattolo notturno

E Peter è, nella sua montagna russa di emozioni, davvero tutti noi. Noi che abbiamo scazzato, noi che ci siamo innamorati, che abbiamo balbettato e che, magari anche solo una volta, siamo riusciti a salvare il nostro stupido piccolo mondo. Noi che, tutti i giorni, vorremmo l’occasione per essere qualcosa di più, non dei semplici (forse) amichevoli tizi di quartiere. Lui se la deve conquistare, quell’occasione, nonostante ce l’abbia a portata di mano, perché l’ombra di Tony Stark potrebbe risucchiarlo completamente. Ma quella scena, e quel sorriso di Happy (che aumenta esponenzialmente l’amore incondizionato per Jon Favreau) bastano a farci capire che sì, lui è il nostro Peter, e al tempo stesso è il futuro del Marvel Cinematic Universe. E, in quel futuro, ci vorremmo piroettare il prima possibile.

Mysterio

E in tutto questo sfrecciare di emozioni, arriva lui: Quentin Beck. Mysterio. Un Jake Gyllenhaal in fastidiosa, splendida forma. Ora, va bene evitare gli spoiler, ma questo è il segreto di Pulcinella. Mai avrei immaginato che Mysterio sarebbe risultato così perfetto al cinema. Mai. Tutto remava a favore della sua resa impossibile dal fumetto alla sala. Ma qua siamo davanti a un capolavoro. Questo Mysterio ha tutto ciò che un fan dell’Arrampicamuri vorrebbe, supportato da una CGI maestosa, entusiasmante, che diverte sia il creatore che lo spettatore, in un gioco delle parti sempre sul filo del rasoio (mediatico). Un personaggio costruito bene, con motivazioni valide, sfaccettato e con quel quid di follia che non guasta mai. Il perfetto contrappunto per Spider-Man: Far From Home, così in bilico tra enormità e particolare, tra lo spazio profondo e l’essere un semplice Uomo-Ragno di quartiere. Mysterio veicola tanta morale dietro al film, e lo fa in maniera così sensata, precisa e sì, diegetica, che noi possiamo solo bearci della sua grandiosa piccolezza.

Spider-Man: Far From Home

Ma il film non si accontenta, pesca a piene mani dal suo passato, scavando nel primo Iron Man e in una particolare scena di Civil War, senza smettere di sparare ragnatele verso il futuro. Spider-Man: Far From Home aggiusta perfettamente il tiro di Homecoming, sotto ogni punto di vista: mai Tony Stark è stato così presente e assente, nei modi e nei tempi corretti; mai Peter è stato così ragno e così uomo; mai un film su un amichevole ragazzino del Queens è stato sia così intimo e così grandioso, perfettamente inserito dentro uno schema del MCU che già delinea la Fase 4, con semplici pennellate. Bastano le due scene post-credits a farci saltare dalla sedia, mentre l’immersione tra personaggio e spettatore è totale: durante la prima scena sono rimasto esattamente come Peter Parker, espressione facciale e posizione delle mani compresa; durante la seconda sono risalito sull’ennesimo carosello di emozioni, facendomi piacevolmente fregare per l’ennesima volta.

Eccoci qua, una recensione dal cuore per Spider-Man: Far From Home senza spoiler. Chi l’avrebbe mai detto. Dopotutto, io questo sorriso ebete non me lo vorrò mai togliere dalla testa, perché quando la vita ti schiocca le dita sulla faccia, beh, so che un amichevole Uomo-Ragno di quartiere sarà sempre e comunque lì, pronto a sbagliare anche per me.

Edoardo Ferrarese

Folgorato sul Viale del Tramonto da Charles Foster Kane. Bene, ora che vi ho fatto vedere quanto ne so di cinema e vi starò già sulle balle, passiamo alle cagate: classe 1992, fagocito libri da quando sono nato. Con i film il feeling è più recente, ma non posso farne a meno, un po' come con la birra. Scrivere è l'unica cosa che so e amo fare. (Beh, poteva andare peggio. Poteva piovere).
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