“Manca un anno”. “Mancano sei mesi”. “Manca un mese”. “Meno di un mese”. È ciò che si ripete ogni giorno un impiegato di mezza età in attesa della pensione? Il calcolo dei sondaggisti in vista delle prossime elezioni politiche? L’angosciata presa di coscienza di chi ancora non sa che fare a Capodanno? Nossignori, è quanto la sottoscritta si sta sentendo ripetere da tempo ormai immemorabile – da quando è stata trascinata a vedere Rogue One rischiando più volte la pennichella, all’incirca: è il martellante, incessante, affannoso conto alla rovescia che ci separa dall’uscita di Star Wars – Gli ultimi Jedi, che per chi non lo sapesse delizierà occhi e menti del globo terracqueo a partire dal 13 dicembre prossimo venturo.
Prima di essere sommersa dagli insulti di fan e cinefili, una precisazione: riconosco l’indubbio valore della saga, l’inventiva strabiliante di George Lucas, i supermegagalatticifantascientifici effetti speciali e tutto quanto; solo, preferisco Pretty Woman. O, se proprio mi tocca immergermi nella fantascienza, almeno che sia una cosa un filino autoironica, tipo la Guida Galattica per Autostoppisti. E più breve, soprattutto. Ma non c’è scampo: la Disney ha comprato il format di navicelle spaziali e scimmie giganti, dicembre è il mese dei regali per eccellenza, i pupazzi delle scimmie di cui sopra si vendono benissimo, ergo ogni singolo cinema dedicherà tutte le sue sale o quasi alle avventure di jedi, robottini e fantasmagoriche spade laser. E allora, visto che sfuggire al tam-tam è impossibile, cari fan di Star Wars, questo breviario è per voi: per farvi capire cosa prova una il cui interesse per Star Wars è pari a quello di Carrie Bradshaw per i bambini, per spiegarvi che no, non facciamo apposta a confondere la Morte Nera con Darth Vader, per chiarirvi perché i Jedi tutto sommato ci sembrano un po’ dei bambocci. Per farvi capire che dovete essere clementi con noi profani, insomma.
Cominciamo proprio da loro, quelli che verosimilmente saranno i protagonisti del prossimo Star Wars: i Jedi. Sulla carta sono dei fighi pazzeschi, un mix di espertoni di arti marziali, saggi conoscitori dell’universo e cavalieri senza macchia e senza paura. Tanti Alberto Angela in versione galattica, più o meno. L’immagine immacolata di questi fenomeni resiste per tutta la prima trilogia (a scanso di equivoci, intendo la prima in ordine cronologico, quella in cui Harrison Ford era ancora minorenne), finché con un flashback di appena sette ore abbondanti George Lucas decide di spiegarci come il cattivissimo Darth Vader, quello che va in giro tutto il tempo con l’elmetto nero e parla come un tabagista all’ultimo stadio, sia diventato il cattivissimo Darth Vader.
La minaccia fantasma, L’attacco dei cloni e La vendetta dei Sith servono, oltre a lanciare la carriera di Natalie Portman e a introdurre il dimenticabile Jar Jar Binks, una sorta di lucertola logorroica con problemi di dislessia, a raccontare il passato del nostro: che si chiamava Anakin, era un bambino prodigio, venne notato dai Jedi e iniziato alle loro arti, ma nel frattempo si innamorò. Ora, i Jedi non prevedono cose come amore, famiglia, vita sociale: ci si vota alla causa, che in soldoni potremmo riassumere con “difesa dell’universo da tutti i malvagi passati, presenti e futuri”, e tanti saluti. Anakin però non ci sta, conosce la Portman, cerca di coniugare le due cose, avventure varie, la Portman muore ed è un po’ anche colpa dei Jedi. Ad Anakin girano parecchio e decide di passare al lato oscuro. Che è nettamente più simpatico e affascinante, tra l’altro: complessità di pensiero, dubbi su dubbi, e last but not least maggiori poteri. Alzi la mano chi al posto suo non avrebbe fatto lo stesso.
Ma il nostro problema con Star Wars non è solo che preferiamo i bad boys, è tutto il contorno. Si chiamano Guerre Stellari, quindi qualche battaglia la mettiamo in conto; qualche, appunto. Mediamente, su due ore abbondanti di film una e mezza passa tra astronavi che si sparano, pianeti che esplodono, spade laser che si incrociano e stelle che accelerano: per un appassionato di computer grafica è il paradiso degli occhi, per noi comuni mortali ha lo stesso interesse degli screensaver di Windows XP. Le palpebre si fanno pesanti, i personaggi si accavallano, le storie si confondono: ed ecco che Star Wars si trasforma nella versione più efficace del Valium.
Aggiungiamo poi un dramma prettamente femminile: la mancanza assoluta di belli-bellissimi. Rifletteteci: cos’hanno in comune Game of Thrones, gli X-Men, e tutti i supereroi vari ed eventuali? Che, a fronte di una trama che grossomodo prevede solo sgozzamenti e sparatorie, piazzano una sequenza di inquadrature di uomini che sembrano semidei, e che riescono a farti dimenticare tutte le cose più utili e interessanti che potresti fare in quel paio d’ore. Star Wars cosa ci propone? Harrison Ford se va bene, altrimenti una serie di ragazzetti freschi di terza media, che al massimo possono suscitare un po’ di istinto materno. Non parliamo poi dell’ultimo cattivo in ordine cronologico, Kylo Ren (al secolo Adam Driver), che sembra la sintesi perfetta della crisi di identità del maschio contemporaneo. Evviva Rey (Daisy Ridley) e il girl-power, per carità, però un manzo ogni tanto regalatecelo.
Infine: intrighi degni del peggior Beautiful. Con la differenza che quello, House of Cards e 1992 hanno una parvenza di realtà, e quindi in qualche modo ti prendono. Perdonatemi, ma appassionarmi ad una cosa in cui Yoda, il più forte e intelligente di tutti, col tempo è diventato una sorta di folletto verde e peloso è al di là della mia portata.
Una cosa però noi infedeli adoriamo ciecamente in Star Wars: i peluches. A partire dai tenerissimi Ewok direttamente dagli Anni Settanta: la prima volta che vidi questi orsetti pucciosissimi e coccolosissimi armati di lancia persi ogni brandello di dignità. Lucas deve averci visto lungo, perché da lì è stato tutto un crescendo: Chewbecca, che in sostanza è una versione grossa e goffa degli Ewok, i versetti di R2-D2, quella palla adorabile e dispettosa di BB-8. Il trailer di Star Wars – Gli ultimi Jedi per una frazione di secondo ci mostra una specie di gufetto dagli occhi dolci che lascia ben sperare. Ecco, su questo noi profani dobbiamo rendere grazie alla Disney, che se lascia perplessi i puristi ha capito benissimo su quali nostre corde far leva.
Per il resto, cari fan di Star Wars, sappiate che quello che per voi è il giorno più atteso dell’anno, beh, in qualche modo lo è anche per noi, ma per ragioni opposte. Per cui, quando vi accompagneremo al cinema perché “lo devi vedere, come fa a non piacerti”, abbiate pietà: non provate a spiegarci la storia per la duecentesima volta, non stupitevi di fronte ai nostri sbadigli, non guardateci con sufficienza, e ricordate che è solo per magnanimità che non vi imponiamo la legge del contrappasso e non vi portiamo a vedere l’ultimo film d’essai iraniano. E, per favore, non chiedeteci di arrivare al cinema con una spada laser.