
StellaStrega: la fantasia deflagra e non lascia superstiti
C’era una volta… un re! Direte voi, miei cari lettori. E invece no.
C’era una volta una pessima idea.
Un produttore, Alex Visani, desideroso di avere per le mani un prodotto di fantascienza da poter distribuire negli Stati Uniti, scrive un soggetto per un Melting movie ambientato la notte di Halloween.
I Melting movie sono quel genere di film dell’orrore, o fantascienza, che prevedono personaggi vittime di un elemento fantastico (alieni, sostanze eccetera) in grado di sciogliere il loro volto e il loro corpo.
Il soggetto è terrificante, con dei personaggi abbozzati e stereotipati e con un intreccio banale. Da questo brutto seme nascerà Alienween, il secondo lungometraggio di Federico Sfascia (I REC U). Il regista folignate si ritrova per le mani una storia che davvero non lo convince, ma che è, fortunatamente, autorizzato a cambiare (a patto di lasciare intatta l’estetica di base del genere e l’ambientazione nella vigilia di Ognissanti).

La lavorazione è lunga, problematica e travagliata: chi dovrebbe non rispetta il suo ruolo, non adempiendo ai suoi doveri, e il regista e gli attori si ritrovano sobbarcati da un pesante lavoro da portare a termine.
Tra mille difficoltà, il film vede la luce e viene distribuito negli Stati Uniti con una scadente edizione DVD, ma con una buona risposta da parte della critica specializzata e del pubblico dell’horror.
La storia è davvero semplice: nella notte di Halloween una misteriosa pioggia di asteroidi porta con sé un’invasione di mostriciattoli alieni che secernono spore tossiche in grado di tramutare, fisicamente e mentalmente, i malcapitati che le assorbono. Un gruppo di ragazzi dovrà vedersela con le mutazioni e col contagio che finirà per decimarli. La notte infernale passerà tra situazioni drammatiche, esilaranti, irriverenti e raggelanti. In una parola: grottesche.
Per quanto il regista non abbia mai fatto mistero di odiare questa sua creatura, in quanto legata a un’esperienza profondamente deludente (e non abbia perso tempo per insultarne la principale causa) anche qui emerge, chiaro, il suo inconfondibile tratto.
Momenti esilaranti, drammatici e spaventosi, in perfetta coesistenza, arricchiscono il film. Personaggi della più varia natura e carattere lo adornano. Mostri indimenticabili (per psicologia e design) reggono il ruolo degli antagonisti.
E, come avveniva nel precedente I REC U, la dura e drammatica realtà non manca di trovare una breccia per inoltrarsi magnificamente in questo mondo di modellini e di trucco prostetico.
Senza dubbio, questo film è un’ottima dimostrazione di cosa siano in grado di ottenere dei talentuosi professionisti in una situazione difficile. Va detto, però, che, anche senza un’attenta occhiata, in questo sfortunato Alienween traspaiono fin troppo bene gli effetti della sua travagliata produzione.
Confrontando i lavori precedenti del regista, in questo film si ha, a tratti, la sensazione di trovarsi di fronte a un lavoro incompleto. O a uno di quei deleteri montaggi della produzione tipici della filmografia anni ’80-’90 (come l’americano The Thief and The Cobbler o il progetto naufragato di Tinto Brass Io, Caligola).
Non lascia, quindi, stupiti l’uscita di questo StellaStrega, terzo film del nostro regista e, sostanzialmente, rivisitazione dell’imperfetto secondo. Sfascia torna sul suo girato. Richiama gli attori, i tecnici. Tutto per riuscire a dare il suo Final cut (come altri grandi maestri hanno fatto prima di lui, basti pensare a Scott e al suo Blade Runner).
Ma possiamo davvero definire StellaStrega solo così? Una versione raccomodata di Alienween?
L’intervento è massiccio: intere scene vengono cancellate, rigirate o sostituite. La colonna sonora viene rimpiazzata da una nuova e più ispirata. Alcuni passaggi di sceneggiatura vengono modificati. Gli effetti e il trucco vengono corretti e migliorati. Schegge di satira verso la società, come il rapporto con i Social Network, vengono approfonditi maggiormente e con gusto.
Non solo. Senza alcuna pietà, l’onda travolge anche il soggetto originario, allontanandolo dalla fantascienza horror e arricchendo la sua natura fantastica (come già il titolo suggerisce). Questo colpo viene assestato in modo incredibilmente preciso, con perfetta macchinazione.
StellaStrega è poetico, stralunato, bizzarro. Tutte cose che, in fin dei conti, caratterizzavano già il suo predecessore. Ma questo riesce a esserlo con una potenza e una gioia che al predecessore erano stati preclusi. Chiunque sia rimasto perplesso dall’odio di Sfascia per il suo Alienween, guardando questo film potrà finalmente comprenderlo (anche senza necessariamente condividerlo).
Sfascia crea un grande immaginario che travolge i personaggi, e il loro background, come uno tsunami. Però, di tutta questa serie di eventi che investe le vite dei protagonisti, solo una piccola parte ci verrà spiegata. Il minimo indispensabile.
Esatto. Chiunque abbia sperato (guardando il prototipo) che in questo StellaStrega venisse data un qualche tipo di spiegazione o di “retroscena” ad alcune vicende fantastiche non chiare o apparentemente casuali, rimarrà deluso. Perché qui non solo non ci sono spiegazioni in più, ma, se possibile, ci potrebbero essere ancora più domande.
Tutto quello che lo spettatore potrà fare sarà… fare lo spettatore. Rimanere seduto e farsi travolgere (anche lui) da questo spettacolo di fantasia. Come ai tempi del maestro George Méliès e della sua Luna colpita da un colpo di proiettile nell’occhio.
Questo è un film di grandi momenti. Stando al gioco, chi scrive può assicurarvi che anche voi, pubblico non di nicchia, potrete rimanere meravigliati da questo tour de force e avere almeno un momento che rimarrà impresso nella vostra mente. Come il sottoscritto ha il suo sin dal precedente Alienween: provare per credere.