
Still the Water di Naomi Kawase: l’adolescenza è un rituale estivo
L’incipit di Still the Water è molto semplice: due adolescenti che vivono sull’isola di Amami Ōshima una sera d’estate trovano un cadavere.
La pellicola (una tra quelle disponibili insieme a molte altre opere nella nuovissima e assai ricca videoteca di Mubi) della produttrice e regista giapponese Naomi Kawase risale al 2014. Precede Le ricette della signora Toku, che aprì la sezione Un Certain Regard a Cannes l’anno seguente.
Come molti film di Kawase anche Still the Water cela un’immensa complessità emotiva sotto la più lineare delle storie.
Sia Kyoko (Jun Yoshinaga) che Kaito (Nijirô Murakami) stanno vivendo un periodo complesso della loro vita; certo, sono adolescenti, ma non è (non e mai!) solo questo. Kyoko è nata e cresciuta sull’isola, in una bella casa nella giungla, e sua madre, la sciamana del suo villaggio, è gravemente malata. Kaito invece è nato a Tokyo e si è trasferito ad Amami, l’esatto opposto della metropoli, quando i genitori si sono separati, seguendo la madre.
Still the Water è chiaramente un coming-of-age, un delicato e meditativo racconto di formazione.
Le vicende di Kyoko e Kaito sembrano le pagine sparse di un diario, frammenti di giornate, come se lo spettatore potesse afferrare proprio i potentissimi ricordi sparsi dei due ragazzi, per fare ordine, e non stesse in realtà seguendo l’occhio della camera.
La scelta di ambientare la storia in una delle isole Amami, dice Kawase, è data dalla scoperta che lì sono nati i suoi antenati. Da quel momento ha deciso che proprio lì, in una delle isole giapponesi ricche di storia e tradizioni, avrebbe ambientato la pellicola. In uno scenario simile il cortocircuito che esiste nelle sue storia, il succedersi necessario delle generazioni, la capacità di poter o dover a tutti i costi serbare dei ricordi, o la paura di crescere ed esporsi al mondo, assume una connotazione ancora più intensa.
Il mondo è là fuori, certe volte semplice altre complesso, e aspetta che qualcuno lo afferri. Scoprirlo nell’isola di Amami, con i suoi vecchi riti nelle notti d’estate, significa poterlo toccare davvero e sentirselo raccontare. Certe cose resteranno sempre inconoscibili dice Still the Water, altre forse possono essere intraviste anche nella natura, nei suoi aspetti più ruvidi e semplici, perché possano essere comprese in un solo secondo.
La natura, altra chiave dei film di Kawase, in Still the Water aiuta i due ragazzi a togliere il velo di fronte all’ignoto e a rompere con un quello che erano una volta.
L’isola di Amami è protagonista insieme a loro, come lo è sempre la natura, perché non solo interagisce, ma sembra costantemente osservare quello che i ragazzi fanno.
“The gods, they die too.”
L’adolescenza, si sa, non è altro che l’ennesimo rito. Still the Water, con i suoi falò, i tifoni e le danze, lo dimostra alla perfezione. Non aspettatevi un film dove accade molto, perché Naomi Kawase chiede di lasciarsi sopraffare senza dover davvero combattere, semplicemente, cosa richiesta anche allo spettatore, osservare.