Film

Stronger – Io sono più forte, quando il coraggio uno deve darselo per forza

Lo ammetto: quando ho visto la locandina di Stronger – Io sono più forte, in cui Jake Gyllenhaal fa naso – naso con Tatiana Maslany ho pensato: «Un polpettone sentimentale, che palle!».

Ciononostante, data la mia grande fiducia in Jake (perché un bravo attore, mica perché è bono, che vi credete?), mi sono lasciata trascinare al cinema dalla mia amica, senza guardare un trailer o leggere una recensione.

Tabula rasa, non sapevo nemmeno di cosa stessimo parlando: lo avrei capito nelle successive due ore, che sono volate.

Jeff Bauman/Jake Gyllenhaal è un bambinone ventisettenne, che lavora in un ipermercato ed è circondato da una famiglia di buzzurri, tra cui spicca la madre Patty/Miranda Richardson, la sua compagna di sbornie preferita.

Jeff è innamorato del suo esatto opposto, la diligente Erin/Tatiana Maslany, con cui ha una relazione altalenante a causa della sua immaturità: mollato per l’ennesima volta, lui si presenta alla maratona di Boston ad accoglierla al traguardo con un cartellone e per dimostrarle di essere cambiato.

È il 15 aprile 2013: poco prima della fine della gara esplodono due ordigni, causando morti e feriti, tra cui Jeff, che in un attimo perde entrambe le gambe.

Il giovane si risveglia in ospedale, con accanto Erin e la sua disfunzionale famiglia: fornisce un identikit dell’attentatore all’FBI, la sua foto in carrozzella fa il giro del mondo e diventa un simbolo nazionale.

Mentre la madre ne gestisce l’immagine pubblica, costringendolo a esibirsi nelle più svariate occasioni mondane, il ragazzo affronta faticosamente i traumi fisici ed emotivi derivanti dalla sua nuova condizione, affiancato da Erin che, nonostante le difficoltà, non lo abbandona.

Stronger – Io sono più forte è la prima prova veramente interessante di David Gordon Green (Joe), che dimostra di essere un regista promettente, riuscendo nella non facile impresa di realizzare un biopic dignitoso e non un’agiografia.

Perché fare un santo di ragazzotto immaturo che perde le gambe in un attacco terroristico e che per di più ha accanto una fidanzata paziente e coraggiosa, in un’America alla perenne ricerca di eroi da sbandierare al mondo, è una terribile tentazione, a cui per fortuna sia il regista sia il cast hanno saputo quasi sempre resistere.

Anzi, questa mania tipicamente statunitense di costringere le vittime a diventare simboli è il tema portante del film, mania contro cui Jeff Bauman si ribella, supportato dalla sua Erin, qui impersonata da una sorprendente Tatiana Masliany (Woman in Gold).

Ma il punto forte della pellicola è Jake Gyllenhaal, senza che il mio giudizio sia influenzato dai suoi occhi da cerbiattone o dagli addominali scolpiti (che di certo non dispiacciono), qui alle prese con uno dei ruoli più difficili della sua carriera, un mutilato con la sindrome di Peter Pan.

Il suo Jeff non suscita in noi quella ipocrita pietà verso i disabili, perché non è un personaggio sempre piacevole: beve come una spugna, fa lo stupido, non ha la fretta della Clara di Heidi di alzarsi dalla sedia a rotelle per correre sulle Alpi con le caprette, anzi, non s’impegna proprio.

Ha dalla sua un enorme pregio però: è una persona vera. Una persona che ha vissuto una tragedia e che non reagisce ad essa con un sorrisone sulle labbra e corre come Bolt non appena infilate le protesi ma che impara a convivere con il dolore e riesce a trovare la forza di vivere, non senza scivoloni.

Gyllenhaal ci ha abituati a non considerarlo solo un belloccio ma un attore pronto a trasformarsi e a mettere da parte il suo sex-appeal in favore di personaggi complicati (chi se lo dimentica adolescente disadattato Donnie Darko o cowboy gay ne I segreti di Brokeback Mountain?); in Stronger – Io sono più forte affronta uno dei ruoli più impegnativi della sua carriera.

Degna di una menzione a parte è la signora Bauman, un personaggio spesso sgradevole, alcolizzata, affamata di soldi, inopportuna e immatura quanto e più del figlio: grazie a Miranda Richardson (Il mistero di Sleepy Hollow, Harry Potter e il Calice di Fuoco) questa donna insopportabile diventa, agli occhi del pubblico, fragile e in balia degli eventi della vita.

Se la vera forza del film è il cast e la sceneggiatura (scritta dal vero Jeff Bauman), non mancano però i punti dolenti: il più grave è lo sviluppo eccessivo di alcune parti della storia e l’accenno troppo frettoloso ad altre ugualmente importanti, producendo così un effetto sbilanciato che non mi ha entusiasmato.

Il regista non ci ha risparmiato alcuni momenti ridondanti ma glieli facciamo passare, la trama (o meglio, la realtà dei fatti) è così piena di spunti di lacrimevoli che devi essere proprio di ghiaccio per non cascarci almeno una volta.

Ciò che conta davvero in Stronger – Io sono più forte è proprio il sottotitolo, che trasmette il messaggio chiave del film: se ti tagliano le gambe devi essere così forte da camminare come le avessi ancora.

Ilaria Pesce

Pontifico dal 1990. La mia idea di sport è una maratona di film o di serie TV: amo il cinema drammatico, i gialli e la Disney. Sono una lettrice onnivora ed insaziabile. Ascolto musica di ogni genere ma soffro di Beatlesmania acuta. Mi piacciono gli spoiler. Tento di mettere a frutto la laurea in Lettere. Il mio sex-symbol di riferimento è Alberto Angela.
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