
Sukiyaki Western Django
…E se vi dicessi “Quantin Tarantino + Takashi Miike + Sergio Leone + samurai pistoleri + sangue a fiotti”?
Lo so, molti di voi sono già corsi a cambiare la biancheria.
Dite che sono andato troppo di corsa? Ok, rallento subito…
Il film di cui vado a parlarvi si chiama Sukiyaki Western Django e la prima cosa che mi ha colpito è stato il titolo: se un film parte così, può essere anche un melò alla Harmony recitato dagli attori de Il Segreto, ma gli do un 8 in pagella comunque…
Non lo nego: questo gioiellino rappresenta un motivo di vanto per il sottoscritto, non tanto perché io c’entri qualcosa (i miei sogni erotici più spinti mi vedono a scrivere una sceneggiatura western-pulp insieme allo zio Quentin), ma perché prima di scovarlo (non vi dico come) non l’avevo mai sentito nominare da nessuno. Quindi se lo guardate grazie a questa recensione sappiate che farete di me un bimbo felice (per le questioni sul mio ego guardate pure la descrizione che faccio in fondo alla pagina).

La storia di Sukiyaki Western Django è questa (tenetevi forte e state quieti): in un villaggio popolato da giapponesi mezzi samurai e mezzi cowboys (!!!) due fazioni di guerriglieri (i rossi e i bianchi come nella Guerra delle Due Rose) si contendono un malloppo d’oro, fino a quando un cavaliere senza nome arriva a modificare gli equilibri della contesa.
Ok, sì, lo so, si tratta essenzialmente della trama di Per un pugno di dollari, ma il contesto è del tutto nuovo: il Takashi Miike che sta dietro la macchina da presa si diverte come un matto – e si vede! – mettendo in scena una follia totale, girata con la sua maestria e con il suo gusto per il grottesco. Un elogio palesissimo a quel filone che dovrebbe essere il NOSTRO orgoglio nazionale, che tutti ci invidiano (roba come Django Unchained, The hateful eight non ciccia fuori dal nulla), ma che noi abbiamo dimenticato: si chiama spaghetti western e se non ne avete mai visto uno sappiate che non meritate questo sito.
A questo marasma di giapponesi che si sforacchiano e sanguinano e si urlano addosso, si aggiunge il gusto tipicamente tarantiniano per la violenza estetizzata, una violenza talmente esagerata che viene completamente privata del suo senso e che non è altro se non strumento di divertimento per lo spettatore.
Diciamo che il filone è quello dei due Grindhouse (A prova di morte e Planet Terror) di Tarantino e Robert Rodriguez: un cinema di serie Z, che omaggia il cinema di serie Z degli anni ’70/’80, fatto però dai migliori registi (mio gusto personale) di questa generazione.
Sukiyaki Western Django è un film DIVERTENTE che ti fa passare un’ora e mezza in totale allegria e, nonostante qualche perdonabilissimo difettuccio, ha sequenze che ti fanno bagnare il divano: una su tutte l’opening. Se vi piacciono Leone, Tarantino e tutte le belle cose di cui stiamo parlando, tenetevi forte perché (soprattutto se di questo film non ne sapete niente), i primi 5 minuti sono un po’ come scoprire che al pranzo di Natale, insieme a nonne zie e cugini, è venuta anche Scarlett Johansson.
Il risultato è qualcosa di fresco, originale, inaudito e totalmente non-sense, ma che diverte, intrattiene e fa riscoprire il gusto per un cinema artigianale, rozzo, fatto a mano, che al palato risulta meno finto e plasticoso di questa accozzaglia di cinecomics delle palle fatti coi miliardi per fare i miliardi. Un cinema che è ancora arte nel senso di “saper fare qualcosa” e non business senz’anima.
Non stiamo parlando di un capolavoro, non vorrei che ci fossero malintesi: il film è una cagnata, ma una cagnata voluta, che si fa beffe di tutto e tutti, quindi spegnete il cervello, tornate bambozzi e divertitevi a guardare katane, teste che volano, cowboy senza nome, sangue e pallottole senza questionare. Perché alla fine mi ringrazierete.