Film

Superare aspettative altissime: Long Day’s Journey into Night

Ho visto Long Day’s Journey into Night e mi rendo conto che sì, vorrei avere un potere assoluto sulle vostre menti per obbligarvi a guardarlo.
Dopo Kaili Blues, primo lavoro di Bi Gan, le aspettative erano altissime; quello era già impossibile da raccontare ma assolutamente da consigliare. Long Day’s Journey into Night è anche il titolo di un’opera teatrale di Eugene O’Neill, che non hanno niente a che vedere l’una con l’altra, così come il film è anche lontanissimo dall’essere solo un film romantico, come è stato lanciato in Cina. Un film perfetto da vedere a Capodanno, come no. Se uno vuole iniziare il nuovo anno nella maniera allucinata di sempre, forse in quel caso sì.

Quelle enormi aspettative non sono state solo rispettate, ma forse raddoppiate. Bi Gan ci riporta a Dangmai, ci offre un nuovo long take impeccabile (qui addirittura di 59 minuti) e ci offre un altro film che non riuscirò a definire ma spero vivamente di convincervi a guardarlo.

Anche in questo caso, come in Kaili Blues, il film è suddiviso in due parti, con la differenza che in Long Day’s Journey into Night l’accorgimento utilizzato per creare la cesura è del tutto allucinato ma allo stesso tempo perfetto (dirò un sacco di cose imprecise e vaghe perché non posso dire troppo, ma forse non so neanche come dirlo).
La prima parte della pellicola è un film noir, molto articolato e sfuggente: c’è un orologio che custodisce una vecchia foto, una ragazza che sembra essere vissuta due volte (Tang Wei), un compagno di infanzia ucciso, tanti ricordi che riemergono con estrema lentezza, del tutto restii a venire riordinati dal protagonista, Luo Hongwu (Huang Jue).
Con uguale lentezza, ma una lentezza poco metodica, più un insinuarsi, arrivano gli incantesimi.
Long Day’s Journey into Night si assottiglia fino a diventare evanescente, le storie che cerca di riafferrare Luo Hongwu sempre più irraggiungibili.

Così si viene sbalzati nella seconda parte della pellicola, la long take per la quale in sala erano necessari anche gli occhiali 3D.
Se la prima corrispondeva a luoghi gocciolanti, case vecchie e umide, segreti che riemergevano dalle pareti, la seconda metà è un lunghissimo viaggio notturno e sotterraneo anche nei suoi momenti più vividi. Luo Hongwu si trova in una dimensione sognante fatta di meccanismi associativi, un percorso con tappe ben precise dove sono i ricordi, se davvero esistono, a fargli strada. C’è molto Ashes of time, tantissimo Ashes of time.

– There are many kind of ghosts, which are you?
– The most naive kind.

Eppure tutto sembra sfuggire. Per tutto il film si ha la costante consapevolezza che non solo c’è qualcosa che non sappiamo, ma che se anche questo ci venisse confessato dal protagonista, o se anche fosse capace di scoprirlo, avrebbe poco senso, perché anche quest’ennesima realtà o informazione se ne andrebbe via.
Non posso crede che c’è chi ha visto in Long Day’s Journey into Night della maniera o del narcisismo di Bi Gan. È un viaggio che quasi si può toccare, una linea narrativa pericolosamente nuova e fuori dagli schemi e vi ripeto, vorrei controllare le vostre menti per obbligarvi a guardarlo.

Diletta Crudeli

Classe '91. Pur avendo studiato Beni Culturali ed editing credo di saperne di più sui viaggi nel tempo e sulle zone infestate. Leggo un sacco di libri e cerco sempre di avere ragione, bevo tanto caffè, e provo piacere nell'essere un’insopportabile so-tutto-io. Per intrattenervi posso recitare diversi sketch dei Monthy Python.
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