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Taron e la pentola magica: perché il fantasy-crogiolo Disney fu un fiasco?

Basato sulla saga di cinque romanzi di Lloyd Alexander Le cronache di Prydain, Taron e la pentola magica combina richiami cavallereschi, fiabeschi e orrorifici con i topoi narrativi del fantasy e l’animazione Disney. Un bel crogiolo di cose, e soprattutto una dose esagerata di innovazione che si scontrò con tempi ancora non maturi e con un pubblico non pronto – e no, non parliamo solo del solito discorso “i bambini si spaventano”.

Prendere Taron e la pentola magica e fargli l’autopsia per separare gli elementi fantasy da quelli Disney, è un’operazione molto difficile. Mettere questi elementi sulla bilancia per cercare di farli stare in equilibrio, ancora di più. Perciò, parlandovi di questo Classico Disney ingiustamente dimenticato, cercherò di andare per temi, provando a farvi capire perché si trattò di un’idea originale al momento sbagliato.

PENTOLE MAGICHE, PENTOLE NERE

Partiamo dal titolo: Taron e la pentola magica nell’originale inglese è The Black Cauldron, il calderone nero. Nelle traduzioni (italiana, ma anche francese e tedesca, per esempio) la pentola non è più nera, ma diventa magica. All’apparenza potrebbe sembrare uno dei soliti svarioni di traduzione dei titoli, e invece, se ci facciamo caso, è un tentativo di addomesticare tutta la storia oscura che comincerà una volta aperta la custodia della videocassetta, spostando l’attenzione dello spettatore sulla magia, la cifra Disney per eccellenza. E funziona: lo spettatore è subito rassicurato e sa che troverà un prodotto che non si discosterà molto dai soliti Classici. Cosa sarà mai questa pentola magica, verrebbe da chiedersi a questo punto. Sarà mica quella con l’oro dei Leprecauni in fondo all’arcobaleno? E invece no, per niente.

Però Evy rimane sempre una delle cose più carine mai prodotte dalla Disney.

TUTTO PER UN OGGETTO STREGATO

Se c’è una cosa tipica del fantasy, è questa: un artefatto che si carica in qualche modo di magia oscura e diventa malvagio. Anzi, questa combo di oggetto inanimato + fascino degli incantesimi ci piace così tanto che la ritroviamo (quasi) ovunque: pensiamo all’anello ne Il Signore degli Anelli o agli Horcrux di Voldemort nella saga di Harry Potter, a tutto ciò che combina immortalità, ritorno alla vita, ritorno al potere, signori oscuri e artefatti altrettanto oscuri ritenuti perduti. Sì, Taron e la pentola magica è pur sempre un Classico Disney, ma se vi è venuta in mente una certa scena di Jafar davanti alla Caverna delle Meraviglie siete un po’ fuori strada.

Eccola qui, la pentola.

COSMOGONIE E PENTOLONI

“Si narra che un dì l’Inghilterra fiorì d’audaci cavalier”? No, di nuovo. Taron e la pentola magica NON è La spada nella roccia. Il prologo con cui inizia quest’avventura è ben diverso, molto più cupo di quello di Mago Merlino & co., decisamente lontano dal “C’era una volta”:

Vi era un re così crudele che perfino gli dei lo temevano. Poiché non esisteva prigione dove potesse essere tenuto rinchiuso, venne buttato vivo in un crogiuolo pieno di ferro fuso. Ma la sua anima malefica non morì, e prese la forma di una grossa pentola magica.

La scelta di cominciare con un prologo è un altro espediente fantasy, che affonda le sue radici in tempi ben più antichi: in questo modo siamo tutti informati sugli eventi precedenti, ci immergiamo in una storia che sicuramente comincerà in medias res e sappiamo pressappoco cosa aspettarci.

TARON, L’ANTI-SEMOLA

Partire da una casetta ai margini di una foresta proibita per dirigersi verso l’ignoto è una delle prime cose che si sanno della fiaba, e anche nel fantasy serve un allontanamento simile perché la storia cominci. La Disney sfrutta questa formula tantissime volte, e non fa eccezione nemmeno in Taron e la pentola magica. Ma Taron non è Aurora, non è Hercules e soprattutto non è l’ingenuo Semola: è un protagonista ben diverso, è l’eroe giovane e coraggioso per antonomasia; parla fra sé per parlare con noi, vuole un’occasione per diventare un valoroso guerriero (va bene, è vero, qui siamo nel Disney più Disney).

SIGNORI OSCURI

Altro pilastro del fantasy: signori oscuri che vogliono la distruzione, per rigenerare un nuovo mondo sulle macerie di quello vecchio. In Taron e la pentola magica il male supremo è incarnato in Re Cornelius (applauso ai traduttori di questo nome parlante, che hanno salvato The Horned King da un destino ben più comico – e lo hanno fatto molto prima della controversia su Dumbledore/Silente). Cosa rende innovativo Re Cornelius? Il fatto che sia davvero cattivo. Se passassimo in rassegna tutti i villain della Disney scopriremo che sono, a loro modo, innocui e vagamente simpatici, da Scar a Ursula a Crudelia DeMon. Re Cornelius no.

Nella top ten dei miei incubi infantili.

Re Cornelius è un lich terribile, ha un aspetto scheletrico di morto-non morto con le corna e una toga incappucciata, fa paura e fa impressione. Al suo arrivo nella sala del banchetto non ci sembra di rivedere Malefica che interrompe i festeggiamenti per la nascita di Aurora, ma piuttosto siamo catapultati in pieno Beowulf quando il mostro Grendel sta per compiere il suo massacro.

Rasputin chi?

Cosa vuol fare Re Cornelius con la pentola? Creare un esercito delle tenebre, riportando in vita tutti i morti dei secoli passati: la scena in cui questo succede è uno spaventoso tripudio di slime verde e scheletri mostruosi. Ah, un elemento degno di nota: in Taron e la pentola magica ci sono i cadaveri, c’è la violenza (per esempio, un boia che vuole decapitare la maialina Evy senza tanti complimenti) e soprattutto si vede il sangue. Probabilmente c’è un solo precedente storico di una cosa del genere nei film d’animazione, e ne potete leggere meglio qui.

Troppa sofferenza in un’unica scena.

DALLA PARTE DEL BENE

L’eterna lotta bene vs male, IL caposaldo del fantasy, in Taron e la pentola magica è tutta sbilanciata, e dalla parte del bene si preferisce il coraggio e il buon cuore alla magia potente dei vecchi saggi. Non c’è un vero mago, un Gandalf della situazione, una figura risolutiva che rimetta ordine e che contrasti il signore oscuro come un suo pari: il contadino Dalben è solo un guardiano di porci senza nessun potere magico, caratteristica che invece è affidata alla maialina Evy, “il maiale profetico” che ha le visioni. Evy ha una speciale connessione psichica con Re Cornelius, e i guai cominciano quando Re Cornelius lo scopre (non notate qualche somiglianza con una ben più nota cicatrice?).

Rituale magico a tempo record.

LE STREGHE, OVVIAMENTE

A portare ulteriore squilibrio arriva anche la presenza di tre streghe super partes: tre come quelle di Macbeth, tre come le Parche di Hercules – ma altrettanto comiche come queste ultime, senza contare l’improbabile battuta “Ti dispiace se pizzico la tua arpa?”, che ricorda un’uscita altrettanto dubbia di una delle Muse.

Anticipare Il Trono di Spade di circa trent’anni.

“Baratteremo la spada con la pentola”, dicono le streghe ai protagonisti: nel fantasy e ancor prima nella fiaba, i patti tra umani e personaggi magici non sono mai leali, ma subdoli e sempre favorevoli agli ultimi (non notate qualche somiglianza con una ben più nota coppa e una ben più nota spada e una ben più nota camera blindata?).

NIENTE CANZONCINE

Se pensiamo ai Classici Disney ci verrà subito in mente il loro impianto da musical, tutte le canzoni che hanno fatto la storia, e che occupano tutt’oggi qualche buon giga di spazio nella nostra memoria poetica. Ecco una rottura bella grossa con la tradizione: in Taron e la pentola magica non ce n’è mezza. Non canta nessuno, mai. Invece, tutto il film è permeato da un’inquietante musica strumentale di sottofondo. E d’altronde, la colonna sonora fu curata da Elmer Bernstein, quell’Elmer Bernstein de I magnifici sette e Ghostbusters.

Sacrifici casuali – sì, ci sono anch’essi.

FOLLETTI, PRINCIPESSE E CREATURE BUFFE

La generosa dose di polvere-di-fata Disney più evidente in Taron e la pentola magica è l’uso di personaggi di contorno (dalla parte dei buoni, ma non solo) per alleggerire l’atmosfera cupa: un numero esagerato di folletti fluorescenti che ricalcano le tre fatine de La bella addormentata, i due aiutanti-macchietta (perdonatemi, Propp e tutti voi formalisti russi, per usare termini a sproposito) Gurghi e Rospus, dalle vaghe fattezze di cane e di rospo-gremlin, e soprattutto, manco a dirlo, una principessa tenuta prigioniera.

Nessuno si salva da solo, tranne la principessa Ailin.

Anzi, è proprio il caso di spezzare tutti una lancia in favore della anti-principessa Ailin – o Eilonwy, per gli anglofoni più avvezzi alla celtic vague e agli scioglilingua, eroina tosta e indipendente (ma indipendente del tutto, nel senso che di lei non si sa praticamente niente), prima che si gridasse al femminismo con tutte le varie Mulan e Merida:

Ma che cosa ne può sapere una ragazza delle spade?
Ragazza? Ragazza? Se non fosse stato per questa ragazza, saresti ancora nelle segrete del Re Cornelius!

UN PROBLEMA DI TEMPI

Infine, le tempistiche. Taron e la pentola magica dura un’ora scarsa: per questo, una storia che poteva essere buona diventa troppo veloce, dei personaggi con del potenziale rimangono piatti e senza introspezione. Non c’è tempo di spiegare niente: perché Evy ha dei poteri magici? Chi era il re che venne buttato per primo nella pentola? Perché la principessa Ailin è stata fatta prigioniera? Che cos’è quella pallina magica che ha con sé? Perché la pentola era in mano alle streghe? Mistero della Disney.

Cosa dicevamo dell’esercito di scheletri?

Il meccanismo Disney di far accadere parecchie cose in pochi minuti non funziona in Taron e la pentola magica: i tempi del fantasy sono quanto di più dilatato esista (vi ricordate? Questa storia è stata ripresa da cinque libri). Unire epos e fiaba è impossibile, l’azione si svolge su due linee temporali totalmente diverse che faticano a mischiarsi.

E, in una evidente urgenza di “e vissero felici e contenti”, assistiamo al finale più brutto e sbrigativo della storia dei finali Disney.

Trattasi di questo. E non solo.

COSA STAVA SUCCEDENDO

Il binomio anni ‘80-fantasy è cosa nota anche a chi negli anni ‘80 nemmeno era nato (presente!). Action movie al cinema, saghe spaziali, celebrazione del fantastico e altre fantascientifiche avventure erano, però, prerogativa del live action. E la Disney non è (quasi) mai stata in questa stessa carreggiata: dopo una storica reputazione basata sull’umorismo e sulla musica, Taron e la pentola magica presentato come Classico si rivelò un bel salto. Negli anni ’80 la Disney era ancora legata alla sua tradizione meravigliosa-magica, senza contare il boom di Classici con protagonisti animali parlanti.

Sì, c’è qualche esempio di sequenze un po’ più dark qua e là, tipo tutta la salita di Aurora alla torre in La bella addormentata, ma si tratta appunto di singole sequenze molto brevi all’interno di animazioni totalmente diverse.

È vero anche che, anni prima, un’altra coraggiosa incursione fantasy nella scena dell’animazione mainstream era stata fatta da Ralph Bakshi, con la trasposizione a cartone animato de Il Signore degli Anelli – e anche qui, nonostante l’espediente del prologo, era evidente l’impossibilità di concentrare un’epopea come quella di Tolkien in soli due film.

IL VERO FLOP

Che cos’è, dunque, che non ha funzionato in Taron e la pentola magica? Tutti questi cambi di rotta. Sono troppi, troppo bruschi, e troppo evidenti perfino a chi di fantasy è totalmente digiuno.

Poi, si sa, la legge dei grandi numeri è spietata, specialmente quando regola il delicato equilibrio tra arte e cultura di massa su cui si basano prodotti del genere: se un film non conquisterà almeno l’80% del pubblico pagante, sarà un fiasco.

In breve: il pubblico degli anni ‘80 non era quello di oggi. Da parecchi anni ormai le saghe fantasy sono fruibili da tutti, e draghi, eroi, battaglie epiche sono diventati quasi pane quotidiano – e soprattutto: esistono le serie tv (esempio pratico: Il Trono di Spade. Esempio ancora più pratico: io non l’ho mai visto ma so perfettamente – beh, più o meno – di cosa parla).

I confini di genere si sono progressivamente aperti, e tutta questa produzione è contaminata e influenzata dall’esterno, piena di elementi rielaborati ripresi dai film d’azione, dal noir, dal gotico e dall’horror, e dove non manca una generosa dose di eros e di gore.

Detto questo, io vi consiglio di riprendere Taron e la pentola magica e di guardarlo con attenzione: pensatelo come una coraggiosa bozza anni ‘80 che, considerando possibilità tecniche, narrative e grafiche del tutto diverse, oggi sarebbe stata la base per tirar fuori un prodotto vincente.

 

P.s. se siete tremendamente nostalgici dei vecchi cartoni, andate a trovare la pagina Sigle Cartoni Animati!

Lucia Baldassarri

La mia data di nascita è il primo pezzetto della tabellina del 3. Campo di grammar nazismo in più lingue, teatro amatoriale, tè e altre splendide cose che non fanno curriculum. Finché non mi crasha photoshop faccio anche l'illustratrice. Se esistesse un posto con i tramonti del Lago Trasimeno e le porte di Bologna, abiterei lì. Guardo film per poter dire che vabè comunque il libro era meglio.
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