Film

Ted Bundy – Fascino criminale, studente per professione, serial killer per vocazione

La passione per i cartoni, per le commedie romantiche e i drammi può far pensare che viva in un mondo di fatine, unicorni e zucchero filato; in parte è anche vero, vista la mia congenita dabbenaggine, ma esiste un lato oscuro in questa Ilaria calata sulla terra direttamente da Disneyland: l’amore della sottoscritta per la cronaca nera e i serial killer, che mi ha indotto a conseguire un master in Criminologia (e a seguire tutte le trasmissioni di Carlo Lucarelli).

Quando è uscito Ted Bundy – Fascino criminalenon ho potuto esimermi dal precipitarmi al cinema insieme alla mia compiacente e altrettanto sinistra migliore amica, in primis perché Bundy è un caso d’antologia, in secundis per vedere come se la cavasse quel belloccio di Zac Efron senza cantare in High School Musical.

Seattle, 1969: Liz Kendall/Lily Collins, giovane madre single, conosce in un locale l’affascinante studente di legge Ted Bundy/Zac Efron. Due chiacchiere, un lento, qualche limone e la ragazza lo porta a casa sua, dove tempo dieci minuti diventa un compagno e patrigno splendido.

Tutto sembra andare per il meglio quando nel 1975 Ted viene fermato una prima volta dalla polizia con l’accusa di aver rapito e ucciso due ragazze della zona.

Da questo momento inizia per Bundy una girandola di arresti, evasioni e trasferimenti da una prigione all’altra, dallo Utah alla Florida, Stato in cui si celebra il processo per omicidio, in diretta tv: mentre l’imputato fa lo sbruffone davanti alle telecamere e si assume la sua propria difesa, Liz ne segue le plateali gesta, macerandosi nel dolore.

Se infatti va ormai delineandosi un ritratto di assassino seriale, oltre che di animale da palcoscenico, e un’altra donna, Carol Ann Boone/Kaya Scodelario, convinta della sua innocenza, diventa la moglie e pasionaria personale dell’accusato, egli continua ad amare Liz, tanto da tartassarla di lettere e telefonate. 

Un amore folle, malato, borderline come lui, Ted Bundy.

Regia, tematiche, cast e nozioni di Criminologia spicciola

Joe Berlinger si è posto un chiaro proposito: non girare un documentario – su Netflix ne trovate uno eccellente, Conversazione con un killer: il caso Bundy – che descriva pedissequamente gli omicidi, le indagini e le perversioni mentali di uno dei più celebri assassini seriali del mondo.

No, Ted Bundy – Fascino criminale non è un trattato di Psicologia criminale: il regista sceglie di concentrarsi sull’impatto mediatico che il processo a carico di Bundy ebbe sul pubblico – specie su quello femminile, altro che sindrome di Stoccolma – e su come la sua personalità carismatica e insinuante riuscì a mandare in crisi un intero sistema giudiziario.

Con uno come Bundy anche Cesare Lombroso chiederebbe il reddito di cittadinanza e si ritirerebbe a vita privata (vi ho stupiti con la mia erudizione, eh?).

Altro punto focale è il rapporto Ted-Liz, la quale oscilla tra l’amare quel giovanotto così irreprensibile, forse vittima di un clamoroso errore giudiziario, e il piegarsi a quella che sembra una verità ineluttabile: per i media, per la giuria, per il mondo intero Ted Bundy è un serial killer, lo spietato esecutore di almeno trenta giovani donne.

Una vera eroina tragica dai dotti lacrimali inesauribili, che Lily Collins interpreta in maniera ineccepibile.

Nonostante le mie remore – c’è da dire che la sua filmografia precedente non depone a favore – è inutile negarlo: Ted Bundy – Fascino criminale lo fa Zac Efron, al 100%.

Lasciati i panni di Troy Bolton e di teen idol ultratrentenne, Zac porta sullo schermo un Bundy straordinariamente realistico, così bello, estroverso e fuori dalla grazia di Dio che non è difficile capire perché in aula il pubblico fosse formato perlopiù da isteriche ragazzine adoranti.

Prima fra tutte quella scervellata di Carol Ann, la cui devozione rasenta lo zerbinaggio: la giovane Scodelario riesce a darne un ottimo e odioso ritratto, davvero brava.

Degni di menzione, oltre all’immenso John Malkovich che interpreta il giudice Cowart, con il quale Efron imbastisce degli avvincenti duelli verbali, l’avvocato Simpson/Sheldon Coo… ehm, Jim Parsons – ho atteso per tutto il film che dicesse «Quello è il mio posto!» – e Haley Joel Osment nei panni del nuovo fidanzato di Liz.

Posto che il bambino che vedeva la gente morta ne Il sesto senso, vista la stazza, dev’essersi mangiato sia gli spiriti che Bruce Willis, è stato bello rivedere sullo schermo un ex baby divo la cui carriera pareva distrutta dall’alcool e dalle droghe.

Insomma, se siete appassionati di biopic, di scienze criminologiche e di canzoni di Emerson, Lake & Palmer – la scelta di Lucky Man come colonna sonora è geniale – e avete un’anima macabra, Ted Bundy – Fascino criminale è il film per voi.

Se invece non amate gli omicidi seriali e i disturbi della personalità… beh, guardatelo per sentirvi migliori anche se, come diceva Franco Basaglia, “visto da vicino nessuno è normale”.

Ilaria Pesce

Pontifico dal 1990. La mia idea di sport è una maratona di film o di serie TV: amo il cinema drammatico, i gialli e la Disney. Sono una lettrice onnivora ed insaziabile. Ascolto musica di ogni genere ma soffro di Beatlesmania acuta. Mi piacciono gli spoiler. Tento di mettere a frutto la laurea in Lettere. Il mio sex-symbol di riferimento è Alberto Angela.
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