Film

Tenet: Nolan spinge al massimo, ma manca qualcosa

Tenet è il film che volevate vedere. O forse, no? La nuova, annunciatissima opera di Christopher Nolan, padre di gioielli indimenticabili come Memento (2000), The Prestige (2006), e Inception (2010), arriva nei cinema dopo quasi due anni di buzz, 205 milioni di dollari di budget stimato, e un hype fomentato dall’essere l’unico vero evento cinematografico del post-lockdown mondiale. Undici film all’attivo e, come direbbero gli inglesi, from rag to riches, dalle stalle alle stelle: partito da piccole produzioni indipendenti, Nolan è diventato una macchina da blockbuster, e ora, il successo, lo vuole anche al botteghino (incassando 700.000 euro in due giorni solo in Italia). Benvenuti nel bi-verso di Tenet. Preparatevi a spellarvi le mani.

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La trama di Tenet è la trasposizione cinematografica del Quadrato del Sator. Iscrizione latina palindroma e contenuta, come dice il nome, in un quadrato, le parole che la compongono (Sator Arepo Tenet Opera Rotas) restituiscono sempre, se lette in un verso bustrofedico o nell’altro, la stessa frase. Il significato, però, rimane oscuro. La parola Arepo è infatti un hapax legomenon nella lingua latina, una parola, cioè, che non si trova in nessun altro luogo del corpus di scritti di cui disponiamo. Quello che importa per il film di Nolan, però, è che Tenet sia la parola centrale tra due componenti simmetriche e opposte. Nei fatti della finzione, Tenet è anche il nome di una misteriosa organizzazione che si occupa di tenere in ordine il flusso a doppio verso del tempo: quello che fluisce “in avanti” secondo la meccanica dominante della nostra dimensione, e quello che invece “progredisce all’indietro”.

I guai iniziano, e il film con loro, quando un misterioso Protagonista (John David Washington), agente segreto della CIA, viene reclutato per un’operazione determinante per le sorti dell’umanità. Attraverso il doppio verso temporale, oggetti “invertiti” – che, cioè, si muovono al contrario – arrivano dal futuro, e la loro carica nucleare è tanto intensa da far pensare che siano i detriti di un olocausto atomico.  La missione del Protagonista? Collegare i punti di una rete d’intrigo internazionale per impedire che ciò che si teme sia avvenuto avvenga.

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La promessa d’ingegnosità contenuta nel titolo di Tenet è mantenuta. Due film scorrono davanti agli occhi intontiti degli spettatori per tutta la durata della proiezione, movimenti ripetuti si intrecciano in una danza impeccabile, fotografata con gusto e attenzione da Hoyte van Hoytema, già collaboratore di Nolan dai tempi di Interstellar. La colonna sonora rimbomba nel sistema audio della sala, sguscia tra i timpani, s’impossessa dei neuroni. Tenet esplode, avviluppa, totalizza. Sui titoli di coda, il brano The Plan, con la voce di Travis Scott, quadra il cerchio dell’ultima, rocambolesca impresa di scrittura di Nolan, lasciandoci ammirati e orgogliosi, se siamo riusciti a sciogliere tutti i nodi di trama, ma anche, insomma, un po’ vuoti. Le ore ben spese al cinema, nel cinema rimangono. Nessun Joker tormentato ad accompagnarci a casa, né misteriosi prestigiatori impegnati a superare sé stessi.

In soldoni, Tenet manca di empatia. La precisione nell’esposizione delle teorie messe in campo non trova bilanciamento nella scrittura dei personaggi, che rimangono incastonati sullo schermo come elegantissimi bassorilievi sul fregio di una cattedrale. E Tenet è una splendida cattedrale, che accoglie tutti i fedeli, sia quelli che “ma il cinema commerciale non ha niente da dire”, sia quelli che “ma i film troppo impegnati non li guardo”. Gli occhi più esigenti potrebbero sentire piccole asperità qua e là, o storcere il naso alle sequenze alla James Bond. I meno allenati potrebbero trovare questo nuovo Nolan comunque troppo convoluto, e, di sicuro, sentiranno le sinapsi fumare. L’aspettativa, nel caso di Tenet, sembra far da padrona sul giudizio.

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Nolan intavola così un film “bello”, e, più di così, non lo si riesce a descrivere, nemmeno tenendo in considerazione spiragli laterali, e intriganti, che il regista lascia intravedere sul piano dell’interpretazione. Forse, nella dimensione parallela alla nostra, dove le folle guardano la pellicola di Nolan al contrario, ne troveremmo una descrizione più puntuale. Per quanto ci concerne, però, questo è tutto. Ai posteri l’ardua sentenza di leggere Tenet come cult, capolavoro incompreso, o interessante passatempo per mandare a memoria un paio di aneddoti in più sul buffo universo in cui viviamo.

Elisa Teneggi

Nata non tanto tempo fa in una galassia lontana lontana. Drogata di sperimentazioni culinarie, auto-proclamatasi Divoratrice di Cioccolata in Capo, ride quando vede dei pinguini. Elisa lavora part-time al Double R Diner di Twin Peaks, viene da New Orleans, ma a volte le scappa un accento italiano. Le piace guardare film che non capisce, ma il suo vero grande amore è Stanley Kubrick. Se la incontrate al cinema, non sedetele vicino. Se non l'aveste capito, Elisa odia descriversi.
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