
The Blues Brothers – Quando tutto è giustificato dall’epicità
John Landis si garantisce un posto definitivo nella storia del cinema con il film sui Blues Brothers, raro caso di trasposizione dalla TV di successo!
Ma che c**** di film è?
The Blues Brothers è una pellicola che ho sempre trovato difficile incasellare. Su Wikipedia è definita come commedia musicale, che però tecnicamente è un genere da operetta teatrale italiana, su MyMovies semplicemente è categorizzata come musicale, che però è decisamente riduttivo. Su Comingsoon troviamo nient’altro che un elenco di generi: commedia, azione e musicale, a cui su Imdb aggiungono “Crime”.
Io, già che ci sono, ci butterei anche “Cartone animato” nella mischia, così per gradire.
Ma allora di cosa diamine stiamo parlando, santi numi?
Ok, ci proviamo, si va?
Elwood: Sono 126 miglia per Chicago. Abbiamo il serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è buio, e portiamo tutt’e due gli occhiali da sole.
Jake: Vai!
I fratelli Blues
I Blues Brothers non sono personaggi inventati da un geniale sceneggiatore o da un regista, successivamente cuciti addosso a due attori perfetti per quel ruolo (Dan Akroyd e John Belushi). Sono stati proprio pensati ed elaborati dai due geniali comici per gli sketch dell’iconico Saturday Night Live.
Come sono fatti? Onestamente spero di non dovervelo spiegare, perché credo che se, in un ipotetico dizionario di cinema, cercaste la voce “Personaggio Cult” probabilmente l’immagine che vi trovereste allegata è la seguente:

Joliet “Jake” (Belushi) ed Elwood Blues (Akroyd) sono due bianchi adottati in una comunità per orfanelli dei dintorni di Chicago. Cresciuti a pane e musica con il loro mentore Curtis (Cab Calloway: il primo dei cameo monstre di questa pellicola) e per questo diventati fratelli “Blues”. Vestono onnipresenti vestiti neri e occhiali da sole Ray-Ban Wayfarer.
Cazzo se gliela darei se fossi donna.
La loro vita completamente assurda è un continuo pendolo tra il tentavo di arrivare anacronisticamente al successo musicale, con il loro meraviglioso Blues incompreso dal popolo bue anni ’80, e lo sbarco del lunario attraverso azioni non esattamente lecite.
L’inizio del film vede, infatti, Elwood andare a prendere il fratello in prigione, con una macchina della polizia e She Caught the Katy in sottofondo.
Jake: La Cady! Dov’è la Cady?
Elwood: La che?
Jake: La cadillac che avevamo una volta, la Bluesmobile!
Elwood: L’ho cambiata…
Jake: Hai cambiato la Bluesmobile con questa?!
Elwood: No, con un microfono.
Jake: Con un microfono?!… Va bene, hai fatto bene.
Scena fighissima.
Parte l’epicità
I fratellini, di nuovo insieme, devono ridare un senso alla loro vita. Decidono innanzitutto di andare a trovare la suora della comunità che li ha visti crescere. Lì scoprono che, se la chiesa non troverà 5000 dollari per pagare le tasse, lo stato pignorerà l’orfanotrofio e i bambini finiranno per la strada. I due promettono così alla pinguina di procurarle i soldi, ma lei vieta categoricamente che vengano pervenuti tramite mezzi illegali.
Vengono aiutati da Curtis, che gli consiglia di consultare il reverendo di una chiesa locale, che potrebbe aiutarli con la sua incrollabile fede. Arrivati alla parrocchia assistono ad una messa cantata proprio dal reverendo, durante il quale Jake ha l’ispirazione per il loro problema: la banda!
Ma sì certo, l‘unica soluzione è riformare la vecchia band e fare un paio di serate per accumulare i bigliettoni per l’orfanotrofio.

Vi pare poco sensato?
Beh, innanzitutto credo che se Cab Calloway mi consigliasse di andare in una chiesa, ci andrei immantinente. Se poi laggiù trovassi il reverendo James Brown fare la messa cantata, qualcosa di buono succederebbe di certo. Sicuramente diventerei un chierichetto.
I signori Blues si mettono dunque alla ricerca dei vecchi componenti del loro complesso, tutti ormai con un lavoro rispettabile, per convincerli non si sa come a fare un paio di serate.
L’azione è anche sparigliata da una misteriosa donna che tenta nei modi più assurdi (bombe, granate e mitragliette) di uccidere i nostri eroi.
I vecchi membri, comunque, non sono altro che i veri componenti dei Booker T and the Mg’s. A voi cani maledetti come minimo sarà venuto in mente il wrestler della WWE, ma questi, negli anni ’60, facevano robine di questo tipo.
Da questo momento in poi il “cult” con la C maiuscola è praticamente in ogni frame.
Cameo, nazisti, concerti e chi più ne ha, più ne metta!
Trovo sia inutile stare a fare molti discorsi.
Di seguito elencherò dunque gli elementi di figaggine di questo film:
- Fermati dalla polizia, gli sfuggono con un’inseguimento dentro un centro commerciale, con tanto di commenti agli articoli in vetrina.
- Elwood mangia solo fette di pane bianco, mentre Jake ordina sempre quattro polli fritti.
- Vedrete solo in una scena Elwood senza cappello e solo in un’altra, epica peraltro, Jake senza occhiali.
- I fratelli s’imbattono a un certo punto nei “Nazisti dell’Illinois” e li buttano in un fiume con la macchina.
- Uno dei membri da recuperare della band è marito di Aretha Franklin, che protesta cantando Think.
- Comprano gli strumenti da un certo Ray Charles, che suona un piano per dimostrarne la validità.
- Suonano, per poi scappare, in un locale di buzzurri contadini, dietro a una rete per polli.
Insomma questi ne passano di cotte di crude e, guardandoli uscire rocambolescamente da ogni situazione, lo spettatore potrebbe cominciare a chiedersi:
Ma non si sta un po’ esagerando qui?
Canzoni per strada, due uomini che non si cambiano mai vestiti, inseguimenti al limite dell’improbabile, luci divine che ispirano cantanti, salti di ponti levatoi con la macchina, nazisti e bazooka che abbattono edifici senza scalfire i nostri eroi. Sicuri che questo film non l’abbia fatta fuori dal vaso, come si suol dire?

Per questo vi dico che il film, oltre ad essere un mezzo musical, un poliziesco, un film d’azione e una commedia, è anche cartoonesco.
Alcune scene riprendono esattamente alcuni tipiche gag fisiche proprie di quell’universo cinematografico.
I due personaggi hanno sempre gli stessi abiti e si muovono secondo schemi comportamentali fissi.
Sono caratteristiche che solitamente appartengono a personaggi di fumetti e cartoni.
Ma allora dove sta il genio?
La genialata sta nel fatto che qui, con l’aiuto di una buona dose di sospensione d’incredulità, tutto è perfettamente giustificato dal contesto e dalla storia.
Ad esempio: un difetto tipico dei musical, secondo me, è che l’esecuzione di una canzone in una storia spesso può apparire come una cosa forzata, irrealistica. Qua ogni canzone è perfettamente spiegabile e inseribile nel plot, grazie alla sceneggiatura e ai personaggi legati al blues.
L’esagerazione delle situazioni, invece, è giustificata, in modo cinematografico, dall’incipit e trova una chiusura del cerchio nel finale.

Ovvero, come fanno questi due individui a scappare sempre in modo assurdo da polizia, federali, nazisti, band rivali, ragazze terroriste che finiscono per inseguirli incazzati per tutta la pellicola?
La risposta è tutta nella frase leit-motif del film:
Siamo in missione per conto di Dio.
Il loro nobile obiettivo di salvare l’orfanotrofio li protegge per tutta la storia e, infatti, vengono catturati proprio nel momento in cui riescono a versare i 5000 dollari all’ufficio imposte (il cui impiegato è interpretato da Steven Spielberg!).
Nel mezzo musica di altissimo livello, cameo di altrettanto valore, concerti, coreografie, battute, comicità fisica, azione avvincente e scene epiche, mischiate con un equilibrio pazzesco.
148 minuti di un intrattenimento incredibile, retto in modo magnifico da due giganti della comicità quali Dan Akroyd e il compianto John Belushi.
Vi invito, ora che avete finito l’articolo, a godervi tutti i video che vi ho linkato nel corso del pezzo, non abbiate paura di spoiler!