Film

The Conjuring – Il caso Enfield: benvenuti nel regno di Wan

È il 2013 quando, dopo aver dato alla luce le due saghe horror più redditizie di sempre (Saw e Insidious), Wan firma L’evocazione – The Conjuring (e tante grazie ai traduttori italiani, per il titolo di merda).

Protagonisti del film sono Ed e Lorraine Warren, la famosissima coppia di demonologi che, nel corso degli anni ’70, fu al centro dei più celebri casi di presunte manifestazioni soprannaturali avvenute negli Stati Uniti. Il film prende spunto dal caso della famiglia Perron, che risiedeva, secondo i Warren, in una casa infestata da demoni a causa dello spirito di una donna di nome Bathsheba Sherman, morta diversi anni prima nell’abitazione.

Costato appena 20 milioni di dollari, il film ne incassa più di 300 in tutto il mondo, confermando Wan come vero Re Mida dell’horror contemporaneo.

Senza inventare quasi nulla, ma attingendo a piene mani dalla tradizione horror giapponese e dai classici degli anni ’70/’80, Wan riesce nell’impresa di rendere nuovamente spaventoso un soggetto abusato come quella della casa infestata. E questo è indubbiamente merito dell’enorme talento del regista, che crea un terrificante bignami dell’horror adatto a tutti gli amanti del genere.

Risultato? Successo planetario e nascita di quello che io chiamo l’horror-blockbuster.

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Parlando di meriti, impossibile non citare la riuscitissima caratterizzazione dei coniugi Warren. Interpretata da Vera Farmiga e Patrick Wilson (già protagonista dei primi due capitoli di Insidious) la coppia di ricercatori è così affiatata e così ben delineata da suscitare nello spettatore un’empatia che nell’horror contemporaneo si fa sempre più fatica a provare nei confronti dei personaggi, spesso ridotti a macchiette poco interessanti.

Insomma, hai fra le mani un filmone che ha fatto il botto di critica e di botteghino e che è basato su una coppia di ricercatori del sovrannaturale che ha avuto a che fare con (a detta loro) migliaia di casi simili nel corso degli anni. Ti pare che non metti subito in cantiere il sequel?

Ora, ogni appassionato di sovrannaturale sa bene che ai coniugi Warren si associa sempre un caso in particolare: quello relativo alla presunta infestazione della casa di 112 Ocean Avenue situata ad Amityville, diventata improvvisamente la fiera del demone incazzato (sì, stiamo parlando di Amityville Horror), nella quale i due demonologi si recarono nel 1976 per eseguire degli studi.

Il caso divenne un’enorme cassa di risonanza per Ed e Lorraine Warren, che si ritrovarono catapultati sui giornali di tutta America, spesso accusati di essere dei cazzari a caccia di grana.

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Ecco perché, quando al termine de L’evocazione – The Conjuring, Ed e Lorraine venivano informati di una casa infestata nel Rhode Island, sembrava ormai assodato che il sequel avrebbe riportato al cinema le vicende di Amityville.

E The Conjuring 2 si apre effettivamente con un’inquadratura fissa sulle celebri finestre a forma di quarto di cerchio della casa di 112 Ocean Avenue, ma è qua che Wan sorprende tutti. Il regista decide infatti di utilizzare le vicende dei Warren in quel di Amityville solo per porre le basi della sua storia. 

Sarà infatti proprio ad Amitivylle che Lorraine farà il suo primo incontro con un’entità malvagia e potente, che le apparirà nelle vesti di una suora demoniaca. Il demone, portatore di una sorta di messaggio mafioso del tipo “se non la smettete di giocare con l’Inferno vi rompiamo il culo”, sarà il vero villain del film (e, come già successo con Annabelle per il precedente capitolo, avrà anch’esso uno spin-off dedicato, dal titolo The Nun).

Chiuso l’incipit, The Conjuring 2 si concentra sul caso che sarà al centro della vicenda: il poltergeist di Enfield. Come nel primo capitolo, si tratta di di una vicenda realmente documentata, ma che, a differenza del caso della famiglia Perron, non vide il coinvolgimento dei Warren.

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Agosto 1977, Enfield, pochi km a Nord di Londra. Il terrore e l’oscurità si abbattono su Peggy Hogdson e i suoi figli (due maschi e due femmine) quando una presenza demoniaca comincia a manifestarsi nella loro casa di Green Street. L’entità malvagia concentra la sua ira sulla piccola Janet, che viene in più occasioni posseduta dallo spirito, con tutte le spiacevoli conseguenze che ben conosciamo. Tipo voce da black metal e articolazioni che si torcono come i sacchetti della spesa.

Saranno nuovamente i Warren a portare aiuto alla famiglia, nella speranza di trovare le prove sufficienti al fine di ottenere un permesso di esorcismo da parte della Chiesa.

Bene, ora che ho concluso tutta la prima parte introduttiva, è giunto il momento di porsi questa domanda: è riuscito James Wan a firmare un sequel migliore del suo predecessore?

Risposta personale: a tratti sì, a tratti no. Bene o male comunque siamo da quelle parti.

Come detto, il film inizia con l’incipit dedicato al caso Amityville, e veniamo immediatamente catapultati nel terrificante mondo di James Wan. Che io ritengo, semplicemente, il miglior regista horror in circolazione. Wan ti prende per la mano e ti trascina a fondo nel terrore più oscuro, grazie allo studio maniacale di ogni inquadratura e di ogni sequenza. Le stesse tenebre che si diffondono sullo schermo sembrano infrangersi su di noi grazie alla classe innata del regista, che al suo talento con la cinepresa unisce la sorprendente capacità di inventare dinamiche e situazioni sempre nuove per spaventare, pur rimanendo in un ambito usurato come quello delle possessioni demoniache.

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Se del primo The Conjuring rimane ancora oggi impressa la clamorosa scena del nascondino con battito di mani, di questo secondo capitolo spiccano sequenze assolutamente geniali come quella dei crocifissi, quella della tenda, quella del quadro, senza dimenticare l’eccezionale resa del primo incontro fra i Warren e lo spirito maligno che affligge la famiglia Hogdson (a parte il doppiaggio italiano che, a mio avviso, azzoppa un po’ la tensione della scena).

A Wan è criticato spesso di non aggiungere nulla di nuovo al genere, e questo è essenzialmente vero perché, come già detto, sia Insidious che The Conjuring sono sostanzialmente un’enorme citazione ai capisaldi del cinema horror. E questo sequel mantiene la tradizione. Impossibile infatti non cogliere gli omaggi assolutamente espliciti a titoli come L’Esorcista, Poltergeist, La Casa, Amityville Horror, il cinema J-horror e chi più ne ha più ne metta. E ciò si percepisce fin dai titoli di testa, così squisitamente rétro.

Tuttavia, il talento di Wan è così elevato da permettergli di imprimere il suo marchio anche in un’oceano di citazionismo così accentuato e, a tratti, forse anche esagerato.

Grazie ad una scrittura coinvolgente e ad una caratterizzazione dei personaggi sempre ottima, accompagnata dalla solita recitazione di livello che contraddistingue i film di Wan (su tutte, una magistrale Vera Farmiga), The Conjuring 2 vanta un pathos superiore rispetto a quello del primo capitolo. Il duello fra i coniugi Warren e l’entità demoniaca assume davvero le sembianze di quello scontro fra il Bene e il Male che tanti registi provano a raccontare, ma che così pochi riescono realmente a far filtrare dalle immagini.

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Un plauso meritano anche le musiche di Joseph Bishara, che, come era successo per il primo capitolo, si fondono alla perfezione con il terrore del male dipinto da Wan. Piccola considerazione personale: interessante notare come Wan, così attento nell’omaggiare lo stile dei vecchi cult del genere, che spesso puntavano su melodie di facile memorizzazione (una a caso) per trasmettere la paura, opti sempre per colonne sonore di stampo moderno, meno invasive e orecchiabili ma più immersive.

E quindi? The Conjuring 2 è un film perfetto? Malauguratamente no. Ci sono essenzialmente difetti che, purtroppo, si mangiano almeno mezza stellina.

  • Difetto numero 1: la Computer Grafica. Ne ho parlato recentemente recensendo Somnia: l’orrore, se possibile, dovrebbe essere mostrato il meno possibile. Suggerito, visto di sfuggita, ma mai focalizzato. Sono costretto ad autocitarmi: “più mostri la fonte della paura, più quella perderà potenza”. Ora, già la suora si vede veramente troppo, ma almeno il design è buono. Ma vogliamo parlare dell’Uomo-storpio? Una caduta di stile onestamente inaccettabile. Purtroppo, credo che questo dipenda dal fatto che Wan finora abbia girato degli horror-blockbuster, da qui l’esigenza di accontentare il pubblico anche dal punto di vista visivo. Maledetto Dio Denaro.
  • Difetto numero 2: Il degenero finale. Che è un po’ un difetto ricorrente della filmografia di James Wan, nella quale spesso ad una prima parte più di atmosfera si accompagna un finale un tantinello sopra le righe. Se in Insidious era andato a tanto così dallo svaccare e nel primo capitolo di The Conjuring si era tutto sommato trattenuto, in questo secondo atto Wan torna a pigiare prepotentemente sull’acceleratore, deragliando pericolosamente in un paio di frangenti (vedi difetto numero 1).
  • Difetto numero 3: schematicità. Purtroppo, fino a quando Wan preferirà omaggiare invece che creare dal nulla, i suoi film saranno tutti abbastanza schematici e prevedibili, e non andranno ad aggiungere granché alla storia del genere horror. In questo secondo capitolo c’è qualche elemento originale in più rispetto al primo, ma è ancora un po’ pochino.

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In ogni caso, The Conjuring – Il caso Enfield è un sequel di grandissimo livello e conferma nuovamente l’enorme talento di James Wan, al quale ora vorrei rivolgermi personalmente:

Caro James

Sono due ore che dico quanto sei bravo e quanto sei talentuoso. Però ora sono già quattro film che giri sulle possessioni diaboliche, e secondo me sarebbe anche l’ora che cominciassi a lavorare ad altro, anche perché poi le idee rischiano di finire anche a te. Oppure, più semplicemente, la gente si caga la minchia.

Lo so, lo so, a te queste storie piacciono, e fai fatica ad abbandonarle, per questo ho pensato ad un compromesso.

La casa d’inferno” di Richard Matheson ti dice niente? Figurati, lo avrai letto mille volte. Saprai quindi che è probabilmente il più terrificante libro mai scritto sul tema “case infestate” e che nessuno ci ha mai tratto neanche uno spot pubblicitario.

Perché non ci fai un bel filmetto? Così, dopo avermi fatto godere tremendamente, ti dedichi a qualcosa di completamente nuovo. 

Pensaci, hai il talento necessario per creare il tuo capolavoro

Con stima e affetto.

Bob 

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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