
The Dark Knight Rises: cronaca della chiusura di un ciclo
È il 2012, e dicono che finirà il mondo, a dicembre.
Si vedrà quello che succederà, ma quel che è certo è che, durante l’estate, esce The Dark Knight Rises (in Italia Il cavaliere oscuro: il ritorno) che chiude per sempre la trilogia nolaniana di film su Batman.
Christopher Nolan ci ha traghettati, nei due film precedenti, a Gotham City; ci ha fatto conoscere il suo nuovo Dark Knight in tutte le sue sfaccettature, mettendone in mostra fin dall’inizio le debolezze e (per l’appunto) i lati oscuri, le zone d’ombra. Adesso deve chiudere il ciclo, tirare le fila della sua storia, e del suo discorso su Batman, e su quello che Batman ha oggi da dire al mondo.
Diciamo che, con The Dark Knight Rises, Nolan lo ha fatto. Che poi l’abbia fatto bene o meno, è un altro paio di maniche. Si poteva fare meglio? Quasi di sicuro.
Ma è bene non dimenticare che quella sul Cavaliere Oscuro è una delle saghe cinematografiche più compatte e coerenti che gli anni zero e dieci del XXI Secolo (cioè l’epoca delle saghe per eccellenza) abbia prodotto. In generale, l’atmosfera dei film, così come la poetica di Nolan, così come l’interpretazione degli attori o le colonne sonore, non perdono un colpo: questo diciamolo subito.
È sulla forse eccessiva complicazione che precede il tirare le fila finale, che si può avere qualcosa da dire.
Sono passati otto anni da quella notte in cui Joker è stato sconfitto, Harvey Dent è morto, e Batman è sparito: otto anni in cui si è cementata, nell’immaginario di Gotham, l’immagine di Harvey come salvatore della patria, e del Dark Knight come assassino e traditore, nonostante tutto. Nonostante la verità sia ben altra.
Adesso Bruce Wayne (Christian Bale) vive recluso nell’ala Est del suo castello, assistito solo dal maggiordomo Alfred (Michael Caine) e da uno stuolo di camerieri e cameriere, tra i quali spicca la figura di Selina Kyle (Anne Hathaway, primo nuovo innesto di spicco nel cast originario). Chi è costei? Ma Catwoman, naturalmente! Una Catwoman interessante (e bellissima, come sempre), ma forse un po’ al di sotto delle sue potenzialità, un po’ troppo, forse, macchietta. Certo, perseguiterà il suo Dark Knight finché non si renderà conto che forse è meglio aiutarlo, ma dal suo personaggio era lecito aspettarsi qualcosa di più. Catwoman sta addosso a Batman per i suoi interessi personali (dopotutto, è una ladra), ma ben presto si rende conto, insieme al pipistrello, di essere circondata da un’oscurità molto più grande e molto più malvagia di lei. Questa oscurità è il centro del film, e ha un nome: Bane.
Ed eccoci giunti ad un altro punto fondamentale del film: il cattivo.
Bane (la grande new entry Tom Hardy, che recita quasi solo col corpo e gli occhi, portando sempre la maschera) può essere considerato un contraltare del Joker di Heath Ledger: dove quest’ultimo rappresentava il Caos, con le sue assurde e ciniche leggi, il nuovo avversario del Dark Knight incarna proprio l’ordine, o l’aspirazione al ritorno ad un ordine che, secondo la mentalità distorta sua e dei suoi seguaci, manca a Gotham e al mondo.
Bane è, infatti, l’ultima incarnazione della Setta delle Ombre: era proprio nelle file di quella setta (ricordate Batman Begins?) che Bruce Wayne era stato addestrato, fino a diventare Nessuno, fino a trasformarsi in Batman. L’eroe aveva sconfitto Ras’al Ghul, ma la Setta è tornata, più che mai intenzionata a farla pagare a Gotham: una città priva di giustizia, affondata nel fango della corruzione e dell’ipocrisia, persa ad adorare falsi dei (dal Dio Denaro al Duefacce Harvey Dent), che merita di essere punita, ripulita dalle scorie in eccesso.
Per farla breve, il piano di Bane è porre Gotham sotto la sua dittatura, per poi cancellarla dalla cartina geografica con una bomba nucleare.
Ora, il modo in cui Nolan porta sullo schermo il totalitarismo “rivoluzionario” di Bane è incredibile: in una Gotham City che assomiglia più che mai alla New York di Ground Zero, quella post-9/11, sembra di vedere sullo schermo un incrocio tra il ricordo drammatico dell’undici settembre, e la profezia dei nuovi populismi demagogici di oggi, nonché del Terrore 2.0, quello dell’Is.
Una situazione drammatica, in cui rifulge la figura dell’agente John Blake (Joseph Gordon-Levitt, altro nuovo nome): insofferente anche verso la divisa (perché anche la divisa può essere un gabbia), il suo personaggio appare quasi “casuale” fino a pochi istanti dalla fine, quando, dimessosi dalla polizia (nonostante i tentativi di Jim Gordon/Gary Oldman per farlo rimanere), scopriamo che il suo secondo nome è Robin. E non dico altro.
I problemi sopraggiungono con questa storia della bomba nucleare: non nasce, infatti, come bomba, ma come reattore in grado di produrre energia pulita. Indovinate chi lo possiede? Esatto: la Wayne Enterprises del nostro Dark Knight. Che però è sul lastrico: per sopravvivere, il presidente Lucius Fox (Morgan Freeman) e i suoi soci hanno bisogno dei fondi e dell’appoggio di Miranda Tate (Marion Cotillard, quarta ed ultima new entry nel cast), una specie di filantropa con un sacco di soldi, che però riserva una sorpresa (che non spoilererò, non oggi). A sua volta, la Wayne Enterprises è insidiata dalle mire espansionistiche di John Daggett, che, grazie a Selina Kyle/Catwoman, si procura le impronte digitali di Bruce per attuare un truffa ai suoi danni, e prendere possesso dell’azienda.
Ecco, forse se tutto questo fosse stato riassunto con una semplice bomba atomica maledetta, costruita dagli sgherri di Bane (magari proprio in quel deserto dove si trova la prigione/pozzo che allo stesso Bane ha dato i natali, e che vedrà tra i suoi prigionieri anche il Dark Knight/Bruce, quando sarà catturato), ripeto, forse sarebbe stato meglio. Più semplice, più onesto, più diretto, e anche più adrenalinico. Ma questo non è un action movie, ricordiamolo sempre: stiamo parlando del Batman di Nolan.
Si gioca tutto (e si recupera tutto quello che era stato smarrito) nel finale: è inutile dire che il Dark Knight risolverà la situazione, salvando Gotham e il suo popolo. Ma, ancora una volta, a che prezzo? Non più a prezzo della propria immagine: Batman è riabilitato, Gordon gli fa anche fare una statua (non è un modo di dire, questa volta).
Il prezzo da pagare è quello della sparizione totale, dell’invisibilità, forse addirittura della morte. Ma forse era l’unico modo che Bruce Wayne aveva per tentare di avverare il sogno di Alfred: scomparire per rinascere, cambiando vita, potendo essere, finalmente, felice. Certo è che Gotham avrà sempre bisogno del suo Dark Knight.
Se Batman, rimproverato da Catwoman (“vieni con me, hai dato tutto a queste persone”), nel pieno della battaglia risponde “no, non tutto: non ancora”, con The Dark Knight Rises e grazie a Christopher Nolan, possiamo dirlo una volta per tutte: Batman ha dato tutto quello che aveva da dare.
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