
The Dead Don’t Die e pure la noia!
Attesissimo, The Dead Don’t Die ha aperto l’ultima edizione del Festival di Cannes raccogliendo impressioni contrastanti. Arriva ora nei cinema italiani.
L’annuncio dell’ultimo film di Jim Jarmusch aveva risvegliato i cinefili di mezzo pianeta. Tra l’hype diffuso per la nuova pellicola di Tarantino, si faceva strada silenzioso l’entusiasmo per una storia che riprende il titolo da un brano di Sturgill Simpson, per un poster fighissimo ed un cast pieno non solo di nomi stellari ma di beniamini del cinema di Jarmusch. Insomma, The Dead Don’t Die sembrava avere tutte le carte in regola per accontentare sia il cinefilo più sofisticato che il grande pubblico alla ricerca di intrattenimento. Tuttavia, come nelle migliori storie di zombie, qualcosa è andato storto…
L’apocalisse jarmuschana ha avuto inizio con un’accoglienza festivaliera tiepida, segnata solo da penne e sguardi indifferenti. Si sa, l’indifferenza, soprattutto in queste occasioni, è più letale delle peggiori stroncature. L’uscita all’estero è passata in sordina e l’arrivo in Italia non è stato preceduto da grandi salti di gioia. Una possibilità a Jim Jarmusch e alla sua prestigiosa compagnia, tuttavia, non si nega mai. Allora, biglietto alla mano, ecco qualche impressione sul suo ultimo lavoro!
Un film insolito ma perfetto per Jarmusch
Dopo la poesia della quotidianità di Paterson e i vizi di Coffee and Cigarettes, il regista statunitense cambia radicalmente genere tuffandosi senza timori nel mondo degli zombie-movie. The Dead Don’t Die muove i suoi passi nella piccola cittadina di provincia Centreville seguendo le orme del duo poliziesco composto da Bill Murray e Adam Driver. I due agenti, improvvisamente, si trovano costretti ad affrontare una vera e propria invasione zombie in seguito alla misteriosa rottura dei poli della Terra. Ventiquattrore illuminate dalla luce del Sole ridonano vita ai morti della cittadina che, risvegliati, si avventeranno sui viventi alla ricerca dei beni più assurdi: dal caffè alla cultura pop. Riusciranno i due protagonisti a fermare questa avanzata?
Il vero dubbio assillante, tuttavia, riguarda Jim Jarmusch e la scelta di lanciarsi in un genere così insolito. Tuttavia, osservando più attentamente gli strampalati personaggi che animano Centreville tutto sembra più chiaro. Figure al limite, isolate dalla società e spesso ossessionate da qualcuno o qualcosa. Tutto sembra così rientrare nel tipico panorama di Jarmusch che accetta la sfida cercando di trasmettere un messaggio ad un pubblico più amplio del previsto.
The Dead Don’t Die: banale omaggio pop multiforme o sguardo cinico e divertito sulla società?
Zombie, attori fuori dal comune e un’incredibile moltitudine: sembra davvero l’habitat ideale del cinefilo più legato alla cultura pop! Il primo e più chiaro riferimento è senza dubbio il cinema e la mitologia di George A. Romero, da sempre considerato padre del genere zombie-horror. L’intera pellicola, tuttavia, è costellata da altri mille omaggi che vanno da John Carpenter ad altri cult della cinematografia di genere. Il messaggio, nascosto sotto a pesanti livelli di citazionismo e pure un po’ di autoreferenzialità, riguarda, tuttavia, una società addormentata e indolente che si ciba di frasi fatte e nostalgia. Cappellini con slogan – urlatissimo riferimento a Trump – e citazioni più ricercate, però, non trovano tutta la loro efficacia.
The Dead Don’t Die, compresso e compiaciuto con la sua stravaganza, non lascia il segno. È dimenticabile sin dall’attimo dell’uscita dalla sala. È superficiale e banalotto. Il divertimento – quello sì, assicurato – purtroppo non riesce ad essere tagliente quanto previsto e il messaggio più interessante emerge tra una scena e l’altra più per errore che per intenzione. A luci accese dopo i titoli di coda si può sentire quel gusto amaro tipico della grande delusione. No, non è il primo sintomo del passaggio allo stato di zombie bensì la consapevolezza di aver visto un film non brutto ma solo “semplicemente” svogliato. Forse si tratta di un risultato ancora più grave…