Film

The Expendables, o di scazzottate tra vecchi amici

Sylvester Stallone ha organizzato una cena di classe con i suoi amici, solo che invece della classica accoppiata pizza + giostre questi hanno fatto un film. E si sono divertiti talmente tanto da decidere di replicare ogni due anni.

The Expendables è una serie di tre blockbusteroni rispettivamente del 2010, 2012 e 2014. Le trame sono pressoché interscambiabili, oltre che assolutamente secondarie: un gruppo di disperati grossissimi e, diciamo così, con poche speranze di vincere il Nobel – nonostante tra loro ci sia pure un chimico del MIT, giusto per dare un’allure vagamente intellettualoide al tutto – viene ingaggiato dalla CIA prima per far fuori il dittatore di un’isoletta in mezzo ai Caraibi, poi per seccare un super cattivo in cerca di plutonio, infine per regolare i conti con l’ex fondatore del gruppo, diventato nel frattempo un trafficante d’armi.

Questa pietra miliare destinata senza ombra di dubbio a riscrivere la storia del grande schermo nasce da un’idea di Stallone, il quale ha deciso di rendere omaggio agli albori sua carriera (non che poi si sia dato al cinema d’essai), vale a dire i film degli Anni Ottanta e Novanta basati su scazzottate, esplosioni e personaggi tagliati con l’accetta.

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L’unica cosa degna di nota è il cast: trattasi infatti di una rimpatriata a tutti gli effetti, con i nostri che gigioneggiano nel ricordare le goliardate d’antan. Presenti in tutti e tre i film troviamo Sly, per l’appunto, Arnold Schwarzenegger (immortale la battuta “è stato impegnato a fare il presidente”, cosa avrà fatto rabbrividire i californiani), Jason Statham, Jet Li e Dolph Lundgren. Solo due su tre invece per Bruce Willis, monoespressione come non mai nel ruolo di agente segreto: verrà infatti sostituito  da Harrison Ford nella terza puntata – rileggendo queste ultime righe torna in mente Sergio Leone che osava criticare Clint Eastwood e viene da dire, per citare mia nonna, che si lamentava del brodo grasso. Ci sono poi i cameo dei singoli episodi: Mickey Rourke tatuatore nel primo – si vede che i dialoghi di The Wrestler lo avevano annoiato, d’altronde qui può pronunciare cose come “lei è Cheyenne, però anche arrapao” -; oppure Chuck Norris nel ruolo di guerriero solitario e Jean-Claude Van Damme in quello di criminalissimo nel secondo; o ancora Mel Gibson angelo caduto e sotto acidi nel terzo, in compagnia nientepopodimenoché di Antonio Banderas, sostanzialmente un disadattato che cerca di lavorare con i mercenari e le cui scene vengono introdotte ogni volta da un jingle latino-americano – e voi che pensavate che con la gallina del Mulino Bianco avesse raggiunto il punto di non ritorno. Ah, ovviamente per ogni puntata c’è la belloccia di turno, ma i protagonisti quasi non se la filano da quanto sono presi a cazzeggiare per i fatti loro.

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L’intento autoironico del gruppo è evidente, anche se non sempre riuscito: sceneggiature prevedibili in modo sconcertante, salti e spari ogni quindici secondi circa, momenti di introspezione del tutto deliranti e fuori luogo, primi piani che si soffermano su espressioni profonde quanto quelle di un branco di vitelli al pascolo. La verità è che c’è un motivo se questo filone si è esaurito una ventina d’anni fa, e tentare un’operazione amarcord con ben tre film di seguito forse è un’ambizione eccessiva.

Nonostante ciò, pare che Sly abbia annunciato una nuova puntata per il 2016. Perché le cene di classe sono patetiche, inutili e pure un po’ fastidiose, ma ogni tanto una rimpatriata è d’obbligo.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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