
The Father: quel che resta della vita, secondo Anthony Hopkins
Questo 2021 ha la peculiare caratteristica di essere un “già visto”, una fotocopia di eventi passati: la primavera l’abbiamo osservata soprattutto dai balconi, i cinema rimangono blindati, e manca pure l’effetto novità di un anno fa. Anche certe considerazioni tutto sommato le avevamo fatte tempo addietro; alcune, però, è bene ribadirle. Lunga vita a Sir Anthony Hopkins, per esempio. Che riesce a passare con estrema disinvoltura da maggiordomo nostalgico a cannibale e persino a Zorro, e che come ultima fatica ha deciso di deliziarci con un assolo di pura maestria. Stiamo parlando di The Father, gioiello a cui la distribuzione italiana ha deciso di appioppare il discutibile sottotitolo Nulla è come sembra e candidato a un’infinità di premi – Oscar e Golden Globe, solo per citare le categorie più note.
The Father racchiude un universo già nel titolo: racconta infatti la discesa, lenta ma inesorabile, di un uomo anziano nel tunnel della demenza senile, e i tentativi della figlia di accudirlo. I veri protagonisti però non sono tanto i personaggi, quanto piuttosto ciò che li lega, il loro passato complicato e il loro ancora più difficile presente. Attenzione, perché detto così potrebbe sembrare il solito film intimista e un po’ melenso: nulla di più distante dalla realtà. Sarà che dietro la macchina da presa c’è Florian Zeller, al suo più che brillante esordio alla regia, che è anche l’autore dell’omonima pièce teatrale, sarà che Hopkins riuscirebbe a rendere accattivante persino un servizio di forchette, fatto sta che The Father riesce ad essere sia un amarissimo ritratto della vecchiaia che un assaggio di thriller. Gran parte di questo effetto si deve alla sapiente alternanza di attori negli stessi ruoli: la figlia ha il volto di Olivia Colman, ma anche quello di Olivia Williams, che però potrebbe pure essere un’infermiera; e il di lei marito – ma ce l’ha davvero, un marito? – ha le fattezze sia di Mark Gatiss che di Rufus Sewell. E la dolce badante a fianco del protagonista (Imogen Poots) non potrebbe forse esserne la figlia minore, morta o forse solo scappata?
Il valzer di volti che si alterna nell’appartamento londinese – lussuosissimo, ché l’Alzheimer è già abbastanza orribile senza doverlo accompagnare alla povertà – rende The Father un puzzle perfetto, una tragedia che ha il pregio di incollare gli occhi allo schermo.
Scene e inquadrature perfettamente speculari e ripetute, frasi già dette ma con diverse sfumature, orologi che spariscono misteriosamente: questo film è spietato nel mostrare l’ineluttabilità del passare del tempo e, soprattutto, la nostra vulnerabilità, fino all’ultimo, straziante fotogramma.
Qualche passaggio non può non richiamare Amour, un altro piccolo, crudele capolavoro di legami familiari sempre più intensi, sempre più complicati, sempre più dolorosi. Un requiem, quasi.
Verrebbe da dire che con The Father Anthony Hopkins ha raggiunto l’apice, se non fosse che tutti quanti, neanche troppo segretamente, speriamo sempre che alla sua prossima prova riesca a superarsi, di nuovo. Perché questa, di considerazione, non ci stancheremo mai di farla.