Film

The Gentlemen: qualche gangster, parecchie risate, tantissima Inghilterra

I puristi si sono già premurati di storcere il naso, dicendo che Guy Ritchie ha provato a tornare alle origini ma ormai non è più quello di una volta, che la trama è così intricata da risultare improbabile, che insomma The Gentlemen altro non è che una rimpatriata fra grandi nomi. Mossa dalla speranza di scoprire qualcosa di meglio nel catalogo di Amazon Prime rispetto alle sue ultime, discutibili produzioni, mi sono avventurata nella più recente uscita di questo 2020; arrivata ai titoli di coda di The Gentlemen, mi sento di poter dichiarare che beh, i puristi di cui sopra possono dedicarsi al cinema muto uzbeko, e lasciare a noi plebei la visione di un film che è puro entertainment, certo; ma di livello altissimo.

Guy Ritchie ha in effetti rispolverato i suoi cavalli di battaglia: siamo nel bel mondo londinese, dove Mickey Pearson prospera, neanche troppo segretamente, grazie alla produzione e al commercio della cannabis, che coltiva nelle enormi proprietà di alcuni amici molto nobili e piuttosto decaduti – in cambio di qualche favore, s’intende. Mickey, che nello specifico ha il bel faccino di Matthew McConaughey, ha deciso che è giunto il tempo di godersi la pensione e la moglie Rosalind (Michelle Dockery), la quale apparentemente non ha altra utilità se non sfilare con bei vestiti e Louboutin – ma è comunque molto più di quello che ha fatto la maggior parte degli spettatori durante questo anno di lockdown.

Mickey inizia dunque a trattare con Matthew Berger (Jeremy Strong), miliardario americano con ovvie origini ebree, cosa fondamentale per le allusioni shakespeariane con cui ci diletterà Ritchie, per la cessione del suo impero. Ma le cose non sono così semplici, e come poteva essere altrimenti? Perché in The Gentlemen compare puntualissimo l’immancabile cattivone asiatico noto ai più come Occhio Asciutto (Henry Golding), che vuole a tutti i costi ostacolare i floridi affari di Mickey. Ah, e in parallelo abbiamo Big Dave (Eddie Marsan, qui molto meno spirituale che in Still Life), direttore di tabloid che ce l’ha con Mickey per una mancata stretta di mano durante un party esclusivo, stretta di mano che è mancata perché Big Dave aveva osato pubblicare un pezzo di troppo su un caro amico di Mickey. E che ora naturalmente sguinzaglia alle costole del nostro eroe il paparazzo Fletcher, uno Hugh Grant particolarmente gigione, il quale però a sua volta è un doppiogiochista e tenta di ricattare Raymond (Charlie Hunnam), l’elegantissimo braccio destro di Mickey, pur di mettere tutto a tacere. Dulcis in fundo, tra le fila di The Gentlemen non poteva mancare Colin Farrell, altrimenti detto il Coach, una specie di personal trainer dedito a salvare i ragazzini dalle risse da strada per portarli a quelle sul ring. Un bel ginepraio, eh?

Guy Ritchie ci regala un gangster movie very British, dove la violenza – poca – si interseca con l’ironia – tanta, tantissima – e con uno stile fumettistico perfetto per il ritmo sincopato di The Gentlemen. I protagonisti, bisogna ammetterlo, hanno davvero l’aria di chi si sta godendo una goliardata tra amici; ma non potrebbero avere allure migliore per un film del genere. Tarantinesco ma senza rischiare di cadere nella copia conforme, un po’ a cavallo fra Trainspotting e Funeral Party, a metà strada fra un cocktail al Royal Ascot e una scazzottata nella peggiore periferia del regno di Sua Maestà; The Gentlemen non vi condurrà certo all’introspezione, ma nella sua totale mancanza di verosimiglianza vi regalerà una serata di puro divertimento. E anche di ottimo cinema, checché ne dicano quei sedicenti intellettuali convinti che “arte” debba per forza fare rima con “malessere”.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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