Film

The Imitation Game – Un film che tutti dovrebbero vedere

The Imitation Game dà un posticino nel grande cinema allo Sherlock Holmes moderno, Benedict Cumberbatch. Strappalacrime, ben costruito, ben recitato, con qualche “ma”. Un giusto tributo a un personaggio, Alan Turing, a cui la Storia non ha dato completa giustizia.

“Non hai visto The Imitation Game?? Ma sei matto?? Ma come?? È stupendo! Vergogna!”. Quante volte vi siete sentiti dire ciò su un qualunque film? Bilioni, bilioni e bilioni.

Io chiamo questa tipologia di utente cinematografico il MdmC, acronimo che sta per Marzullo de me cojoni.

Mio caro MdmC, ti sei per caso chiuso in una cineteca per due anni con solo una flebo da cambiare, centinaia di pacchi di patatine, un divano-letto e una televisione 4K? No perché, apparentemente, dal tuo incedere sicuro e vanitoso, si direbbe che tu abbia visionato ogni singolo film meritevole di essere visto su questa terra. Hai sacrificato amici, lavoro, amore, sesso e fortuna per questo lodevole compito. Hai messo da parte la tua intera esistenza per farmi notare che non ho ancora visto un singolo film.

Noi ti ringraziamo.

Ti senti realizzato ora, mia piccola adiposa riproduzione di una rustica San Carlo? Beh, non sei meglio di me, sappilo… io ad esempio conosco la discografia intera di Ruggero dei Timidi, che mi dici ora eh, Marzu’?

Mettiamo da parte l’orgoglio…

Scusate lo sfogo, ma io ci sto cominciando a patire, il problema qui è serio: i film da vedere sono troppi.

Già in cento anni di cinema ne sono usciti una caterva di bellissimi, ma poi, sapete cosa? Checché ne dicano i vecchi al bar della Posta, non è affatto vero che I film di oggi hanno troppi effetti speciali o che Non ci sono più gli attori di una volta, ma vuoi mettere Humphrey Bogart?

Ne escono continuamente, belli, poetici, intensi, da vedere insomma.

Meno male arriva mamma Netfllix in aiuto a coadiuvare la scelta responsabile, ma irritante, consigliata dal MdmC e la spontaneità della fruizione cinematografica. È proprio sfogliando l’ormai familiare libreria rossonera che, un lunedì sera, devastato nel corpo e nello spirito per aver corso, il giorno precedente, la mia prima maratona, vedo il titolo di The Imitation Game, con Benedict Cumberbatch.

Credo che la recente visione compulsiva di Sherlock, con lo stesso Big Ben, sia stata decisiva in questo suggerimento netflixiano (non abbiatene, un po’ godo sempre quando un detective inglese supponente insulta altri inglesi).

Ciao

Sto ancora gongolando per il mio tempo di 3 ore e 30 minuti nella maratona (sembra che mi stia bullando troppo, ma non temete, tornerà utile più tardi) che decido di dare una soddisfazione al MdmC.

The Imitation Game.

Questo film del 2014, che vanta, tra gli altri, anche la presenza di Keira Knightley (MdmC, non potevi dirlo prima??), è un biopic trattante la storia di uno delle menti più brillanti del ‘900: Alan Turing.

Turing è tardivamente salito, nei primi anni 2000, agli onori della comunità scientifica (e non) per aver creato, durante la seconda guerra mondiale, la Macchina di Turing, che servì a interpretare Enigma, il codice segreto elaborato dai nazisti per comunicare segretamente  durante il conflitto. Quel prototipo, in grado di ricevere dati e di elaborarli tramite algoritmi, è considerato il primo antenato di una sciocchezzuola che credo vi sia capitato di usare: il computer.

Una storia di cui avevo sentito parlare, senza mai andarne a fondo.

Ma, ciancio alle bande, parliamo del perché questa volta il MdmC ha avuto ragione nel suo petulare. The Imitation Game ha cominciato a colpirmi sin da subito. L’impressione immediata, infatti, è che le scene del film, pur avendo un ritmo molto rapido, che ben si adatta agli stilemi di oggi, ricordassero in qualche modo i film degli anni ’80-’90 che vedevo da piccolo.

In quel periodo i film di avventura, colmi di epicità, spopolavano e ho sempre pensato che, in qualche modo, questa tendenza influenzasse anche le scelte registiche delle pellicole di altro genere. I registi utilizzavano spesso un modo peculiare per trattare le singole scene, soffermandosi con intensità sui momenti, con dialoghi spesso pomposi, utilizzando la colonna sonora originale per dare un tocco di enfasi, o “epica”, anche a situazioni meno intrinsecamente tali.

Questo vuol dire che The Imitation Game è un film stilisticamente anacronistico? Assolutamente no.

Un po’ di anni ’80-’90 e un po’ di millennial.

Cosa voglio dire con questo titolo?

Per intenderci, potremmo fare un gioco. Provate a immaginare un film a caso degli anni ’80-’90 come L’attimo fuggente (uno degli emblemi cinematografici del periodo) girato al giorno d’oggi. Come lo vedete? Io personalmente me lo immagino lungo almeno mezz’ora di meno, più colorato, con una colonna sonora non originale pop e con l’inserimento più evidente di tematiche allora ancora tabù . Un esempio su tutti? L’omosessualità.

Insomma, i film di oggi sono di impatto estremamente diverso. Di contro, The Imitation Game penzola abilmente tra queste due tendenze.

Si ha una struttura temporale molto articolata e ben fatta che racconta principalmente il periodo in cui Turing lavorava come crittografo a Bletchley Park durante il conflitto, ma che salta molto spesso in due momenti Risultati immagini per the imitation gamediversi: la sua adolescenza traumatica, contrassegnata da un solo amico e da molteplici atti di bullismo, e il periodo in cui, negli anni ’50, venne perseguito per la sua più o meno nota omosessualità, fattore che lo portò al suicidio.

La linea temporale dell’intreccio ha dunque diversi corsi e ricorsi e il tema dell’esclusione è asservito al tema dell’omosessualità. Due tratti molto contemporanei.

C’è però una colonna sonora originale classica, molto presente. Un tratto molto anni ’80.

Abbiamo, come detto, l’enfasi sulla storia, sui dialoghi, sul personaggio di Turing, sulle sue sofferenze personali e sull’emotività. Moooolto anni ’80.

Quello che voglio dire è che sembra che The Imitation Game prenda un po’ del meglio che il cinema proponeva negli eighties, l’impatto della storia, e un po’ di ciò che la sala buia propone oggi, dinamicità e attualità.

Una storia da raccontare… raccontata troppo?

Questa peculiarità rende sì The Imitation Game nuovo, attuale, ma lo trasforma in qualcosa che puzza un po’ di pietra miliare, di classicone.

L’effetto è molto facilitato dalla straordinaria storia di Alan Turing, un uomo dalla tenacia e dalle capacità straordinarie, colpito da una vita che sembra abbia provato a fargli perdere la speranza di continuo.

La pellicola ci mostra l’adolescenza dilaniata dall’esclusione e dal disagio, dalla morte del suo unico amico Christopher, a cui dedicherà il suo prototipo. Vediamo il suo lavoro per costruire la macchina e decifrare Enigma, pesantemente osteggiato dai suoi superiori e, spesso, anche dai suoi colleghi, che non vedono la lungimiranza del suo lavoro e malsopportano la sua mente logica e calcolatrice. Vediamo infine il terribile trattamento subito una volta scoperta ufficialmente la sua omosessualità.Risultati immagini per the imitation game

Con l’interpretazione toccante di Benedict Cumberbatch entriamo in maniera viva nell’amara epica della vita eroica del matematico britannico.

Proprio qua piazzo l’unico neo di questo grandissimo film: troppa carica emotiva?

Mi sono ovviamente interessato alla storia di Alan Turing e ho riscontrato la stessa vita straordinaria mostrata nel film. Non ho trovato però la stessa dannazione, lo stesso sentimento di esclusione, che nel film è una colonna portante. La sua biografia mostra molti tratti di tragicità, ma anche di normalità.

La ricerca della storia strappalacrime sensibilizzante è forse diventata accecante?

Una bazzecola, perché il film entra di diritto nella lista dei film imprescindibili. Vi entra perché è bello, toccante. Vi entra soprattutto perché quella di Alan Turing è una storia che tutti dovrebbero conoscere. Un esempio inarrivabile di scienza che ti fa sentire piccolo piccolino, ma che ti stimola a dare il meglio.

P.S.

Ah, quasi dimenticavo. Vi ricordate il fatto della Maratona? Pare che Turing fosse anche un eccellente atleta e che l’abbia corsa in 2 ore e 46 minuti. 45 minuti circa in meno del mio tempo.

Cazzo Alan, lasciami qualcosa per consolarmi.

Riccardo Cavagnaro

Vede la luce nell'anno 1991. Da quando ha visto "Jurassic Park" all'età di 3 anni sogna segretamente di toccare un dinosauro vivo. Appassionato lettore, viaggiatore, ascoltatore di musica e bevitore. Tutte queste attività arricchiscono sicuramente il suo bagaglio culturale, ma assottigliano pericolosamente il suo portafogli.
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