Prima di parlare di The King, nuova produzione Netflix appena sbarcata al Festival del Cinema di Venezia, faccio una doverosa premessa.
Non sono una fangirl di Timothée Chalamet, la sua età anagrafica per come sono fatta me lo impedisce fisicamente: classe 1995, sembra anche più giovane – non a caso, in Chiamami con il tuo nome, film di Luca Guadagnino che l’ha definitivamente lanciato, interpretava la parte di un diciassettenne ed era del tutto credibile.
Quindi non sarò di parte dicendo che vederlo recitare è davvero un piacere per gli occhi.
Tolto questo sassolino dalla scarpa, su cui torneremo, è un peccato che molto a livello mediatico che gli è ruotato attorno durante i giorni del Festival del Cinema è stato relativo proprio al suo essere un “idolo delle ragazzine” (e dei ragazzini), quasi non prendendolo sul serio come interprete quanto altri ospiti del Lido. Timothée porta con sé la stessa croce, e delizia, di alcuni suoi predecessori come Leonardo Di Caprio o Robert Pattinson – torneremo anche su di lui. Ovvero, che molta della narrazione professionale che li riguarda comporta lo scrollarsi di dosso l’aura da “divetto”, stretta per il loro talento. Chalamet parte avvantaggiato, come lo fu Leo prima di lui, poiché ha associato fin dal principio il suo nome a prodotti cinematografici autoriali e di qualità.
Il film The King di David Michôd gli è stato cucito addosso, pare messo a servizio delle sue capacità dall’inizio alla fine, un pretesto affinché il ragazzo metta in mostra tutta la sua espressività e intensità naturale. Il personaggio che interpreta, Hal, Enrico V, la sua parabola personale che lo trasforma da principe libertino e scapestrato in un re valoroso e giusto, è risolta forse un po’ frettolosamente e molto del lavoro è fatto proprio dall’interpretazione dell’attore, capace di renderne le minime sfumature emotive. Il personaggio non è facile e i termini di confronto neanche, poiché Enrico V è protagonista di non una ma ben due tragedie di Shakespeare (l’Enrico IV e l’Enrico V) ed è quindi stato portato in scena a teatro, al cinema e tv da molti grandi attori. Lui, nonché la sua leggendaria amicizia con l’iconico beone Falstaff – qua interpretato da un Joel Edgerton quasi irriconoscibile.
La storia di Enrico V di Inghilterra, avendo presente i testi shakespeariani, appare qua un po’ depotenziata e meno intensa, un ibrido tra l’aderenza storica e la fiction, ma anche in questo caso molto è salvato dal carisma di Chalamet, capace di essere intenso anche solo muovendo un sopracciglio.
Come pellicola in costume è ben fatta, solida, una buona produzione, per altro Netflix – che ormai si sente così bene accolta dal pubblico veneziano da portare qui al Lido praticamente tutti i suoi film, prima di renderli disponibili sulla piattaforma. È chiaro però che il valore artistico del film stavolta è più recitativo che non cinematografico, a differenza del caso finora unico di Roma l’anno scorso.
Altro valore aggiunto del film, bisogna dirlo, è Robert Pattinson: da ascoltare rigorosamente in lingua originale, interpreta il borioso, e caricaturale il giusto, Delfino di Francia ed è l’unico elemento per tutto il film capace di rubare la scena a Chalamet. Pattinson è quasi irriconoscibile, nonché bravissimo. Quindi, con buona pace di tutti coloro che si sono messi le mani nei capelli quando il buon Robert è stato scelto come nuovo Batman, tocca dirlo anche nel suo caso: bisogna accettare il fatto che Pattinson è diventato un attore bravo. Duttile, divertente, carismatico.
Insomma: consiglio di vedere The King non appena approderà su Netflix – 1 novembre 2019 – a tutti coloro che desiderano seguire la parabola molto interessante di questi due giovani attori, che a distanza di dieci anni hanno sperimentato sia i bagni di folla sia la necessità di dimostrare le proprie versatilità e sfumature.
Per tutti gli altri, insomma: se vi capita, è un film godibile che si lascia vedere.
PS: ah, c’è anche Lily-Rose Depp – figlia di Johnny e di Vanessa Paradis, a quanto pare in teneri rapporti con lo stesso Timothée – che fa una piccola parte nel film.
Niente, basta.