
The Mask – Variazioni sul tema: traumi e cinepanettoni
Ho sempre una certa difficoltà a parlare sul Macguffin di un film molto famoso e già abbastanza vecchio. Quando si tratta di pellicole che al massimo sono state viste da dieci persone va tutto bene. Ma la questione si fa più ardua quando ci sono di mezzo film celebri in tutto il globo terracqueo. La pura e semplice recensione non è molto indicata e bisogna sempre cercare di non ripetere cose che conoscono tutti benissimo. È il caso di questo mio pezzo su The Mask. Avevo proprio voglia di parlare del nostro faccione verde preferito e, oltre alle solite cose, mi sono concesso un paio di variazioni sul tema. Di cui non fregherà niente a nessuno, ma tant’è.
LA STORIA DI STANLEY IPKISS
Tutti conoscono The Mask, ma per i due o tre che provenissero da un altro pianeta, ecco due parole sulla trama. Diretto da Chuck Russell, con un grande Jim Carrey e una grande (gnocca) Cameron Diaz al debutto cinematografico, il film parla del timidone un po’ sfigatello Stanley Ipkiss (Carrey, appunto). Questi trova un’antica maschera che trasforma i malcapitati che la indossano in perfetti pirla dalla pelle verde. La maschera è infatti posseduta dal dio norreno Loki. Sì, lo stesso che ha ispirato il personaggio Marvel.
Oltre alla completa idiozia, la maschera conferisce anche invulnerabilità e un ampio corredo di poteri sovraumani. Il kit perfetto per fermare i piani malvagi del cattivo di turno e – il che non guasta – rimorchiare la di lui signora. Ovvero l’irresistibile Cameron. Il tutto condito dalla più classica rivincita dei nerd, lieto fine, tutto molto bello. O forse no?
LA STORIA DI UN TRAUMA INFANTILE

No! Non è tutto molto bello. Proprio no!
Intendiamoci, io penso che The Mask sia una ottima commedia. Ritmo incalzante, ottima recitazione e soprattutto una miriade di momenti divertenti. Si ride davvero tanto e, in fin dei conti, è questo che fa grande una commedia. Ma io ho un grosso problema con The Mask. Quando uscì avevo 6 anni ed ero completamente terrorizzato da quel faccione verde!
Non so esattamente come mai. Riconosco che non sia un film così inquietante e mi rendo anche conto di non essere stato nemmeno più così piccolo al tempo. So solo che quando vidi per la prima volta il trailer mi misi a piangere disperatamente, scappando dalla cucina nel bel mezzo di una cena. Eravamo nell’ormai lontano 1994 ma ho ancora un nitido ricordo della scena. Mi sembra davvero sia successa ieri.
Dopo questo approccio traumatico, per qualche mese, stetti bene attento a ogni altro episodio di Coming Soon. Non volevo incorrere di nuovo nel terribile mostro e non avevo memorizzato la data di uscita. Ovviamente non mi sognai neppure di vedere il film, nonostante i miei mi assicurassero che “c’è da morire dal ridere” (cit.).
Dopo parecchi anni, mi decisi a compiere l’impresa. Non so esattamente dire quanti, ma penso che fossi abbastanza grande da poter avere accesso alla visione di parecchi film horror al cinema. Per cui, fate un po’ voi. Inutile dire che mi resi conto subito che quel terrore era immotivato, degno di un pirla anche più grande del personaggio di Carrey. Però… c’è un però. Sì, perché da allora ho rivisto molte volte la pellicola e, anche in età adulta, ogni sorriso, ogni risata, non è mai stata completamente di cuore. Un po’ come quando ci si imbatte nello humor nero più spietato e a volte si resta lì sospesi, indecisi se ridere o schifarsi. Ancora oggi un filo di inquietudine si infila sotto pelle, alla vista di ogni smorfia dell’eclettico Jim. Tale è la forza di una fobia infantile.
Ebbene, non so perché ho deciso di condividere con voi questa esperienza. Certo, c’era l’esigenza di dirvi qualcosa di originale, come ho detto in apertura. C’è anche un pizzico di masochismo, visto che molti mi rideranno dietro. Ma forse ho anche la segreta speranza di non essere solo, di leggere nei commenti che “anche io da piccolo avevo la fobia della maschera”. Staremo a vedere.

JIM CARREY, THE MASK E I “CINEPANETTONI”
Tornando a essere un po’ più seri, mi premeva fare un’osservazione legata al film. Parte da una premessa che forse scatenerà un flame paragonabile a quello su 300. Ma tant’è, non mi faccio intimorire. La premessa è: anche gli americani hanno i cinepanettoni. Certo, usano una “comicità” diversa dai nostri classici “MAMMA MIA COMMME STOOOO!”, ma sempre di cinepanettoni si tratta.
Mi spiace, a mio avviso i vari Hot Shots, Una pallottola spuntata, Scary Movie e compagnia cantante faranno pure ridere, ma non sono certo commedie di maggiore qualità rispetto a tanto bistrattate “perle” del calibro di Vacanze di Natale. E anche Jim Carrey si è reso colpevole di partecipare a capolavori di tale sorta. Parlo in particolare dei due Scemo e più scemo e degli Ace Ventura. Lo so, lo so, direte che sono cult imperdibili. Per me invece sono stucchevolezze demenziali difficilmente sopportabili. Non ci posso fare niente.
The Mask è stato una prima e fondamentale tappa per Jim, per sdoganarsi dalla commedia un po’ più becera e dare sfoggio pienamente del suo grande talento. La Maschera è ancora un personaggio demenziale all’interno di un film demenziale. Ma è anche una specie di “antenato” del Grinch o di Ebenezer Scrooge. Personaggi anch’essi caricaturali ma che virano in ben altra direzione rispetto alla pura demenzialità. E arrivo a dire che il contrasto tra la comica Maschera e Stanley Ipkiss, che ha più di una venatura drammatica nel suo animo, ha contribuito a preparare Jim anche per ruoli decisamente non comici, come in The Truman Show. Ci sono stati inevitabilmente altri ruoli demenziali nella sua carriera. Ma anche grazie alla Maschera, non sono stati i soli.
E allora lode a The Mask, nonostante il mio trauma infantile. Anche grazie a lui, abbiamo potuto ammirare Carrey anche senza sorbirsi una serie interminabile di gag volgari!
A proposito di traumi. Cercando qualche informazione su Wikipedia in preparazione all’articolo, ho scoperto che la maschera dice “Sfumeggiante” e non “Spumeggiante”. Certezze di una vita che crollano. Dopo questa posso anche chiudere e magari andare a prenotare una visita dall’otorino. O dallo psicologo, sono indeciso!