
The Place, la nuova era del cinema italiano non è questa
Lo ammetto, quando ho deciso di andare a vedere The Place pensavo speranzoso di salire anch’io sul carrozzone de il cinema italiano è tornato! e invece no.
Lo pensavo con candida innocenza, anche perché i precedenti degli ultimi tempi mi indicavano tutti la stessa direzione: La ragazza nella nebbia, Brutti e cattivi, Suburra, Perfetti sconosciuti solo per citarne alcuni.
Proprio l’ultimo film di Genovese prima di The Place mi aveva lasciato piacevolmente stupito e non vedevo l’ora di vedere questo, soprattutto dopo il gran bel trailer rilasciato un mesetto fa. Eppure continuo a cadere nel vecchio tranello del bel trailer = film di merda. Quando sono uscito dal cinema non ci potevo credere eppure era la dura verità: The Place è proprio una mezza cagata.
ADDIRITTURA?! VI STARETE CHIEDENDO
Non è nel mio stile anticipare così tanto un giudizio su un film o una serie, però questa volta mi sono sentito davvero in dovere di farlo. Per tutti quelli che avevano intenzione di spendere 8 euro per la causa e che farebbero bene a pensare come investirli diversamente.
Qualcosina da salvare alla fine c’è, ma andiamo con ordine e capirete perché varrà la pena aspettare di vederlo in tv tra qualche mese.
La trama di The Place è abbastanza chiara dal trailer: un uomo con una grande agenda incontra una serie di eterogenei personaggi che si susseguono al suo cospetto chiedendo di veder esauditi i propri desideri. Lui promette di accontentarli in cambio di azioni perlopiù violente e immorali, cosa che si poteva intuire anche con una terza media rubata. Buon incipit direte voi, e ci sta, però di qui in poi è la miseria più totale.
Le vicende evolvono in maniera molto approssimativa e banale, si intrecciano in maniera inizialmente interessante e dopo continuano a farlo come un disco imballato sul piatto, tutto ciò per arrivare a un finale che penso non si possa neanche definire tale per la pochezza di cui è fatto.
MA COM’È POSSIBILE CON UN CAST DEL GENERE?
Me lo sono chiesto anch’io, cosa credete? Eppure la risposta non c’è, semplicemente mi sono trovato davanti a un disastro epocale. Anche perché la sceneggiatura è ispirata a una serie del 2010 dal titolo The Booth at the End, che funziona nella stessa identica maniera. Per l’inciso io non sono contro all’idea di base, anzi, la trovo estremamente interessante e originale. Il problema è la reinterpretazione degli stessi identici dialoghi (guardate anche solo la prima puntata della serie e vene renderete conto) da parte degli attori nostrani che sono di certo più convincenti della loro controparte canadese, ma che a mio parere non giustificano un riciclo del genere.
Se l’obiettivo della produzione era riempire la locandina di nomi altisonanti ci sono riusciti alla perfezione, ma non è così che si trattano gli spettatori. Anche perché immagino che un film del genere non abbia incassato poco nel primo weekend di programmazione, se non altro perché gli attori presenti sono tra il meglio del panorama italiano attuale.
Mastandrea è carismatico al punto giusto e riveste molto bene il ruolo dell’esattore morale. Nella vastità del resto del cast mi verrebbe da dire che sono tutti molto naturali e spontanei nella recitazione, ma questo perché ognuno riveste un ruolo piuttosto conservativo rispetto al proprio curriculum.
Tutti molto bravi in effetti, eccezion fatta per Sabrina Ferilli. Ecco lei è veramente impresentabile: ma come, mi descrivi un luogo pseudo-reale, che sembra una sorta di sgabuzzino della coscienza collettiva del nostro tempo per poi metterci dentro il più banale dei cliché, per giunta sotto forma della Ferilli? Allora sei stronzo.
THE PLACE È L’ELOGIO DELL’AUTO-REFERENZIALITÀ
Mi sento di mettervi in guardia da chi urlerà al capolavoro (eccome se ci sarà chi lo farà) perchè di capolavoro questo film non ha niente (tornate a rileggere il paragrafo precedente). Lasciate da parte i vezzi da cinefili e l’indubbia qualità della fotografia e della regia. Sono il primo che si emoziona per un bel film uscito dalla mente, dal viso e dal cuore di un regista italiano, ma stavolta non ce la faccio proprio a difendere un nostro connazionale a spada tratta.
Arrivato a questo punto mi assale un senso di tristezza e sconforto che posso riassumere in tre punti fondamentali:
- L’idea di base avrebbe potuto essere sviluppata tanto, ma tanto meglio e non solo per il potenziale che aveva, ma perché era un’idea abbastanza estrema di situazione. La stessa che funziona alla perfezione in Perfetti sconosciuti e che in The Place latita in maniera disarmante
- Hai un cast della madonna e dai praticamente lo stesso spazio di Alessandro Borghi a Sabrina Ferilli? Ma cosa c’hai nella testa le scimmie urlatrici?
- Il non-finale mi ha lasciato a bocca aperta e se c’è una cosa che mi dà più fastidio dei biscotti troppo inzuppati che collassano nel latte quella è l’insipidezza dei finali nei film
La sufficienza a sto giro te la scordi mio caro Paolo, la prossima volta vogliamo più farina del tuo sacco!