
The Post o “come la Stampa mise a tacere il governo”
Un film: il volto della stampa
Fotografia, costumi, un cast eccezionale diretti da un’impeccabile regia di Steven Spielberg. The Post narra la lotta tra la stampa e il governo, attraverso la storia della pubblicazione degli scottanti Pentagon Papers: testimonianza delle mosse militari e politiche degli USA durante la guerra del Vietnam. Come sempre al cinema (e volendo anche nella realtà) la Stampa si mostra indipendente e politicamente scorretta, svelando un volto umano che rivendica la libertà di servire i propri concittadini; sfidando le forze governative, se necessario. In sala ho visto un film che racconta, documenta, inventa ma non troppo; regalandoci sia un’attendibile trasposizione dei fatti, che un bell’esempio di cinema.
La trama, i personaggi, le mie riflessioni
Accanto alla grande storia di un uomo, “traditore” del governo statunitense, e un giornale, il New York Times, alleati nello svelare scottanti segreti celati ai cittadini per anni, si affianca la vita del The Post, giornale tramandato da padre in genero, e poi ceduto alla moglie di quest’ultimo dopo il suo decesso. Meryl Streep è la vedova Katharine Graham, il tocco di tenerezza e umanità che sarebbe mancato in mezzo alle macchine da scrivere, le testate giornalistiche e i tempi di scadenza. L’attrice conferma la sua abilità nel trasmettere una femminilità che irradia forza, ma anche estrema fragilità; in questo caso interpretando una moglie, desiderosa di dare al giornale del marito defunto la visibilità e popolarità che merita.
Il volto di Hanks non è espressivo quanto quello della collega, tuttavia il suo personaggio è, confermando la sua professionalità, ben caratterizzato: Ben Bradlee, uomo di polso, l’unico dipendente del giornale ad avere un rapporto concreto con la vedova direttrice, e l’unico a vantare l’ultima parola al Post, anche se dopo Kay (Katharine). I due trovano un obiettivo comune: il New York Times pubblicherà dei documenti top secret e il Post dovrà scegliere se seguirlo oppure restare nell’ombra. Ben presto i primi frammenti dei Pentagon sono sotto gli occhi dei lettori del Times, risvegliando profondi risentimenti del popolo statunitense, tuttavia il governo difende il proprio diritto di segretezza. In questo clima di tensione, Nixon fa la sua prima mossa: denunciare il New York Times.
Il Post, nel frattempo, aveva recuperato il materiale top secret e attendeva il permesso di pubblicare; ma Kay si sentiva schiacciata da responsabilità più grandi di lei. Pubblicare, avrebbe significato la rottura di rapporti sociali importanti e anche la possibile denuncia e successiva chiusura del Post. Tuttavia, poco dopo, comunica a Ben di mandare in stampa l’articolo. Il suo coraggio incitò l’intera Stampa statunitense a seguire il suo esempio; si combatte per una nuova causa: il diritto alla libertà di stampa.
In conclusione
Spielberg evita con maestria l’etichetta di “film documentario”. Infatti inserisce nella storia dei momenti di pathos intenso: la suspence del thriller e la tenerezza dei legami affettivi hanno grande rilevanza, inoltre evita con cura la sovrabbondanza di dettagli. Infatti, riducendo al minimo le informazioni e i personaggi coinvolti, la nostra empatia si lega più facilmente ai protagonisti. Così facendo è anche più facile comprendere i complessi meccanismi e linguaggi del giornalismo. L’opera nel suo complesso è ben curata e rivolta a un pubblico molto vasto: un compromesso tra l’intrattenimento che lo spettatore medio desidera, e la necessità di inserire un marchio raffinato al lavoro girato.