
The Road: Viggo Mortensen e l’arte di essere padre
Erano parecchi anni che dovevo recuperare questo film, perché per qualche strano motivo non ne ho mai avuto la giusta voglia o possiamo dire, il coraggio per iniziarlo. Addirittura appena era uscito, ormai una decina di anni fa, sulla scia del successo del Signore degli Anelli ero incuriosito dal personaggio di Viggo Mortensen e grazie a potenti mezzi tecnologici (vi ricordate l’asino di eMule?) ero riuscito a scaricarlo. Fortunatamente non era spuntato fuori il solito porno dopo ore e ore di download, ma era veramente The Road. Sì, ok, scuro livelli della 8×3 di GoT, però ho visto di peggio. Mi sono innamorato di Into The Wild anche se si vedevano le teste della gente seduta in sala e si sentiva qualcuno rantolare.
Quindi i pixel che si spostavano a casaccio non mi spaventavano, avevo però la sensazione di essere davanti a un film veramente del cazzo. Un horror venuto male con grande attori e qualche mostriciattolo post apocalittico, per questo ho continuato a procrastinare. Fino a quando è esploso il computer portandosi nella tomba quel file che vedevo spesso davanti agli occhi senza però schiacciare play.
L’altra sera, alla ricerca del solito film prima di dormire, l’ho ritrovato su Netflix. Ancora non ero convinto. Mi interrogavo modello Shakespeare, lo guardo o non lo guardo? Preso dall’indecisione più totale ho scritto a qualche amica se lo conosceva, ottenendo però la stessa risposta: “No mai sentito mi dispiace”.
Rimaneva solo un’opzione. Imitando Bandersnatch. Chiedere consiglio tramite le Instagram Stories. Anche qui nessuno voleva prendersi la responsabilità di salvarmi da un film di merda o spingermi a gustarmi l’ennesimo capolavoro bistrattato dal mondo. Stranamente ho trovato il coraggio, ho detto fanculo lo guardo e poi ne parlo qui. Comunque vada.
Dopo neanche 5 minuti, il telefono si è illuminato e la notifica diceva: “Guardalo è un capolavoro come il libro da cui è tratto, con il titolo omonimo scritto da Cormac McCarthy, vincitore del premio Pulitzer nel 2007″.
Aveva pienamente ragione. The Road è veramente un filmone.
John Hillcoat crea un mondo disintegrato da non si sa bene cosa, potrebbe essere una guerra nucleare o una malattia che ha decimato la popolazione. I sopravvissuti girovagano disperati, cercando di trovare da qualche parte una minima speranza. Viggo Mortensen trova la forza di andare avanti nel proteggere il figlio (Kodi Smit-McPhee), dopo che la madre (Charlize Theron) ha scelto di prendere un’altra strada in preda allo sconforto e alla paura.
Loro due rimangono così i protagonisti principali, abbandonati a loro stessi, alla costante ricerca di cibo in lotta con altri sconosciuti rimasti in vita. L’ansia pervade lo spettatore al di qua dello schermo mentre può permettersi il lusso di mangiare popcorn e bere una Coca-Cola. Ci si sente colpevoli dell’inquinamento globale, delle microplastiche negli oceani, rendendosi consapevoli che purtroppo un disastro di queste dimensioni non è più solo fantascienza ma potrebbe diventare entro un centinaio d’anni dannatamente reale.
L’apocalisse annunciata diventa così motivo di critica a una società fortemente individualistica, fatta da uomini che per guadagnare di più, comprare case più belle o organizzare viaggi più lunghi non si fanno molti scrupoli a danneggiare gli altri. Tra le strade percorse da padre e figlio succede praticamente la stessa cosa. Gli umani sono diventati nemici di se stessi in tutto e per tutto. Per sopravvivere diventa lecito uccidere, rubare e applicare letteralmente il Mors tua vita mea.
Viggo Mortensen rimane un padre idealista e sognatore che continua a sperare in un futuro migliore, cercando in tutti i modi di salvare il figlio, educandolo con piccole lezioni di vita. Succederà lo stesso qualche hanno dopo in Captain Fantastic, pellicola più spiritosa e divertente che racconta le avventure di una famiglia un po’ particolare.
I suoi racconti, l’amore paterno e i suoi insegnamenti permetteranno di riaccendere nel cuore del figlio quel briciolo d’umanità utile per non trasformarsi in belve assettate di sangue. Si potrebbe addirittura azzardare un parallelismo con La vita è bella. Situazioni nelle quali i giovani sono figli di una società malata, subendo le conseguenze in maniera irreversibile.
Il dramma e la distruzione del mondo esterno si riflettono ovviamente sulle varie scelte dei protagonisti, non sfociando però in una violenza eccessiva o inutile. Nei dettagli si possono notare alcuni oggetti che producono allo stesso tempo rabbia e commozione. I soldi ormai carta straccia, il rifugio sotterraneo pieno di scorte una volta eccessive e simbolo della manie di accumulazione tipiche dell’uomo occidentale, diventate sì una preziosa ancora di salvezza in un luogo però inaccessibile e pericoloso. Tutte le altre cose sono ormai inutili ricordi che lacerano il cuore, aumentando la consapevolezza che bisognava agire diversamente.
I sopravvissuti non solo vengono rappresentati come vittime del sistema, ma accusati di essere i primi colpevoli di questa rovina. Il protagonista, con i suoi lunghi monologhi sembra quasi chiedere scusa per aver fallito prima come uomo e poi come padre, non riuscendo a garantire la vita che avrebbe voluto al proprio figlio.
È proprio dentro questa rassegnazione e nel pentimento che riemerge quell’umanità perduta, forse utopica, che fa sperare in un futuro migliore e nella salvezza di Viggo e suo figlio.
Alla fine mi sbagliavo, perché The Road è un film che merita di essere visto. Ora non resta che sperare che la storia dell’apocalisse a breve sia solo una cazzata per vendere più giornali. Incrociamo le dita.