Sarà la noia degli ultimi mesi, sarà che l’orizzonte di tutti si è un po’ rimpicciolito, ma sembra che l’ultimo grido sia recuperare qualche romanzo minore, preferibilmente ambientato fra mura molto domestiche e molto wasp, e trasformarlo in una serie: cast più stellari di un film, ma con meno pretese, e soprattutto con una durata capace di impegnare più di una serata. È successo in primavera con Little Fires Everywhere, ricapita adesso con The Undoing: tratta dal romanzo di Jean Hanff Korelitz, prodotta da HBO e in arrivo in Italia nel gennaio 2021, vanta dei protagonisti di tutto rispetto, una scenografia scintillante e, soprattutto, un costumista di cui devo assolutamente procurarmi il numero. I sei episodi della serie sono stati girati da Susanne Bier e ideati da David E. Kelly, già autore di Big Little Lies; e, di quest’ultima, The Undoing è la copia carbone. A cominciare dalla protagonista, una Nicole Kidman sempre perfetta, eterea e capace di portare cappotti di velluto alla caviglia senza sembrare una gattara svitata; anzi.
Psicoterapeuta di successo nonché ricca ereditiera – il padre è uno spettacolare e divertitissimo Donald Sutherland –, Grace, questo il suo nome, è felicemente sposata con Jonathan, uno Hugh Grant un po’ imbolsito e per questo ancora più irresistibile, professione nientemeno che oncologo pediatrico. I due hanno un figlio poco meno che adolescente, Henry (Noah Jupe), che naturalmente frequenta una scuola prestigiosa, ma pubblica, come nella migliore tradizione liberal. Ah, se non si fosse ancora capito, siamo in una New York più luccicante che mai.
Grace, che non lavora proprio in miniera, per riempire qualche pomeriggio ed arrivare a sera abbastanza stanca da riuscire a dormire senza sonniferi fa parte di un comitato scolastico che organizza eventi a scopo benefico; le bianchissime, biondissime e annoiatissime mamme sono riunite come d’abitudine, quand’ecco che fa il suo ingresso Elena (Matilda De Angelis), ragazza latina il cui figlio ha potuto mettere piede in una scuola del genere grazie a una borsa di studio per le minoranze. Le altre mamme sono ovviamente diffidenti, ma non dovranno preoccuparsi troppo; giusto il tempo di girare un paio di scene di nudo e di turbare i pensieri dell’algida Grace, ed ecco che Elena esce di scena. A colpi di martello sulla testa, per essere esatti. Tutti sono sconvolti, ma la nostra famigliola perfetta un po’ di più: perché a quanto pare, Jonathan è il sospettato numero uno. Il motivo? Beh, sembra che l’irreprensibile medico avesse una storia con la bella Elena, madre di uno dei suoi piccoli pazienti. Grace, dilaniata dai sospetti, dedicherà ogni secondo di The Undoing a cercare di scoprire la verità.
The Undoing è un perfetto frullato di tutti gli stereotipi del genere: professionisti benestanti che arredano il salotto con quadri di Hockney e che si battono ogni giorno per i diritti dei meno fortunati, certo, ma per carità che stiano a una distanza che già Dickens definiva “telescopica”; famiglie latine confinati in monolocali ad Harlem, con madri lascive e artistoidi e padri violenti all’occorrenza; avvocati estremamente consapevoli del confine tra bene e male, ma ancora più consapevoli della loro parcella; e indagini che arrancano, si interrompono, ripartono, ma sembrano non riuscire mai a trovare il bandolo della matassa. In più, a differenza delle sue due serie “antenate”, The Undoing non fa neppure finta di dare una dignità al personaggio di Elena: vengono dedicati molti più minuti agli abiti indossati dalla Kidman, tanto per dire.
Ma attenzione, questa non è una critica: The Undoing è esattamente ciò che promette. Autoreferenziale, elegante, tutto sommato prevedibile: una versione più gialla e meno divertente di Sex & The City. Ideale per rifarsi gli occhi e ricordarsi che in fondo anche i ricchi piangono. Menzione d’onore a Donald Sutherland, che con un monologo di pochi minuti eclissa tutti quanti e ci ricorda cosa significa recitare: il principale, e forse unico motivo per dedicarsi alla visione di The Undoing.