
The Void: quando Lovecraft, Cronenberg e Carpenter fanno un threesome
Un puro omaggio al body-horror anni ’80, con molti pregi, alcuni difetti, ma tanta tanta voglia di cinema autentico: non perdetevi The Void – Il vuoto
Ok, lasciate briglia sciolta per un attimo alla mia fantasia malata e contorta. Immaginatevi la scena: Lovecraft, Carpenter e Cronenberg che fanno all’ammore. E se non avete ben afferrato la portata di ciò che dico vi fornisco un supporto visuale. Immaginate un threesome con…
QUESTO…
…QUESTO…
…E QUESTO!
…siete ancora qui? Bene signori, perché questo era un test. Un vero amante dell’horror ha provato un brivido, ma non certo di ribrezzo. Perciò, se non vi siete lasciati prendere dal panico e siete ancora con noi, addentriamoci nelle distese tentacolari di questo The Void, horror canadese del 2017.
Erano settimane che me ne parlavano, il cellulare vibrava notte e giorno, lo scooter del postino ormai faceva il tratto Posta-Casa mia col pilota automatico, stormi di gufi mi planavano in casa, annunci sui maggiori quotidiani, il messaggio però era sempre lo stesso: “COSA ASPETTI A GUARDARE THE VOID, CAZZO!”
All’inizio, data la mia pigrizia inenarrabile, li ignoravo, cercavo di tapparmi le orecchie di fronte a tutto questo tam tam, ma poi – dopo aver fatto una fatica inenarrabile per trovarlo – mi sono deciso: l’ho guardato.
In The Void – Il vuoto tutto comincia quando un poliziotto trova per strada un ragazzo insanguinato, lo porta nell’ospedale più vicino, che ovviamente è mezzo dismesso, e qui – senza apparente motivo – inizia il macello: la gente comincia misteriosamente a tramutarsi in lovecraftiani mostri tentacolari, mentre l’edificio viene circondato da misteriosi tizi vestiti stile Ku Klux Klan armati di coltello. Il poliziotto e i pochi superstiti dovranno portare a casa la ghirba.
Tutto qui. Semplicissimo.
Il film è chiaramente un horror di serie B, ma di quella serie B fatta bene: con pochi spicci, gommapiuma di prima qualità e litri di succo di pomodoro i due registi Steven Konstanski e Jeremy Gillespie riescono infatti a creare mostroni adorabilmente schifosi e purulenti che riportano immediatamente lo spettatore al body-horror degli anni ’80. Mutazioni, smembramenti, tentacoli che sguinciano e si infilano dappertutto: The Void è un vero e proprio bagno di sangue. Ora, vi metto subito in guardia, approcciatevi a questo film nel modo più sciallo possibile: se state cercando il Grande Horror Del Nuovo Millennio non è a The Void che dovete rivolgervi, ma piuttosto a The VVitch, It Follows, The Conjuring, The Devil’s Candy, Martyrs, Babadook e compagnia danzante. The Void è una cazzatona veramente ben fatta con la quale sicuramente vi divertirete.
Di sicuro però i due registi hanno delle fonti autorevoli: i loro riferimenti vanno ovviamente dal Cronenberg della fase body horror (Il demone sotto la pelle, Rabid – Sete di sangue e La mosca), al Carpenter di Distretto 13 – Le brigate della morte, Il signore del male e Il seme della follia. Da non dimenticare ovviamente il nostrano Lucio Fulci (citatissimo soprattutto nel finale) e Hellraiser di Clive Barker. Si rifanno, insomma, al grandissimo horror degli anni ’80, un horror artigianale, fatto soprattutto di inventiva, trucchi fatti a mano, un genere che spesso veniva usato per veicolare messaggi potenti, a volte svalutati per via del contenitore che li veicolava. A presiedere tutto ciò ovviamente il nostro amato H.P. Lovecraft che guarda sornione a questo film, che potrebbe essere benissimo una trasposizione moderna dei suoi racconti, soprattutto quelli legati al ciclo di Chtulhu.
Ok, The Void non lo si può certamente dire all’altezza di questi numi tutelari, ma ne fa un gustosissimo omaggio, forse dedicato esclusivamente agli amanti del genere, ma di certo godibile. Mentre i mostri sono meravigliosi, le scene gore ottime, la fotografia è quella giusta e anche l’atmosfera non è proprio niente male, la sceneggiatura è parecchio debole: le varie sottotrame non sempre si chiudono, molti personaggi appaiono appena abbozzati, il finale mi ha sollevato un grosso “MEH” e gli attori sono, onestamente, dei cani inenarrabili. Loro sì di serie B. Menzione d’onore per il protagonista Aaron Poole che, oltre al nome dalla pronuncia praticamente identica, sembra la brutta controfigura di Aaron Paul di Breaking Bad. Senza nemmeno un’unghia del suo talento recitativo, ovviamente.
In conclusione un film ottimo per una serata tra appassionati di horror anni Ottanta, con due registi che promettono molto, ma molto bene, anche se certamente – soprattutto sotto il profilo della narrazione – ne devono ancora mangiare di pastasciutta.
Adesso potete anche smettere di pensare a quella cosa del threesome, su, su, ricomponetevi, birbacchioni…