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The Young Pope 1×01, 1×02 – Il Papa assoluto di Sorrentino

I primi due episodi di The Young Pope, la serie scritta e diretta da Paolo Sorrentino e coprodotta da Sky, HBO e Canal+, sono stati visti da 953mila spettatori. Esattamente il 45% in più dell’esordio di Gomorra e il 42% in più di quello di 1992Numeri che sono tre volte superiori a quelli di Game of Thrones, e sei volte superiori a quelli ottenuti da House of Cards.

Traduzione: il giovane Papa ha frantumato ogni record in casa Sky.

Che poi oh, lo sappiamo tutti che i numeri non fanno necessariamente un buon prodotto. The Walking Dead continua a far cagare nonostante sia la serie più vista di questo stupido pianeta, e I Medici, per rimanere ad esempi legati al nostro bel Paese, mostra ancora delle incertezze a livello qualitativo, nonostante l’ambizioso progetto targato Rai abbia registrato un boom di share davvero sorprendente.

Di conseguenza, è legittimo farsi la seguente domanda: The Young Pope è uno di quei casi in cui l’abito non fa il Papa monaco, o merita effettivamente questi numeri clamorosi?

Risposta: porco giuda se se li merita.

E vi giuro che non lo dico perché amo morbosamente Sorrentino.

Cioè, magari un pochetto, ma che volete farci, al cuore non si comanda.

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The Young Pope è tutto quello che i fan del regista napoletano speravano che fosse: sorrentinismo puro applicato alla televisione.

Le danze si aprono con una sequenza onirica da brividi (ambientata in Piazza San Marco, come la bellissima scena del sogno in Youth) con protagonista proprio il giovane Papa simbolo della serie: Pio XIII, nato Lenny Belardo. Primo papa statunitense della storia, 47 anni, bello, ambizioso, imperscrutabile, il personaggio ha già le carte in regola per diventare un cult assoluto.

Alle nostre due inviate al Festival di Venezia, che avevano avuto modo di godersi queste due puntate in anteprima, questo Pio XIII aveva ricordato per certi versi il Frank Underwood di Kevin Spacey, ed in effetti il parallelismo può servire per rendere l’idea del protagonista di The Young Pope.

Tuttavia, ritengo che la questione sia un po’ più complessa

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Perché se per certi aspetti la somiglianza fra i due è innegabile (come la sete di potere  e la tela di intrighi e inganni che spargono su chiunque li circondi per raggiungere i loro scopi), su un altro punto i due machiavellici personaggi sono differenti: l’ambiguità.

Frank Underwood non è ambiguo. Lui vuole diventare Presidente, punto. Il suo fine è sempre chiaro allo spettatore, perché è proprio lo stesso Underwood a ricordarlo ripetutamente, tramite l’ormai nota tecnica dello sguardo in macchina,con la quale la platea viene coinvolta nei pensieri del protagonista.

Tutto questo con Belardo non accade perché Sorrentino alza un muro fra Pio XIII e gli spettatori, ed è proprio questa ambiguità ad essere uno degli aspetti più interessanti di The Young Pope.

Nei primi due episodi lo spettatore non ha modo di comprendere appieno cosa giri per la testa di questo Papa, né quali siano in fondo le sue vere intenzioni. Belardo è indecifrabile perché è tutto e allo stesso tempo il contrario di tutto: si sogna rivoluzionario e progressista, ma si atteggia da conservatore medievale. O almeno così pare.

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Un Papa che fuma, che ascolta musica elettronica, che non ha niente da confessare perché il suo più grande peccato è che “la sua coscienza non gli permette di sentirsi un peccatore“, un Papa il cui rapporto con Dio e con la fede è ambiguo, sfuggente, o forse addirittura inesistente.

Un Papa che si ritiene superiore a chiunque altro, e che non perde occasione di dimostrarlo. Insomma, più che un Papa, un sovrano assoluto della cristianità.

Pio XIII è in perenne contraddizione con sé stesso per sua stessa ammissione (Come Dio, uno e trino; come la Madonna, vergine e madre), e per lo spettatore è al momento impossibile riuscirne a comprendere la psicologia, o le reali motivazioni. Solo una cosa è certa: questo Papa brama il potere, brama un Vaticano in grado di gettare la sua ombra su Roma e su tutto ciò che desidera. E sembra essere disposto a tutto per raggiungere questo scopo.

I fan di Sorrentino si accorgeranno di come Lenny Belardo possieda tutte le caratteristiche di un tipico personaggio sorrentiniano: un uomo autorevole e potente, ma costantemente tormentato dal suo passato; un uomo deciso ma allo stesso tempo in crisi con sé stesso e con quello che lo circonda.

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Sul talento registico di Sorrentino poi non c’è più francamente nulla da dire, perché siamo come al solito a livelli paradisiaci, e lo stesso discorso vale per la fotografia, a tratti presa di peso da La grande bellezza.

Certo, i detrattori del Premio Oscar avranno anche questa volta pane per i loro denti, e sono sicuro che molti televisori si saranno spenti alla scena delle suore che giocano a calcio. Ma Sorrentino è questo: un’estetica che ad un primo sguardo può sembrare fine a sé stessa, ma che in realtà nasconde molto di più di quanto appaia.

Come al solito, la bravura in fase di scrittura di Sorrentino si nota anche dalla qualità dei dialoghi, che in The Young Pope si mantiene sempre altissima. Così come altissime sono le prove di tutti gli attori, a cominciare da un fenomenale Jude Law, chiamato ad esprimere con la gestualità e l’espressività tutto quel substrato psicologico di cui noi possiamo solo grattare la superficie.

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Fa grande piacere poi rivedere finalmente Diane Keaton in un ruolo che valorizzi il suo talento, dopo che da molto si pensava che gli anni migliori della sua carriera fossero definitivamente passati.

Sarebbe poi un crimine non menzionare la grandissima prova (sia in italiano che soprattutto in inglese) del nostro Silvio Orlando nei panni del Segretario di Stato del Vaticano, il Cardinale Voiello, l’uomo che pensava di poter controllare il giovane Belardo, ma che si renderà presto conto di come il suo papato potrebbe comportare la fine della Chiesa per come oggi è conosciuta.

E quando Voiello invoca il Signore di “perdonarlo per tutto il male che dovrà compiere per salvare la Chiesa”, il pensiero non può che andare allo storico monologo di Toni Servillo ne Il divo.

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The Young Pope è una serie indubbiamente complessa, ma che deve essere vista. Perché un prodotto televisivo di questo genere, se manterrà questo livello, ha tutto per alzare ulteriormente l’asticella della qualità televisiva odierna, che da diversi anni a questa parte è in costante e irrefrenabile ascesa.

Perché la nuova creatura di Sorrentino è un prodotto unico e inimitabile, in grado di suscitare emozioni di una complessità e di una particolarità così profonde che penso nessun’altra serie sia attualmente in grado di offrire.

È ancora presto quindi per parlare di capolavoro, ma le premesse ci sono tutte. Non ci resta che darci appuntamento su queste frequenze fra un mese, quando potremmo tirare le somme di questa prima stagione (sì, ce ne sarà una seconda).

Piccola curiosità per chiudere: Paolo Sorrentino, per ottenere da Jude Law la giusta posa a braccia aperte di Pio XIII (che riprende quella di Pio XII successiva al bombardamento di San Lorenzo), sapendo che l’attore britannico è un grande amante del calcio, gli ha consigliato di ispirarsi alla celebre esultanza di Wayne Rooney dopo il suo storico gol in rovesciata nel derby di Manchester.

E poi mi chiedono perché lo amo.

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 P.s. Se siete fan della serie di Sorrentino, fate un salto dai nostri amici di The Young Pope, di The Young Pope Italia e di Frasi Film Paolo Sorrentino!

Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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