Film

Three (aka Three… Extremes 2): Un discreto esercizio di suspense

Three: Un’inutile introduzione

Quando un po’ di tempo fa vi ho parlato di Three… Extremes, accennai al fatto che quella meravigliosa antologia horror fosse il sequel spirituale di un altro trittico di mediometraggi da brivido con gli occhi a mandorla intitolato Three (pubblicizzato come Three… Extremes 2, poiché distribuito in Occidente subito dopo il successo clamoroso dell’antologia firmata Chan/Miike/Chan-wook). Pur proponendo il medesimo format, Three purtroppo non ha alle sue spalle registi di appariscente personalità come nel suo più fortunato seguito, e ciò si ripercuote sul risultato finale dell’opera, niente più che un (discreto) esercizio di suspense elegante e sottile terrore, in cui ogni parvenza di critica sociale e politica viene meno a favore dell’atmosfera pura.

A livello formale il lavoro globale lascia a bocca aperta, merito delle gelide sgranature operate da ben tre direttori della fotografia (tra cui il sodale di Wong Kar-Wai, Christopher Doyle) e di un’attenzione maniacale per le scenografie. Che si tratti degli asettici agglomerati urbani della Corea del Sud, delle cupe aree rurali della Thailandia o delle decadenti case popolari di Hong Kong, l’ambiente è sfondo e insieme personaggio, un carattere fondamentale nella cifra estetica dell’antologia. Ma ora vediamo i tre mediometraggi nello specifico.

Memories (diretto da Kim Ji-woon)

three... extremes 2 memories
Una scena di Three… Extremes 2, dall’episodio Memories

Un uomo (Bo-seok Jeong) ha incubi ricorrenti sulla moglie recentemente scomparsa, e spaventato dal fatto di non ricordare gli accadimenti della perdita. La donna (Kim Hye-soo), nel frattempo, si risveglia nel bel mezzo di una strada abbandonata, anch’essa affetta da amnesia. Gradualmente, i due consorti inizieranno a mettere al giusto posto i tasselli della vicenda, fino ai risvolti scioccanti legati a un appartamento situato in un complesso residenziale vuoto chiamato “New Town”.

Diretto dallo stesso Kim Ji-woon di A Tale of Two Sisters, Memories costruisce una storia di traumi del passato estremamente tesa e nervosa, con un ritmo ondivago che a colpi di scene frammentate o dilatazioni esasperate dei tempi filmici nei momenti di vero orrore riesce a trasmettere lo spaesamento dei personaggi e l’idea di una memoria fallace. Interessante anche l’utilizzo della tavolozza cromatica e degli spazi scenici: l’immersione in scenari urbani dominati dal vuoto e da tenui tinte blu accresce la patina quasi ultraterrena che il regista sud-coreano spalma sui fotogrammi.

L’unico difetto di questo mediometraggio è il suo essere eccessivamente strizzato dai canoni dell’horror psicologico asiatico di quegli anni, ai limiti del derivativo. Difatti, per quanto Memories sia un’opera made in Corea, l’iconografia di spettri dai lunghi capelli neri, maternità sconvolta, e inquietanti telefonate non possono non riportare alla mente Ringu di Hideo Nakata o Audition di Takashi Miike. Il che, visto che si parla di ricordi, potrebbe non essere un caso.

The Wheel (diretto da Nonzee Nimibutr)

Dall’episodio The Wheel

In un villaggio rurale della Thailandia, un burattianio (Komgrich Yuttiyong) muore tra le fiamme di un incendio dopo aver annegato in un fiume sia la moglie che il figlio. I conoscenti temono una maledizione proveniente dalle sue marionette, ma l’ambizioso Tong (Pongsanart Vinsiri), maestro di danza, decide comunque di rubarle per incrementare i propri profitti. Naturalmente il gesto comporterà l’avversione del karma.

A sentire la critica, The Wheel è l’episodio peggiore di Three. Se si guarda alla sostanza, sicuramente parliamo del segmento più debole: la trama è un classico da cinema dell’orrore, e il numero di personaggi coinvolti è forse troppo ampio per poter stimolare empatia in appena 40 minuti. Fatta questa premessa, l’analisi diventa più facile e sorge la convinzione che il regista Nonzee Nimibutr (noto come produttore della saga The Eye) abbia voluto sacrificare la ricchezza di contenuti in nome di un sunto del cinema di paura thailandese, strettamente legato alla tradizione locale e confezionato ad hoc per il pubblico occidentale. In questi termini, una decorosissima introduzione a una cinematografia che ancora oggi ha un’infima distribuzione.

Dove The Wheel invece funziona alla grande è nell’estetizzazione della Thailandia rurale e nella fotografia terrosa, piena di pioggia e chiaroscuri tali da dare l’illusione di assistere a una costola pop di Apocalypse Now. La giungla prende vita in tutta la sua spietata bellezza, tra verdi smeraldo e miasmi di un terrore ancestrale.

Going Home (diretto da Peter Chang)

Dall’episodio Going Home

Wai (Eric Tsang) è un poliziotto sfatto e sovrappeso che si è trasferito assieme al figlio in un faticente condominio di Hong Kong. Qui vi abita pure Yu (Leon Lai), un chirurgo intenzionato a riportare in vita la moglie, morta di cancro da tre anni e tenuta a mollo in una vasca riempita di acqua e particolari erbe medicinali. Le vide delle due famiglie comincieranno a intrecciarsi quando i rispettivi figli entreranno in contatto.

Come in Three… Extremes, la palma di miglior mediometraggio va al terzo. Fotografato magistralmente da Christopher Doyle, Going Home di Peter Chang fonde senza forzature i topoi del thriller psicologico e della storia di fantasmi, sfociando ben presto nella commozione e (a tratti) nella filosofia. I cambiamenti repentini di tono e il richiamo alla fotografia come metafora della vita danno vita a un’esperienza toccante e visivamente elegantissima. Non rivelerò altro per non rovinare la visione.

Three: Ancor più inutile conclusione

Pur non gettando molti ami in profondità come il ben più centrato sequel, Three è comunque un esperimento funzionalissimo, capace di suscitare più di qualche brivido o scheggia di vera inquietudine. La recitazione si adegua a un solido professionismo. A mancare forse è proprio l’estremo vero, falsamente promesso dal fuorviante titolo scelto dalla distribuzione; il che è pure un vantaggio, dal momento che l’eccesso avrebbero sicuramente nuociuto a un film che fa della sobrietà il suo cavallo di battaglia.

Trailer di Three

Riccardo Antoniazzi

Classe 1996. Studente di lettere moderne a tempo perso con il gusto per tutto ciò che è macabro. Tenta di trasformare la sua passione per la scrittura e per il cinema in professione.
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