Approfitto della recente uscita nelle sale di Tolo Tolo, nuovo film di Checco Zalone, per affrontare un tema che mi preme ormai da tempo immemore. Non fate finta di non sapere che è uscito un nuovo film di Zalone, so che siete andati all’anteprima allo scoccare della mezzanotte del 1 gennaio: perché siete degli asociali senza amici né gioia. Adesso che abbiamo aperto l’articolo con stile, dato che quest’ultimo porta uno di quelli che canonicamente vengono definiti “titoli parlanti”, direi che non resta altro che iniziare.
Arrotolatevi le maniche della camicia, aprite le orecchie (gli occhi) e scaldatevi le mani, perché questo è l’articolo perfetto per criticare le mie critiche. Ci vediamo dall’altra parte.
Tolo Tolo e Checco Zalone
Parto da qui, perché è stato proprio il nuovo film di Luca Medici, in arte Checco Zalone, a scatenare la bomba. Sottolineo, però, che né questo paragrafo né tanto meno l’intero articolo costituiscono una recensione del film, che invece trovate qui.
Tolo Tolo è una merda ragazzi. Potete guardarlo da qualsiasi angolazione, ma merda rimane. È probabilmente il peggior film di Zalone, tratta un tema delicatissimo in maniera troppo superficiale e per quanto riguarda l’effettiva messa in scena costituisce un attentato terroristico al cinema e al fare arte.
Ora, se Checco Zalone fosse Neri Parenti o Carlo Vanzina capirei e liquiderei tutta la questione con un “vabbè, è ritardato”. Ma Zalone non è nessuno dei due, non so se dire purtroppo o per fortuna. L’attore (e da Tolo Tolo anche regista a quanto pare) è intelligente. E non lo dico per scherzare ragazzi, Checco Zalone è veramente intelligente! Già solo il suo personaggio gli è testimone, ma guardiamolo un po’ più da vicino.
Luca Medici è laureato in giurisprudenza, è un discreto pianista jazz, è cantautore, comico, attore, sceneggiatore e adesso, appunto, anche regista. A ciò aggiungete il personaggio di Checco Zalone, brillante nell’ideazione ed estremamente performante in relazione al pubblico italiano; infatti, chiedete a ogni persona che conoscete, non c’è un italiano che non sappia chi è Checco Zalone.
E il punto è proprio questo: ma allora perché fai film di merda? Il primo che osa tirarmi in ballo la satira sociale viene silurato nelle chiappe dal casco di un sommozzatore. Perché sì, grazie al cazzo, è palese che in Tolo Tolo (ma come in tutti i film di Zalone in realtà) ci sia della satira e della critica sociale; difatti il problema è il modo.
Come diceva saggissimamente il personaggio del regista interpretato da Orson Welles ne La ricotta di Pier Paolo Pasolini: “l’uomo medio è un mostro!“. Bene ragazzi, l’italiano medio è anche stupido. Se qualcuno di voi si fosse sentito offeso da un’affermazione siffatta forse dovrebbe interrogarsi un attimo, così al volo. Il grande problema – e limite – di Checco Zalone è per l’appunto il suo pubblico, ma in generale si potrebbe dire il pubblico italiano.
Tu, però, da persona intelligente quale in teoria dovresti essere, dovresti anche saper analizzare e decostruire il funzionamento e le dinamiche delle cose. E Checco Zalone per molti versi lo fa. Dopodiché, però, dovresti saper risolvere le questioni che emergono attraverso la forma espressiva più funzionale al messaggio da comunicare; sempre che tu ritenga di fare arte. E questo Checco Zalone non lo fa: né l’arte né la ponderazione.
Perché è automatico che se tratti un tema così delicato – in particolare in questo periodo storico – come l’immigrazione “analizzandolo” attraverso i luoghi comuni classici italiani, il pubblico reagirà schierandosi dalla parte opposta di quella in cui volevi che si schierasse. Ed è normale poi, caro Luca, che ti arrivino le accuse di razzismo per il video di Immigrato. Questo denuncia un’incapacità formale nell’esprimere le proprie idee. Ed è triste, dato che, almeno apparentemente, Luca Medici avrebbe delle idee interessanti.
Industria cinematografica italiana e logiche di mercato

Sopra dicevo che Zalone è limitato dal suo pubblico, e lo diceva saggiamente anche il nostro Andrea Bruno nella sua recensione del film. Con questo intendo(iamo) che il comico realizza in questo modo le sue opere perché solo così il pubblico dà una risposta effettiva a livello di mercato. E qui c’è poco da fare i puristi difensori del bel cinema: è la verità. Una verità che è agghiacciantemente ancor più vera se riferita al pubblico italiano.
E difatti Tolo Tolo, dopo solo 24 ore, aveva incassato 8.668.926 €, surclassando Joker in Italia. Tutto questo è ovviamente provocatorio e non ha nessun senso paragonare due film lontani come Nettuno dal Sole. Tuttavia è significativo notare che un film come Joker, che tratta di temi seri in modo serio (“put on a happy face!”), e che è il settimo incasso del 2019 a livello internazionale, sia stato spazzato via in un giorno da Tolo Tolo, film che probabilmente manco ce l’ha una distribuzione internazionale.
Inoltre, c’è da aggiungere un fatto. Aiutatemi ad aiutarvi guardando l’immagine qua sopra: Tolo Tolo è il settimo incasso italiano DI SEMPRE. Ma questo lo posso anche accettare: anzi non è vero perché starà in sala per secoli e quindi salirà in classifica. La cosa ancor più imbarazzante è guardare le prime sette posizioni, nelle quali troviamo ben QUATTRO film di Checco Zalone. E tra l’altro guardate quante poche migliaia di € di differenza intercorrono tra Quo vado? e Avatar, che fino a poco tempo fa, prima dell’avvento del MCU e di Avengers: Endgame, era il maggior incasso mondiale di sempre. Imbarazzante ragazzi, semplicemente imbarazzante. Concludo facendovi notare lo scarto tra Tolo Tolo e Joker.
Ma quindi la colpa di chi è? Domanda retorica e stupida alla quale, come di consueto, si risponde “un po’ di tutti”. Però in questo caso io credo sia più colpa del vostro Checco. Certo, poi ci siete voi che gli date i soldi. E ci sono anch’io, che seguo e amo il cinema come tantissimi altri giovani, e noi tutti siamo alla ricerca del bel cinema e di qualcosa che ci illumini in questa postmodernità schiacciante: ma rimaniamo ingabbiati in Tolo Tolo proprio perché, da cinefili, seguiamo il cinema, e perché Checco Zalone è un fenomeno troppo rilevante in Italia per essere ignorato. Ma tutto bene finché fai parlare di te…

Ma io in verità vi dico, fratelli, che credo sia l’industria cinematografica italiana il problema. La stessa industria cinematografica che sono ormai almeno 20 anni (e sono buono) che non sa che cosa sta facendo, offrendo un cinema dalla qualità sempre altalenante – con ovvia preminenza della merda -, senza direzione e che preferisce rifugiarsi in collaborazioni con altri paesi per non mostrare che non ha né soldi né idee interessanti. E questo sta determinando, anzi ha già determinato, la decadenza del prestigio del cinema italiano a livello internazionale.
Che poi è un po’ la situazione generale dell’Italia, ma questo è un altro discorso. Vi vedete ad affrontare un’ipotetica Terza Guerra Mondiale con Di Maio ministro degli esteri? Tranquilli, non scoppia nessuna Terza Guerra Mondiale. Tutti gli italiani che hanno letto fin qui si sono toccati le palle.
Il cinema italiano e la sua essenza
Il vero danno, a mio modo di vedere, è la perdita della quintessenza che caratterizzava il cinema italiano, quanto?, 50 anni fa ormai? prima? Il punto è proprio che il nostro cinema, attualmente non ha una direzione e ha smarrito completamente il caratteristico ed amatissimo modo di fare cinema nostrano.
Non mi metto qui a spiegarvi che cosa significhi “modo di fare cinema nostrano”, pena il rendere me stesso un pedantissimo manuale di cinema, però vi butto lì qualche nome. Mario Monicelli, Federico Fellini, Totò, Mario Bava, Roberto Benigni, Alberto Sordi, Lucio Fulci, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Dario Argento, Sergio Leone, Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini, Sophia Loren, Claudia Cardinale, Monica Vitti, Gina Lollobrigida, Laura Antonelli…potrei andare avanti per giorni.
In tutto questo cinema c’erano due caratteristiche principali: era un cinema con la C maiuscola; i titoli di questo cinema esprimevano istanze tipicamente italiane e uno stile fortemente connotato dalle varie istanze culturali che investivano il nostro paese all’epoca. A ciò aggiungo un ulteriore caratteristica: il nostro cinema era apprezzato – ed invidiato – a livello MONDIALE.
Prendete un film come Nuovo cinema Paradiso, che prendo ad esempio solo perché fresco di rewatch. Si respira italianità, è tutto fortemente italiano, dalla messa in scena, alla caratterizzazione attoriale (anche degli attori stranieri, vedi Noiret), alla musica, al clima che si respira. E no, zoticoni, non solo perché è ambientato in Sicilia. E comunque già Nuovo cinema Paradiso è una pseudo-eccezione, essendo uscito nel 1988, anche se ai tempi il cinema italiano iniziava ad arrancare ma sopravviveva dignitosamente.
Oggi…beh, oggi no. E so già che molti di voi sono pronti ad alzare i forconi rivendicando l’ottima qualità dell’ultimo film italiano che hanno visto: è lapalissiano che le eccezioni ci siano. Ma come diceva il vecchio saggio di cui non ricordo il nome (Cicerone): è l’eccezione che conferma la regola. Esistono i vari La grande bellezza, Gomorra, Lo chiamavano Jeeg Robot, Il caimano, Il divo, Perfetti sconosciuti, Chiamami col tuo nome, Dogman, ecc.. Ahimè, però, i titoli si contano sulle dita di una mano e le personalità valide nel panorama cinematografico italiano attuale forse scarseggiano ancor di più.
E comunque rimane il fatto che il nostro cinema ha perso di specificità. Prendete ad esempio Chiamami col tuo nome, film che io amo alla follia. Innanzitutto è sì un film italiano, ma più di nome che di fatto: nel senso che il film è italiano perché diretto da Luca Guadagnino, ma l’idea del film parte da molto più lontano e anche la sua produzione è italiana solo in minima parte. Inoltre quella tipica aria di italianità di cui dicevo sopra, qui non si respira. Certo, ci sono gli straordinari paesaggi naturali di Crema e dintorni, ma non è la stessa cosa. Tutto ciò comunque non toglie qualità al film, che ripeto, io adoro, ma è uno dei sintomi che manifesta la perdita di identità del cinema italiano.
Anche un film come Lo chiamavano Jeeg Robot ha tanta Italia dentro, ma un modo di fare cinema completamente diverso; il che nel caso specifico è un bene enorme, ma in generale tutto il contrario.
Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa
Dulcis in fundo, proviamo a tracciare un sommario. Sono 3 principalmente i fattori che abbiamo visto influenzare l’industria cinematografica italiana: il mercato, i professionisti del mestiere (registi, attori…) e il pubblico. Ci siamo quindi chiesti a chi vada attribuita la colpa della decadenza del cinema italiano e abbiamo visto che forse il problema sta a monte.
Tuttavia, lasciando da parte il mercato, che in fin dei conti è determinato in buona parte dal pubblico, ci restano i professionisti e il pubblico stesso. Molte persone, che non posso moralmente definire cineasti, al giorno d’oggi si buttano nel cinema perché frutta soldi: cristallino e innegabile. Lo stesso Checco Zalone è probabile abbia fatto un ragionamento di questo tipo. In fondo basta una botta di culo: sei bello, ti notano, diventi attore. Sto ovviamente semplificando la questione, ma non siamo così lontani dalla verità.
Io però sono convinto che ci siano tantissime personalità di talento in Italia a livello cinematografico; testimone il fatto che ogni tanto qualche perla al cinema arriva. Ma, come volevasi dimostrare, puntualmente queste perle fanno flop. E quindi i produttori si incazzano e quindi i soldi non ci sono più. Prendete di nuovo Zalone: secondo voi ci sarebbe un produttore che produrrebbe un suo film sapendo che è un film serio, magari drammatico? Ho i miei forti dubbi.
Ma torniamo un attimo indietro: il punto è che i film fanno flop. E chi fa fare flop ai film? Gli spettatori. Credo che il nocciolo del problema stia qui: in Italia non c’è gusto per il bel cinema. E non è che io pretenda che ogni film italiano faccia incassi quanto Titanic, ma sono sicuro sia capitato anche a voi di andare a vedere Pinocchio, quello nuovo di Garrone, e trovarsi la sala con dentro 3 persone.
Ovviamente questo impoverimento non solo cinematografico, ma anche culturale, andrebbe analizzato prendendo in considerazione il funzionamento e la gestione della cultura in Italia nella sua interezza, cosa che io ovviamente non farò, non sono capace di fare e nemmeno posso fare. È davvero triste notare che ogni volta l’Italia, dopo aver spiccato in un qualche ambito culturale, si affievolisca fino a diventare lo zimbello di (quasi) tutti.
Per quanto detto sopra, però, forse Tolo Tolo un po’ ce lo meritiamo.