Film

Il top del 2016 targato Italia fra cinema e televisione

Ormai è ufficiale: l’Italia s’è desta. Dopo un lungo e oscuro Medioevo in cui i prodotti di livello hanno rappresentato l’eccezione e non la regola, il nostro strambo e problematico Paese è finalmente tornato a sfornare con regolarità produzioni di qualità purissima.

Ma questo senso di rinascita non è misurabile solo grazie ai numerosi titoli usciti nell’ultimo periodo, ma anche ad una vera e propria fiducia riconquistata da parte del cinema e delle serie italiane nei confronti degli spettatori. Perché diciamocelo, chi al giorno d’oggi se ne esce ancora con frasi del tipo “Io la roba italiana non la guardo perché fa tutta cagare” non merita altro che la ghigliottina.

Questo 2016 era chiamato al non facile compito di confermare la vitalità di questo Rinascimento artistico, dopo che il 2015 aveva dato alla luce opere come Youth, Non essere cattivo, Suburra, Mia madre e Il racconto dei racconti. Tutta roba che ha saputo espandersi oltre i nostri confini, facendosi apprezzare anche al di là dell’Oceano. Ed oggi, dopo 12 mesi di grandi film e grandi serie targate Italia, si può dire che l’ultimo anno abbia mantenuto le sue promesse.

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Perché il 2016 è stato un anno pieno di produzioni coraggiose e originali, in grado di spalancare il nostro movimento su orizzonti che fino a pochi anni fa sembravano per noi impensabili. E questo coraggio è stato ripagato dagli spettatori, come prova anche il grande successo dell’ultima edizione dei David di Donatello, tornati a risplendere dopo anni in cui se li cagavano in due.

Ma ora bando alle ciance, e andiamo a rispolverare i migliori titoli che ci ha regalato questo 2016.

I MIGLIORI FILM DELL’ANNO

Partiamo con quello che è stato il vero dominatore della scorsa stagione cinematografica italiana: Lo chiamavano Jeeg Robot. Un film che ha stupito tutti in primo luogo perché è un’opera prima del giovane regista Gabriele Mainetti, appena trentenne, e in secondo luogo perché ha saputo unire insieme due anime differenti: il cinema di genere criminal/poliziesco, che ci è sempre appartenuto, e il cinema supereroistico di stampo puramente americano, che ci era totalmente sconosciuto (a parte il tragicomico Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores).

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Lo chiamavano Jeeg Robot è piaciuto a tutti, conquistando sia la critica che il pubblico. Ha portato a casa 16 candidature e 8 statuette ai David di Donatello (fra le quali quelle per il miglior regista esordiente e tutte quelle dedicate alla recitazione) e due Nastri d’argento (miglior regista esordiente e miglio attore protagonista).

Purtroppo il successo del film di Mainetti non è bastato a garantirgli un posto fra i possibili rappresentanti italiani per la categoria di miglior film straniero agli Oscar 2017. La scelta della commissione è ricaduta su Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi basato sugli sbarchi dei migranti sull’isola di Lampedusa (documentario che ha trionfato al Festival di Berlino e agli European Film Awards).

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Fuocoammare è poi rimasto fuori dalla shortlist dell’Academy relativa ai migliori film stranieri, ma è entrato in quella dedicata ai migliori documentari, mantenendo quindi viva la sua corsa alla Notte degli Oscar 2017.

Un altro film che è stato in odore Oscar fino alla fine è Perfetti sconosciuti. Il bellissimo film di Paolo Genovese è stato meritatamente fra i protagonisti della scorsa annata portandosi a casa i David per il miglior film e la miglior sceneggiatura, nonché il Nastro d’argento per la miglior commedia (anche se una commedia in realtà proprio non è). Il film di Genovese è stato sommerso di elogi, tanto che pare che siano numerose le produzioni estere che abbiano richiesto i diritti per girarne un remake. Sì, pure gli americani.

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Perfetti sconosciuti si è inoltre imposto come secondo miglior incasso dell’anno per il cinema italiano, raggiungendo la cifra di 16 milioni di euro e arrivando dietro solo all’irraggiungibile Quo Vado di Checco Zalone, che con la mostruosa cifra di 65 milioni di euro ha disintegrato il suo precedente record di Sole a catinelle, diventando il film italiano con il miglior incasso di sempre.

Fra i migliori lungometraggi dell’anno c’è poi Veloce come il vento, il film di Matteo Rovere basato su un tema che il cinema italiano non ha mai trattato nemmeno per sbaglio: il mondo delle corse automobilistiche. Il film ha rappresentato la definitiva rinascita cinematografica di Stefano Accorsi, la cui carriera si era incagliata già da qualche anno in produzioni che non rendevano onore al suo talento (1992 a parte), e che grazie alla sua straordinaria prova si è portato a casa il suo terzo Nastro d’argento.

Veloce come il vento regala al cinema italiano anche la bravissima e bellissima debuttante Matilda De Angelis, di cui ammetto di essermi perdutamente innamorato. Matilda, se il destino ti porterà a leggere queste mie parole, sappi che ti amo.

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Un successo è stato anche La pazza gioia di Paolo Virzì, film on the road tutto al femminile con protagoniste Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, vincitore di cinque Nastri d’Argento.

Il 2016 italiano non è però fatto solo di premi, perché tanti altri sono i titoli meritevoli di essere citati, ai quali però purtroppo non posso dedicare lo stesso spazio dei precedenti, che altrimenti questo articolo viene più lungo della fedina penale di Corona: i più romantici hanno pianto con La corrispondenza di Giuseppe Tornatore, gli amanti del noir hanno avuto pane per i loro denti con Pericle il nero di Stefano Mordini, e gli appassionati di misteri italiani hanno potuto godere di La verità sta in cielo, il film di Roberto Faenza basato sulla vicenda della sparizione di Emanuela Orlandi.

Da citare è anche il bellissimo Fai bei sogni, il nuovo film di Marco Bellocchio basato sull’omonimo romanzo autobiografico di Massimo Gramellini e interpretato da Valerio Mastandrea.

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Chiudo il capitolo dedicato ai film citando un’opera che ancora mi provoca dolore al cuore: In guerra per amore di Pif. Su questo film avevo scritto un articolo lungo e approfondito, ma il destino maledetto ha voluto che il computer mi andasse a troie proprio sul finale, facendomi perdere tutto quello che non avevo salvato. Cioè tutto. Ogni volta che ci penso mi viene da piangere.

Comunque non lo cito solo per questo eh, è bello bello. Fate i bravi, recuperatelo.

LE MIGLIORI SERIE TV DELL’ANNO

Anche quest’anno sono state le produzioni di Sky a dominare il panorama delle serie tv italiane. Il 2016 è stato l’anno dell’attesissimo ritorno di Gomorra, che ha ottenuto una crescita di share del 66% rispetto alla prima stagione, diventando la serie più vista di sempre su Sky, ottenendo ascolti medi sei volte superiori a quelli registrati per il Trono di Spade.

La guerra fra Salvatore Conte, Ciro Esposito e i Savastano ha inoltre spopolato anche all’estero, dove sta acquistando lo status di serie cult in decine di Paesi.

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Lo stesso New York Times ha inserito Gomorra fra le migliori serie internazionali dell’anno, mentre Variety l’ha paragonata addirittura alla serie-capolavoro The Wire. Un successo italiano di cui andare fieri, e che si spera sarà nuovamente raggiunto dalla terza stagione, attualmente in lavorazione e in programma per il 2017.

Se il clamoroso successo della seconda stagione di Gomorra era facilmente pronosticabile, lo stesso non si può dire per The Young Pope, la serie scritta e diretta da Paolo Sorrentino e prodotta da Sky, HBO e Canal+. La storia del giovane Papa americano Pio XIII nato Lenny Belardo, interpretato magistralmente da Jude Law, ha letteralmente fatto innamorare centinaia di migliaia di persone, tanto che il primo episodio della serie ha raggiunto il record di share per una serie Sky.

Un successo clamoroso per un progetto che rappresentava una vera e propria scommessa, che è stata fortunatamente e meritatamente ricompensata.

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L’opera di Sorrentino ha rappresentato un qualcosa di mai visto non solo in Italia, ma probabilmente in tutto il mondo. Una serie unica e imperdibile che speriamo possa togliersi più di una soddisfazione in occasione dei prossimi Emmy Awards, e che nel frattempo ha già cominciato a far parlare di sé anche all’estero, dove Sorrentino è apprezzato ben più che in Italia (come spesso accade con i nostri grandi artisti).

Fra le serie prodotte da Sky merita di essere citata anche la seconda stagione di In Treatment, andata in onda a cavallo fra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. Il remake dell’omonima serie americana (a sua volta ispirata dalla serie Israeliana BeTipul) con protagonista Sergio Castellitto è forse una delle produzioni più sottovalutate della piattaforma di Murdoch.

Uno show intelligente, profondo ed incredibilmente emozionante che, fortunatamente, avrà una terza stagione, nonostante il finale dell’ultima puntata aveva fatto temere che le avventure del dottor Mari fossero concluse.

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Ma se l’altissima qualità delle produzioni di Sky non rappresenta ormai da tempo una sorpresa, fa piacere notare come, finalmente, anche in casa RAI si stiano piano piano svegliando dal coma.

Il progetto più ambizioso dell’anno per la tv pubblica è stato senza ombra di dubbio I Medici, una mega produzione anglo-italiana con un cast che vanta nomi altisonanti come quello di Dustin Hoffman e Richard Madden (il Robb Stark de Il Trono di Spade).

Nonostante l’enorme campagna pubblicitaria di cui ha potuto godere e il gran numero di ascolti ottenuti, I Medici non ha mantenuto le attese dal punto di vista qualitativo, ma non capita spesso di vedere una nostrana che possa vantare una distribuzione internazionale di tale portata.

La speranza è quindi che, per le stagioni che verranno, I Medici riesca a fare il salto di qualità anche dal punto di vista artistico, scrollandosi di dosso quella sensazione di “soap opera” che ne ha intaccato la prima stagione.

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La RAI ha piazzato un buon colpo anche con Rocco Schiavone, nuova serie poliziesca basata sul personaggio uscito dalla penna di Antonio Manzini, a cui presta il volto il sempre grande Marco Giallini. L’amore del pubblico per il vicequestore romano è stato subito enorme, tanto da portare la tv di Stato a rinnovare lo show per una seconda stagione.

La serie ha inoltre ottenuto un grande risalto nazionale anche grazie alla polemica scatenata da quei menomati mentali dei disonorevoli Gasparri, Quagliariello e Giovanardi, che hanno tirato su un casino accusando lo show di “fare apologia della cannabis”, e sottoscrivendo un’interrogazione parlamentare che chiedeva l’interruzione della serie.

Va beh, non vale nemmeno la pena spendere un insulto per questa storia.

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Ma è proprio alla fine del 2016 che la RAI è riuscita a tirar fuori una serie che ha fatto innamorare sia il pubblico che la critica, accontentando proprio tutti (a parte qualche vecchio Democristiano probabilmente). Sto parlando de La mafia uccide solo d’estate, la serie tratta dall’opera prima di Pif, seguendo la storia della famiglia Giammarresi, ci porta dentro la Palermo degli anni ’70, proprio alle soglie della seconda guerra di mafia.

La serie diverte e commuove ma, allo stesso tempo, nello stile a cui ci ha abituato Pif (che in questa serie ha il ruolo di voce narrante), sotto il puro intrattenimento ha il fine ben più importante di riportare alla memoria tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per combattere la mafia.

Storie di puro eroismo che, purtroppo, in Italia si sta sempre ben attenti a dimenticare.

 

P.s.  fate un salto dai nostri amici di The Young Pope

Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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