Si è da poco conclusa la 40esima edizione del Torino Film Festival, la prima totalmente in presenza dall’inizio della pandemia. Un appuntamento imprescindibile per qualsiasi cinefilo della zona (e non solo), che anche quest’anno ha saputo dare lustro al capoluogo piemontese, tra anteprime di grande interesse, eventi di richiamo e ospiti illustri (tra cui Malcolm McDowell, Paolo Sorrentino, Paola Cortellesi e molti altri).
Avendovi partecipato di nuovo come volontario, ho ancora una volta ricevuto un accredito per accedere liberamente (previa prenotazione) a tutte le proiezioni. Purtroppo in quest’annata, causa impedimenti vari, ho potuto recuperare solo pochi film. Devo dire però che ho avuto fortuna, perché in generale non sono rimasto deluso da quello che ho visto.
Come al solito, a seguire elencherò le mie visioni, fornendo un breve commento di ciascuna di esse.
The Stranger (di Thomas M. Wright, Australia, 2022)

Un True Detective all’australiana. La storia incredibile ma vera di una delle operazioni di polizia più lunghe ed elaborate di sempre. Un poliziotto sotto copertura (Joel Edgerton) si finge un criminale per guadagnarsi la fiducia di un uomo (Sean Harris) sospettato di aver rapito e ucciso un bambino e ottenerne la confessione; ma la missione e la costante insonnia lo portano a un passo dal crollo psicologico. Storia intrigante e ottimi attori, ma ritmo soporifero e una prima parte in cui ho fatto fatica a capire cosa stesse succedendo. Per me è NÌ.
Evilenko (di David Grieco, Italia, 2003)

Con Malcolm McDowell tra gli ospiti del Festival, vuoi non recuperare uno dei suoi film? La scelta è ricaduta su Evilenko, la storia vera (anche se parecchio romanzata) del serial killer più feroce dell’Unione Sovietica, un mostro accusato di aver violentato, ucciso e mangiato più di 50 persone, tra giovani donne e bambini. Una pellicola cruda e disturbante, non priva di un certo autocompiacimento, ma sorretta dall’immensa prova di McDowell.
Pensive (di Jonas Trukanas, Lituania, 2022)

Un gruppo di studenti va a festeggiare il diploma in un cottage abbandonato, ma dopo aver vandalizzato alcune statue di legno viene preso di mira da un efferato killer mascherato. Ottima commedia horror lituana, che tra litri di sangue e tanto umorismo nero, omaggia e prende in giro allo stesso tempo i classici slasher americani, a cominciare dalla saga di Venerdì 13.
The Fifth Thoracic Vertebra (di Syeyoung Park, Corea del Sud, 2022)

Un fungo nato in un materasso prende vita e, viaggiando dentro di esso per tutto il Paese e passando di mano in mano, “ruba” vertebre a chiunque gli capiti a tiro. Uno dei film più strani che abbia visto in questa edizione del Festival (ma anche in generale). A tratti poetico, però decisamente troppo folle perché riesca a darne un giudizio preciso.
Petite Fleur (di Santiago Mitre, Francia/Argentina/Belgio/Spagna, 2022)

Un disegnatore in crisi con la moglie uccide per sbaglio il vicino, ma scopre che quest’ultimo ritorna in vita ogni volta; sfrutterà la cosa per sfogare le proprie frustrazioni. Una simpaticissima commedia nera che parla dei pregi e difetti della routine e di come a volte sia necessario “morire” per poter rinascere più forti di prima.
Lilith (di Bruno Safadi, Brasile, 2022)

Una rilettura originale e femminista del mito biblico di Lilith, la prima sposa di Adamo che rifiutò di sottomettersi a lui e fu sostituita da Eva. Un’opera ipnotica, suggestiva e avanguardistica, ma anche molto lenta e un pochino pretenziosa. Deve piacere il “genere”.
Project Wolf Hunting (di Hongsun Kim, Corea del Sud, 2022)

Durante un trasferimento via mare, alcuni detenuti si liberano e prendono il controllo della nave; ma a bordo c’è anche qualcos’altro, molto più pericoloso. Violentissimo e divertentissimo action/horror sudcoreano che inizia come Con Air sull’acqua e finisce come Predator. Adorato nel suo essere assurdo e completamente fuori di testa.
War Pony (di Gina Gammell e Riley Keough, USA, 2022)

L’unico film in concorso al Festival che sono riuscito a vedere. La Riley Keough di Mad Max: Fury Road e La truffa dei Logan esordisce alla regia e, in coppia con Gina Gammell, racconta due storie parallele ambientate in una riserva indiana. Un ritratto sentito, rispettoso e senza filtri di una realtà americana troppo poco considerata. Vincitore del premio per i migliori attori a LaDainian Crazy Thunder e Jojo Bapteise Whiting (entrambi esordienti).
Dalìland (di Mary Harron, USA/Francia/UK, 2022)

Un giovane impiegato di una galleria d’arte viene assunto come assistente da Salvador Dalí e diviene testimone del burrascoso matrimonio tra quest’ultimo e la moglie Gala. La regista di American Psycho Mary Harron firma un biopic tutt’altro che impeccabile, ma comunque appassionante, che può contare sull’ottima prova di Ben Kingsley nei panni dell’eccentrico artista.