
Triple Frontier: Netflix finalmente azzecca un film?
Credo che non ci sia mai stato un film Netflix tanto pubblicizzato quanto Triple Frontier. Sul serio, invece di limitarsi a pubblicare qualche trailer su YouTube, nelle settimane precedenti la sua uscita il colosso dello streaming ha fatto le cose in grande, tra manifesti pubblicitari piazzati in ogni angolo di strada, spot televisivi trasmessi a ogni ora del giorno, anteprime esclusive in cinema selezionati e così via. Una strategia che ha pagato, considerato che la pellicola è stata vista da 52 milioni di abbonati (se ve lo state chiedendo, sì, sono tanti). Non male per un progetto che ha avuto una genesi tanto travagliata.
Concepito già nel “lontano” 2010, inizialmente Triple Frontier doveva costituire l’ennesima collaborazione tra lo sceneggiatore Mark Boal e la regista Kathryn Bigelow (lo stesso duo dietro The Hurt Locker e Zero Dark Thirty), con Tom Hanks e Johnny Depp come protagonisti. Per qualche motivo la produzione si bloccò, per riprendersi solo nel 2015, orfana tuttavia della Bigelow, che preferì dedicarsi a Detroit (pur ritagliandosi il ruolo di produttrice).
A ereditare il tutto ci pensò J.C. Chandor (Margin Call, All Is Lost), che oltre a prendere in mano la regia revisionò lo script. A quel punto si susseguirono altri problemi, da un casting lungo e difficile – tanti sono gli attori che si sono trovati, per brevi periodi, legati al progetto, tra cui Will Smith, Tom Hardy, Channing Tatum e Mahershala Ali – al forfait della Paramount, che avrebbe dovuto produrre il film. Infine, per fortuna, la palla passò a Netflix e il resto è storia. La pellicola uscita vale però la visione? Trama e poi ne parliamo.
Cinque ex soldati statunitensi specializzati in operazioni speciali – Tom “Redfly” Davis (Ben Affleck), Santiago “Pope” Garcia (Oscar Isaac), William “Ironhead” Miller (Charlie Hunnam), il fratello di quest’ultimo Ben “Benny” Miller (Garret Hedlund) e Francisco “Catfish” Morales (Pedro Pascal, nuovamente in zona Narcos) – delusi da un sistema che li ha lasciati con un pugno di mosche dopo aver combattuto per il Paese, decidono di riunirsi e organizzare una rapina ai danni di un ricco narcotrafficante sudamericano, nascosto nella giungla a ridosso della “triplice frontiera” Paraguay-Argentina-Brasile. Il colpo riesce, ma durante il viaggio che dovrebbe portarli dall’altra parte delle Ande non tutto va come previsto.
Cominciamo col dire che, alla sua prima vera esperienza con il genere action, Chandor non sfigura e confeziona un thriller solido e avvincente, che dà il meglio di sé nella prima metà. Qui il regista dimostra di non aver nulla da invidiare alla Bigelow, inanellando una serie di riuscite scene d’azione, violente (senza esagerare) e spettacolari, nonché impreziosite da audaci movimenti di macchina (ad esempio un paio di ottimi long take).
Se la prima parte di Triple Frontier ricalca la struttura degli heist movie, coinvolgendo gli spettatori prima nella progettazione e poi nell’esecuzione del colpo, da metà in poi il film si trasforma in un road movie avventuroso. In questa seconda parte l’azione è meno presente e il ritmo più lento, e ciò può deludere chi si aspetta una pellicola più movimentata. Lascia inoltre un po’ interdetti la scelta di ventilare la presenza di una minaccia che alla fine non si fa vedere, se non proprio al termine della storia e in una maniera tutt’altro che sconvolgente.
In effetti Chandor preferisce premere l’acceleratore sulla componente psicologica, tutta incentrata sugli effetti negativi del denaro sui protagonisti. Il regista mette da parte le sparatorie e le esplosioni e, sfruttando l’espediente del viaggio, pone l’attenzione sul modo in cui i soldi avvelenano l’anima dei cinque ex soldati, trasformando il loro desiderio di riscatto in avidità e spingendoli a mettere in discussione i propri principi morali. Ciò non vuol dire che non manchino i colpi di scena. Tra tutti, Chandor ne piazza uno, riguardante il destino di un personaggio non di poco conto, particolarmente coraggioso, che risulta tanto scioccante quanto inaspettato (sì, mi riferisco a QUELLA scena).
E a proposito di personaggi, se Triple Frontier si è rivelato uno dei maggiori successi di Netflix il merito è anche del cast di tutto rispetto. Se Affleck, malgrado sia un po’ imbolsito (o forse proprio per questo), convince nei panni del leader carismatico e ingegnoso ma segretamente fragile, a spiccare è soprattutto Oscar Isaac, sempre più lanciato dopo gli ultimi Star Wars, e che qui torna a recitare per Chandor dopo A Most Violent Year (tristemente ribattezzato in Italia 1981: indagine a New York). Buono anche il Charlie Hunnam di Sons of Anarchy e Pacific Rim nel ruolo dell’idealista del gruppo, mentre Hedlund e Pascal, complice uno scarso approfondimento dei personaggi, purtroppo non brillano quanto dovrebbero.
Tra gli aspetti positivi, oltre all’ottima fotografia di Roman Vasyanov (cinematographer di fiducia di David Ayer), va senz’altro segnalato pure il comparto musicale, comprendente dei veri classici come The Chain dei Fleetwood Mac e Run Through The Jungle dei Creedence Clearwater Revival, più due brani dei Metallica. E questo senza nulla togliere alla trascinante colonna sonora originale di Disasterpiece (lo stesso di It Follows).
In conclusione, Triple Frontier è un action più che valido, l’ideale per chi cerca qualcosa di interessante da vedere su Netflix. Magari non sarà perfetto (e probabilmente non all’altezza di quello che poteva essere in mano alla Bigelow), ma vista la (bassa) qualità media dei film originali offerti dal servizio, direi che ci si può ritenere soddisfatti.