Oggi, ispirata dagli articoli del sito dedicati al film Se7en, voglio fare un bel gioco: prendere ciascuno dei sette vizi capitali e pensare a un film di cui quel peccato particolare sia il principale motore, scegliendo nel mio caso naturalmente tra i miei preferiti di sempre.
Avarizia: Quarto potere, Orson Welles, 1941
Ho riflettuto a lungo se questa pellicola rientrasse più nel campo del peccato di Superbia, ma poi mi sono convinta: il film forse più importante della storia del cinema ha come tema portante, fondamentalmente, un uomo, Charles Foster Kane, talmente avaro di sé che l’essenza della sua identità muore assieme a lui. Non rimangono che frammenti nei ricordi di chi l’ha conosciuto, che però non bastano a ricomporre il quadro della sua personalità, di cui era talmente geloso da portarla con sé.
La sua avarizia è simboleggiata da quella parola chiave, Rosabella. Dietro cui si nasconde un mondo inaccessibile.
Gola: Willie Wonka e la fabbrica di cioccolato, Mel Stuart, 1971
In realtà i vizi di cui si parla in questo classico – tratto dal libro di Roald Dahl – sono molti, ma nessuno può negare che il peccato di Gola la faccia da assoluto padrone. Una ragazza, una volta, mi ha detto che la differenza tra una persona a cui piace mangiare e un goloso DOC, è che il goloso ama i dolci.
Siamo tutti un po’ Augustus Gloop quando entriamo nella Fabbrica di Cioccolato, e sarà lui la prima vittima designata dall’innocente sadico Wonka.
Io personalmente mi sarei tuffata nel fiume di cioccolata a bomba e avrei perso subito.
Ira: Kill Bill, Quentin Tarantino, 2003-2004
Cantami, o Diva, di Black Mamba la Sposa l’ira funesta, che infiniti addusse lutti alla Viper Assassination Squad…
La vendetta piace molto a Tarantino, ma sicuramente questo film lungo (o dittico) è la sua epopea sul tema: peccato d’ira è quello di Bill che tende un agguato alla Sposa all’inizio degli eventi, riscatto d’ira è quello della Sposa che lascia una scia di cadaveri dietro di sé prima di raggiungere lui, il suo principale obiettivo. Bill.
I overreacted, sarà la giustificazione dell’uomo con lei.
Poi ti domandi perché una si incazza.
Lussuria: Ultimo tango a Parigi, Bernardo Bertolucci, 1972
Il sesso vende ed è un tema dall’accarezzato allo sviscerato nella cinematografia, ma questo film resta imbattibile per erotismo: il tema portante è la lussuria, pura e semplice. Il peccato verso cui si simpatizza di più (quando lo si pratica; quando lo commettono gli altri invece diventa in automatico motivo di biasimo. Curioso vero?)
Se durante le parti del film di Bertolucci non dedicate agli incontri tra Brando e la Schneider ci si vorrebbe sparare, è proprio nel momento in cui queste due persone sono chiuse sole in una stanza che il film si libra alto e autentico.
È difficile trattare il sesso allo stato puro, scevro di declinazioni (potere, controllo, famiglia, proibito, morbosità, vergogna, violenza). Questo film l’ha fatto.
Superbia: Viale del tramonto, Billy Wilder, 1950
Il film metacinematografico per antonomasia: un’attrice ex gloria del cinema muto, Gloria Swanson, interpreta un’attrice ex gloria del cinema muto, Norma Desmond, che vive segregata in una villa buia che è già un po’ come un sacrario tombale. Vive accudita da un maggiordomo che fu anche marito e regista (Erich Von Stroheim, regista della Swanson anche nella realtà).
Dimenticata da tutti, reclusa nel culto di se stessa, sarà il delitto a riportarla a una struggente, tardiva ribalta: la scena finale è impossibile da dimenticare.
Eccomi, De Mille, sono pronta per il mio primo piano.
Invidia: Amadeus, Miloš Forman, 1984
Esiste una cosa chiamata effetto Dunning-Kruger: più non si è competenti in un campo, più non si è in grado di giudicare chi lo è, rete che salva dalla pazzia molte persone poco dotate. Ma che accade quando a una mancanza di vero talento si accompagna, invece, una capacità superiore di riconoscerlo in qualcun altro?
È questa croce immensa che Forman affida al tragico personaggio di Antonio Salieri nel suo film, diviso tra cieco odio e ammirazione nei confronti dello scapestrato Mozart, che ritiene indegno del suo talento – ma di cui è il fan numero uno.
L’invidia lo corrode e lo porterà a una volontà distruttrice nei confronti di Mozart, con il tentativo vano di appropriarsi di almeno una fetta del suo genio – la Messa da Requiem.
Accidia: La grande bellezza, Paolo Sorrentino, 2013
Questo è il peccato su cui sono stata in dubbio fino alla fine, ma poi ho capito qual è il problema: se tutti gli altri vizi riguardano un’azione, l’accidia riguarda l’assenza di azione. Non si può parlare di persone pigre che però fanno qualcosa, come spesso capita nei film (vedi Il grande Lebowsky). I film sono spesso costruiti attorno al fare, all’agire. A costruire una narrazione.
Dunque potevo andare negli adattamenti dei romanzi esistenzialisti, oppure nella Nouvelle Vague.
Poi mi sono ricordata di una cosa: l’accidia è un peccato poco amato, ma che la larga maggioranza delle persone si attribuisce. E questo mi ha ricordato un film che amo in cui parte degli italiani detesta ferocemente l’idea di riconoscersi. La grande bellezza.
È decisamente un film sull’accidia, a vari livelli. La pigrizia di un paese. La pigrizia di una comunità. La pigrizia di un personaggio. C’è chi dice che è un film estetico, ma non riesce a essere neanche quello: la bellezza è in esso qualcosa di trovato sulla propria strada, fruito passivamente, forse neanche del tutto fruito.
È un film sull’inattività. E forse anche chi lo odia apprezzerà la scelta, visto che il peccato di accidia è il più noioso di tutti.
E voi? Quale film abbinereste a ciascun peccato capitale?
P.S. Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici di Cinefili Incazzati!!