
Una bella amicizia non ha mai ucciso nessuno
Domenica pomeriggio, hangover passato (più o meno) da qualche ora e voglia di vedere un film che non impegni troppo, è cosi che mi sono imbattuto nella pellicola di cui vi sto per parlare e che vi assicuro mi ha fregato alla grande, perché alla fine un po’ impegna e soprattutto stupisce. Il film in questione è Quel fantastico peggior anno della mia vita diretto da Alfonso Gomez-Rejon (un passato come assistente di Scorsese e Iñárritu), molti lo ricorderanno perché utilizzando un termine tecnico ha spaccato i culi con parecchi episodi di American Horror Story.
Me and Earl and the Dying Girl, questo il titolo originale, ha vinto, anzi stravinto, al Sundance il Gran Premio della Giuria e Premio del Pubblico, è passato fuori concorso al 33° Torino Film Festival, e ha portato sul grande schermo una sana ventata di cinema indipendente a stelle e strisce.
Confesso che la trama subito mi aveva fatto storcere il naso (e così a tutte le persone a cui in seguito lo ho consigliato), perché temevo fosse il classico film adolescenziale del calibro di Colpa delle stelle o altre boiate simili, ma dopo pochi minuti mi ero già ricreduto, e vi assicuro che è molto più simile a ottimi film come (500) giorni insieme (dal quale il regista riprende l’uso della voce narrante e il comandamento di non raccontare una storia d’amore) o 50 e 50, anzi direi che ne potrebbe essere una sorta di fusione, ma andiamo per gradi.
“Se questa fosse una commovente storia romantica, ora ci guarderemmo con bramosia e ci baceremmo con l’ardore di dodici soli infuocati, ma questa non è una commovente storia romantica”
Greg (Thomas Mann) è uno studente dell’ultimo anno di liceo, talentuoso ma incapace di avere relazioni con il prossimo. Preferisce sfuggire alla profondità dei rapporti umani e crogiolarsi nella sua eterna adolescenza insieme a Earl (Rj Cyler), il suo migliore amico, da lui definito solo “collega” (guai a definirlo amico) – con il quale condivide la passione per il cinema d’autore, facendo specialmente parodie di grossi film (molto in stile Be Kind Rewind), storpiandone i titoli e realizzandoli in casa con attrezzature molto alla mano.
Quando la madre di Greg lo costringe a far compagnia a Rachel (Olivia Cook), una ragazza del suo liceo malata di leucemia, le barriere emozionali di Greg cominciano lentamente a crollare, lasciando spazio a un’inaspettata maturità. La coinvolge addirittura nella cinefilia, fino a prometterle un film su di lei, e coltivano entrambi una profonda e vera amicizia, senza pensare agli esiti inevitabili della malattia. Prima del finale Greg, tutto in tiro per andare al ballo del liceo, passa per la casa di Rachel, ricoverata in ospedale, e osserva tanti segnali della presenza del suo sostegno e trovate artistiche della ragazza, per la quale ha montato il film promesso, che le andrà a mostrare.
Qualunque sia il finale del film (cosa che non vi dirò mai), è un racconto di formazione, moderno, atipico, con una sceneggiatura ricca di spunti divertenti, brillanti, con dialoghi rapidi, citazioni e cinefilia in ogni dove, movimenti di macchina non consueti e le musiche curate da un certo Brian Eno – insomma lo definirei senza troppa leggerezza un film colto.
Credo che Quel fantastico peggior anno della mia vita sia molto di più di un semplice film per adolescenti, e riesca ad allargare i propri orizzonti sino ad ottenere senza fatica, anche e soprattutto, l’attenzione e il gradimento degli spettatori adulti. Quindi ora, dopo aver letto la trama e storto il naso, guardatelo, così poi sentirete una vocina nella vostra testa che vi dirà “Cazzo il buon vecchio Denis aveva ragione anche questa volta”.