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Una dipendenza da cinema: i migliori film che parlano di droga

L’eccesso, si sa, è sempre stato uno dei grandi interessi del cinema. Eccovi una carrellata di film sulla dipendenza da droghe.


Nota al lettore: non si tratta di una classifica, i film sono disposti in ordine cronologico.



Easy Rider – Dennis Hopper (1969)

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Uno dei capostipiti del genere drug-movie, Easy Rider è spesso considerato come il film-manifesto degli anni Sessanta, di quell’America rockeggiante, psichedelica e libertina. Diretto e interpretato da Dennis Hopper, Easy Rider è un film tutt’oggi attualissimo e “scandaloso” nel mostrarci come la droga fosse intesa come una chiave per guadagnarsi una libertà sempre desiderata e – molto spesso – anche come fonte di guadagno. Potrebbe bastare semplicemente la scena di Hopper e Fonda a bordo dei loro chopper con in sottofondo Born to be Wild.


Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino – Uli Edel (1981)

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Tratto dall’omonimo romanzo, il film-documentario indaga uno dei buchi neri più tenebrosi del secondo Novecento: la Berlino del muro, tra il contagio pop degli USA e la dipendenza da ero che ha falcidiato un’intera generazione, la prima nata dopo la fine del nazismo. Christiane F. è un film dove la droga viene vista espressamente per quello che è: un cancro autoindotto, una coperta di meschinità e degrado con cui si ricopre l’essere umano. Un film più crudo del crudo, più vero del vero e per questo indimenticabile e necessario.


Il pasto nudo – David Cronenberg (1991)

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Ho deciso di inserire Il pasto nudo non tanto perché la droga sia l’elemento centrale, ma perché alla fine della visione sarete voi ad essere più fatti di un cocco. Non esiste – a mio modesto avviso – un film più fuori di testa di questo. Un vero e proprio delirio che solo Cronenberg poteva realizzare in questo modo. Vi do giusto l’incipit: un disinfestatore specializzato in scarafaggi scopre che sua moglie si spara la polvere gialla che lui usa per uccidere gli insetti. Il disinfestatore viene così messo in gabbia per possesso di stupefacenti, arrivando in caserma in stato di allucinazione: qui vede un agente segreto sotto forma di scarafaggio gigante. Ci siamo capiti?

N.B. Il film è tratto da un omonimo romanzo i cui fogli erano stati disposti disordinatamente su un pavimento di Tangeri. I fogli vennero riordinati da due giovanotti di nome Kerouac e Ginsberg, mentre l’autore era un signore chiamato William Seward Burroughs, uno che aveva deciso di diventare scrittore dopo aver ucciso la moglie sparandole in fronte. La donna aveva una mela sopra la testa e lui stava cercando di imitare Guglielmo Tell.


Trainspotting – Danny Boyle (1996)

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Forse il film più celebre sulla dipendenza da eroina, anche Trainspotting ha un suo alter ego cartaceo firmato da un certo Irvine Welsh nel 1993. La storia è quella di Mark Renton (uno straordinario Ewan McGregor) e dei suoi amici Spud, Sick Boy, Begbie e Tommy, con i quali si diverte a bucherellarsi le vene. Crudo, ironico, dissacrante, grottesco, Trainspotting racconta il degrado della Scozia tra gli anni Ottanta e Novanta. Un vero e proprio instant cult che ha consacrato Danny Boyle (uscito l’anno scorso col magnifico Steve Jobs) nell’Olimpo dei registi che contano grazie a una regia pazzesca. Un film che si può vedere a più livelli e che non lascerà indifferente nessuno. Ah, alla colonna sonora ci sono Iggy Pop, gli Underworld, Lou Reed e i New Order, così, tanto per dire…


Paura e delirio a Las Vegas – Terry Gilliam (1998)

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“Acido”, “lisergico”, “schizzoide”, “stralunato”, “psichedelico”. Sono questi gli aggettivi che solitamente vengono affibbiati a questo film, che io definisco semplicemente “importante”. Importante perché riesce a raccontare non tanto la dipendenza da droga, ma il passaggio dalla follia degli anni Sessanta alla rabbia degli anni Settanta in modo eccelso e divertente, senza moralismi e pipponi. Il non-racconto di Gilliam si fissa su due personaggi da fumetto “troppo strani per vivere, troppo rari per morire”, che si danno alla pazza gioia per le vie luminose di Las Vegas. Su tutto regna incontrastata la mano del regista, che è la stessa di Brazil (e si vede) e The Zero Theorem (e si vede). Un tributo necessario a un grande della letteratura come Hunter S. Thompson che è anima, protagonista e traccia di questo film meraviglioso.

Avevamo tutto lo slancio… cavalcavamo la cresta di un’altissima e meravigliosa onda… e ora, meno di cinque anni dopo, potevi andare su una ripida collina di Las Vegas e guardare a ovest e con il tipo giusto di occhi, potevi quasi vedere il segno dell’acqua alta, quel punto dove l’onda alla fine si è infranta, ed è tornata indietro.


Requiem for a Dream – Darren Aronofsky (2000)

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Questo è stato il film che più mi ha devastato nella mia non lunga vita di spettatore. Una storia micidiale, scritta e realizzata apposta per far sentire di merda lo spettatore. La droga è la protagonista assoluta, insieme al degrado che porta: il punto nevralgico del film è “cosa saresti disposto a fare per procurarti la roba”? La risposta è Requiem for a Dream.


Blow – Ted Demme (2001)

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Blow è uno di quei film che trovo tremendamente interessanti perché ti presentano personaggi dalla dubbia condotta morale, che però non riesci a giudicare (avete detto Breaking Bad? Da questa parte prego). Stai dalla loro parte, per quanto la loro dipendenza sia marcata, per quanto i loro sbagli siano evidenti e lapalissiani, nonostante tutto tu sei con loro fino alla fine. È il caso della storia (vera) di George Jung, uno dei più grandi spacciatori di erba (prima) e coca (dopo) della storia americana. Vi basti il monologo finale di Johnny Depp (prima che si impappasse troppo col suo alter ego Jack Sparrow) che vale 10, 100, 100 filmacci di Michael Bay.


The Wolf of Wall Street – Martin Scorsese (2013)

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Chiudiamo questa rassegna da fattoni col penultimo capolavoro del maestro Scorsese. Prima del monacale Silence, Martin ci racconta la vita/luna park di Jordan Belfort, l’ormai celeberrimo lupo di Wall Street per il quale DiCaprio doveva portarsi a casa l’Oscar. Cocaina, Quaalud, morfina, Xanax, ganja: Jordan è democratico, non si fa mancare niente, compresa Margot Robbie (io…. io non… boh…). Qual è però la vera dipendenza di mister Belfort? Ma i soldi naturalmente. The Wolf of Wall Street è la pietra miliare del cinema sugli eccessi, raccontata in modo magistrale da un regista di cui tutti noi non smetteremo mai di essere dipendenti.

P.s. Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici di I Love CINEMA!!!

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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