Film

Urlo: santo Allen santo Solomon santo Lucien santo Kerouac santo Burroughs…!

Intorno ai diciotto anni, io e la mia storica compagna di banco, complice il nostro eccentrico e anticonformista professore di filosofia, ci innamorammo all’unisono della beat generation, di J.D. Salinger, Kerouac e compagnia.

A giudicare dalla rapidità con cui mia madre, altrettanto eccentrica e anticonformista, mi procurò praticamente tutta la bibliografia esistente sull’argomento, direi che non aspettava altro se non che anch’io mi addentrassi in questa selva oscura di droga, promiscuità e genialità letteraria.

Qualche anno dopo, spulciando la filmografia di quel belloccio di Aaron Tveit (per cui mi presi una sbandata colossale ai tempi di Les Misérables), m’imbattei in questo piccolo gioiello di nicchia, Urlo (2010), in cui interpreta Peter Orlovsky, e di cui vi propino la recensione. 

Allen Ginsberg/James Franco, esponente di spicco della beat generation, ebreo e dichiaratamente gay, scrive e legge in pubblico il suo poema, “Urlo”, che fa gridare allo scandalo la perbenista società statunitense degli anni ’50, a causa dei riferimenti all’uso di droghe e all’omosessualità. 

Oltre a ripercorrere la maturazione personale e artistica di Ginsberg, il film si concentra sul processo per oscenità intentato contro il poeta, che deve difendere la sua opera ed un’intera generazione di autori pronti a sfidare le convenzioni sociali. 

Allora: Urlo può senz’altro rientrare nella categoria biopic (sì, ne sono vagamente ossessionata) ma decisamente sui generis.

L’intenzione dell’accoppiata Rob Epstein – Jeffrey Friedman non è però quella di disegnare un ritrattino di Allen Ginsberg, indugiando sugli aspetti più piccanti della sua biografia, né farne un manifesto LGBT: il fine è illustrare allo spettatore un’opera complessa, di rottura e scioccante, per certi versi, come Urlo, tramite una genialata, ovvero utilizzare un’animazione avveniristica ed efficace. 

 

Alle bellissime e psichedeliche parti animate, in cui viene appunto sviscerato l’intero poema, si alternano la biografia di Ginsberg e il processo, che affronta il tema della censura e dei suoi danni alla cultura, più che l’oscenità, vera o presunta, contenuta nell’opera. 

James Franco ci piace un sacco in Urlo: ha talento da vendere, peccato le sue non sempre felici scelte cinematografiche, che spesso soffocano questa sua verve. Insieme ad Aaron Tveit, che non spiccica parola, sembra proprio di vedere i veri Allen e Peter, come in questa celebre foto – anche se un po’ più fighi degli originali. 

Molto bravo anche Jon Hamm, che interpreta Jake Ehrlich, l’avvocato difensore della casa editrice di Ginsberg: una parte relativamente piccola ma che Hamm porta avanti con disinvoltura, con quella sua tipica espressione sardonica che tanto mi piaceva in Mad Men

Sapete che c’è? Urlo non è affatto semplice da recensire, proprio perché viaggia su tre filoni paralleli, la biografia del poeta, la parte animata e il processo.

Verrebbe quasi voglia di analizzare questi capitoli come fossero tre film separati, per rendergli veramente giustizia: non essendo fattibile, vi dico solo che Urlo è da considerare un grande affresco dell’America degli anni ’50, i cui principi vengono attaccati da intellettuali quali Ginsberg e Kerouac. 

Si avverte anche un forte senso di nostalgia per un periodo storico retrogrado sì, ma anche culturalmente vivace e ricco di personaggi di rottura. 

E poi c’è New York, l’altra grande protagonista del film: cattiva, vigorosa, brulicante, feconda.

New York, la città in cui succede tutto, la città che ti sbrana e ti esalta, madre e matrigna al tempo stesso.

 

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte…»

 

Ilaria Pesce

Pontifico dal 1990. La mia idea di sport è una maratona di film o di serie TV: amo il cinema drammatico, i gialli e la Disney. Sono una lettrice onnivora ed insaziabile. Ascolto musica di ogni genere ma soffro di Beatlesmania acuta. Mi piacciono gli spoiler. Tento di mettere a frutto la laurea in Lettere. Il mio sex-symbol di riferimento è Alberto Angela.
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