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Venezia 73 – Daily 8 settembre – I protozoi di Malick

Regola numero 1: mai fidarsi di Malick quando fa un film di SOLI novanta minuti. Il tempo percepito sono comunque tre ore e mezza. Ne parlavo ieri, einfatti.

Mi sono fatta intortare da un’amica ad accompagnarla alla proiezione di Life’s Journey (se vi vengono in mente vendette adeguate per favore, scrivetele nei commenti sulla pagina Facebook di TheMacGuffin: sceglierò tra le proposte la tortura più raffinata).

Ecco di cosa si tratta. Direi quasi “spoiler ALERT” perché vi sto per raccontare il film, ma “spoiler” in questo caso è una parola forte.

protozoi

C’è il pianeta Terra che si forma. È tutto un ribollire di magma a più non posso. Poi arrivano i protozoi. Poi gli anfibi, poi i rettili, poi i dinosauri, poi la cometa, poi i mammiferi, poi l’ominide. Insomma, potrebbe essere un interessantissimo documentario da propinare in seconda media nell’ora di scienze quando il prof ha voglia di leggersi la gazzetta. Non fosse che l’unico commento alle immagini è la voce di Cate Blanchett (impostata sul preset “barbiturici”) che blatera baggianate pseudo-spirituali sconnesse da ubriaca sulla madre terra che generosamente dispensa vita & amore.

Il guaio è che ero seduta in uno di quei posti centrali in cui per uscire dalla sala dovresti far alzare tutta la fila. Non che io mi faccia particolari scrupoli in tal senso, ma se entrambi i tuoi vicini di posto stanno dormendo (e russando sonoramente) a svegliarli ti pare di fare una cattiveria. Stanno meglio così. Inconsapevoli. Beati. Benedetti dalla madre terra.

Quello che restava di me si è trascinato al film delle dieci. Sono stata costretta ad un’umiliante “Walk of Shame” sul red carpet in jeans e scarpe da ginnastica. E a proposito del red carpet, spendiamo due parole: ha suscitato sghignazzi il vestito di un’Aspirante Qualcosa che metteva in bella vista metà della bernarda, e posso capire che dall’esterno sia di un cattivo gusto elettrizzante. Ma vi garantisco che quotidianamente, al Lido, si vedono cose che voi umani non potete neanche immaginare:

– completi maschili color melanzana avariata su attori messicani
– donnine a vari gradi di nudità con la dichiarata intenzione di diventare la nuova Belen
– donnine che invece vogliono puntare tutto sull’eleganza e si presentano in sala in outfit da loro ritenuti il massimo dello chic ma che ad un occhio esterno sono il massimo della cafoneria
– inviate speciali del MacGuffin in Puma Suede e jeans che cercano di darsi un tono raccogliendo all’ultimo minuto i capelli in uno chignon provvisorio con un elastico di spugna arancione.

Insomma, cosa volete che sia mezza bernarda. Vediamo di peggio ogni giorno.

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Tornando a bomba (*involontaria battuta di cattivo gusto*): il film era The Journey, una ricostruzione immaginaria dei negoziati che nel 2006 hanno fatto definitivamente cessare i conflitti in Irlanda del Nord. I due attori protagonisti strepitosi e la bella sceneggiatura sono i punti di forza di un film davvero divertente: se mai verrà distribuito fateci un salto.

PS: Se lo vedete doppiato non vale. Gli accenti sono parte integrante della sceneggiatura. E ora, non me la menate che “tanto voi non li riconoscereste perché non sapete la lingua”: in questo caso è una scusa che vale solo se siete sordi.

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Stamattina ho recuperato Jackie, con Natalie Portman: sono abbastanza appassionata di quelle tematiche e quel periodo storico, quindi le mie aspettative erano alte. Il film vuole essere un ritratto di Jackie Kennedy all’alba dell’omicidio di Dallas: il lutto della ex First Lady, il senso di straniamento che prova quando la sua “Camelot” all’improvviso crolla, la gestione del cambiamento nelle relazioni con la famiglia Kennedy, l’organizzazione dei funerali, il trasloco dalla Casa Bianca.

Funziona tutto. È bello da vedere. È ben recitato. Interessante. Eppure manca qualcosa. Ho difficoltà a mettere a fuoco cosa perché la visione è freschissima, ma azzardo: per quanto brava, non trovo Natalie Portman in parte in questo ruolo. La sua Jackie ha qualche ingranaggio che gira male – o almeno non risponde alla mia immagine mentale di Jackie Kennedy.

Auguratemi come sempre buona fortuna per il film russo di due ore e mezza di oggi pomeriggio. Non dimenticate che vi voglio bene e lo faccio per voi. Dico solo una parola: protozoi.

Sara Boero

Sua madre dice che è nata nel 1985, a lei sembrano passati secoli. Scrive da quando sa toccarsi la punta del naso con la lingua e poco dopo si è accorta di amare il cinema. È feticista di Tarantino almeno quanto Tarantino dei piedi. Non guardatele mai dentro la borsa, e potrete continuare a coltivare l'illusione che sia una persona pignola.
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