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Venezia 74 – Daily 3: ottantenni che spaccano

Puntuale come una cartella esattoriale, ecco il vostro appuntamento giornaliero con il Lido di Venezia: per chi se le fosse perse, qui ci sono le puntate precedenti. Vi ricordo sempre che, se non riuscite a fare a meno dei nostri faccioni accaldati che barcollano tra una sala e l’altra, sulla pagina Facebook di The MacGuffin spuntano live casuali ad orari casuali. Quando ne vedete una in bacheca sintonizzatevi: potremmo sempre inciampare in diretta!

La crisi mistica di William Friedkin

La prima proiezione della giornata per me oggi è in Sala Giardino: un delizioso cubotto rosso che svetta al limite dell’area Movie Village dall’anno scorso, a sostituire l’iniziativa del Cinema in Giardino. Dall’esterno la Sala Giardino ricorda un monolite di kubrickiana memoria. Dall’interno invece è il classico edificio che invita alla conversione: le luci rosse e le file di poltroncine traballanti trasudano pericolosità e crollo imminente. Ci piace pensare che prima dell’inizio del Festival le testino con plotoni di stagisti sacrificabili, che ci dondolano sopra per ore per vedere se viene giù tutto o meno.

Ancora non è successo.

Comunque il senso di pericolosità trasmesso dalla Sala Giardino la rende il luogo ideale in cui proiettare opere di taglio spirituale. Ha quindi un che di strategico la programmazione mattutina di The Devil and Father Amorth, di William Friedkin.

Lo scorso anno il regista de L’esorcista ha ottenuto il permesso di presenziare e registrare un vero esorcismo di Padre Amorth, che sarebbe mancato di lì a pochi mesi. Nel documentario il rituale è ripreso per intero: la posseduta è una giovane donna del centro Italia, al suo nono tentativo di liberarsi dal demonio. A corredo del contenuto principale ci sono una serie di interviste a neurologi e psichiatri su cosa siano queste manifestazioni da un punto di vista medico. Sulla carta sembrava una figata. E allora…

Cosa è andato storto?

Odio dirlo, perché adoro Friedkin, ma un po’ tutto. Si resta in un limbo decisamente ambiguo tra il reportage e la drammatizzazione degli eventi (accentuata dalla colonna sonora). E il nostro sembra voler spingere l’acceleratore sulla tesi mistica. Vi faccio un esempio: gli psichiatri intervistati spiegano il punto di vista della scienza sul fenomeno. Sottolineano che alla medicina non interessa l’aspetto “religioso” e neanche ci si interroga in proposito: esiste il Diavolo? Boh. L’importante è aiutare queste persone, perché la sofferenza è reale. Quindi se l’esecuzione di un rito religioso risolve o attenua i sintomi psichiatrici presentati dal paziente (che si tratti di un placebo o di un’autentica liberazione paranormale) va benone che il rito venga eseguito. Insomma, una posizione agnostica e molto chiara.

Che nella ri-narrazione di Friedkin però si tinge spesso di altre tinte: “ah, quindi anche i medici affermano che si tratta di un fenomeno paranormale”. Ehm, no. Non è quello che hanno detto. Hanno detto che non si identificano cause a livello scientifico (così come non si identificano per i tanti disturbi della personalità, visto che il cervello umano è un gran casino avvolto dal mistero).

A me il taglio generale, sempre a metà tra il presentare i fatti in modo oggettivo e il fare “un passo in più” continuando a fingere sia “oggettivo” non è piaciuto. Ma gli voglio bene uguale.

Venezia 74 William Friedkin
Come testimonia questa foto ricordo di quando eravamo giovani e belli.

Malumori in conferenza stampa

 

Dovete sapere che il sistema gerarchico degli accrediti alla mostra genera una serie di tensioni sociali che manco le caste indiane. Gli accessi agli eventi vengono permessi con un rigoroso sistema di precedenze tipo vassallaggio, provocando episodi di ultraviolenza e rabbia immotivata contro i poveri addetti alla sicurezza (chiaramente selezionati tra i modelli di Abercrombie per sedare almeno il pubblico femminile). Fuori dalla conferenza di Our Souls at Night, con Jane Fonda e Robert Redford, oggi ho visto raschiare il fondo del barile a un’accreditata media press che ha simulato un calo di pressione.

Il ragazzotto di turno, preoccupato, le ha consigliato di andarsi a sedere e bere un bicchiere d’acqua, se non si sentiva bene. Lei si è tirata su di scatto con l’energia di un’atleta olimpica e ha ribattuto: “Ah no, sono quasi in cima alla coda, figurati se mi vado a sedere e torno in fondo!”

Tutto questo è quasi più triste del film islandese del giorno 1.

Un Robert Redford ben ossidato (e una Jane Fonda vergognosamente bella)

Stasera, prima della proiezione di Our Souls at Night, c’è stata la cerimonia di consegna dei Leoni d’Oro alla Carriera a Robert Redford e Jane Fonda. Il mio hype era altissimo, soprattutto considerando che mio padre ha minacciato di non parlarmi per settimane se non gli portavo un Ricordo di Robert Redford: un autografo. Una foto. Un capello. Tutto fa brodo. Io nel dubbio ho filmato l’intera cerimonia che manco la Rai, e gliel’ho Whatsappata minuto per minuto.

Venezia 74 Robert Redford Jane Fonda our souls at night
“Guardami papà! Sono sul pezzo!”

Considerando che al Lido si era scatenata la tempesta perfetta giusto qualche ora prima, hanno pensato bene di incellophanarli e caricarli in macchina subito dopo il film, che altrimenti si rovinano. E scrivo queste righe con tutto il livore femminile possibile: sì, perché va bene, Redford è ancora un bell’uomo eccetera eccetera. Ma Jane Fonda… Jane Fonda. A 79 anni la splendida signora ha un fisico che io mi sognavo a 19, un viso meraviglioso e un fascino imbarazzante. Io e la mia amica Susanna abbiamo passato il film a invidiarla atrocemente, che non mi sentivo così trasparente da quando Belen mi è passata vicino lo scorso anno con uno stacco di coscia che mi arrivava alle spalle.

E il film?

Avete anche ragione. Ho sonno. Comunque: a me è piaciuto moltissimo. Ruotava intorno ai temi della solitudine, della terza età, della famiglia. Scritto così mi rendo conto che suona stucchevole ma non l’ho trovato banale. Anzi, tenerino. Ok: mi sono commossa come la zia Ada davanti ai gattini. Ho un debole per le storie d’amore tra vecchietti. Siate indulgenti.

Eravamo tutte talmente cuoriciose quando siamo uscite dalla sala che abbiamo fermato Barbera (il nostro eroe, direttore artistico della Mostra) per prostrarci ai suoi piedi e fargli i complimenti. Come più o meno ogni anno, tra l’altro. Barbera è il nostro amore segreto.

La mia Missione dell’anno, ve lo anticipo ora, è strappare cinque minuti di chiacchiere con l’adoratissimo Edgar Wright: me la sto prendendo comoda con lo stalking, che tanto è in giuria e ciondola avanti e indietro per Lungomare Marconi tutto il giorno con noi comuni mortali. Ma prima o poi mi presenterò a lui tronfia e altezzosa nella mia t-shirt di Shaun of the Dead – che spero di aver prudentemente messo in valigia – e sarà subito spritz.

A domani, o miei diletti! Che il Winchester sia con voi.

Sara Boero

Sua madre dice che è nata nel 1985, a lei sembrano passati secoli. Scrive da quando sa toccarsi la punta del naso con la lingua e poco dopo si è accorta di amare il cinema. È feticista di Tarantino almeno quanto Tarantino dei piedi. Non guardatele mai dentro la borsa, e potrete continuare a coltivare l'illusione che sia una persona pignola.
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