Recuperate qui le puntate precedenti del daily da Venezia 74 e mettetevi comodi per lo scoppiettante appuntamento di oggi: per quanto mi riguarda è l’ultimo dell’anno. Domani vi terrà compagnia Francesca, con il consueto daily mattutino e con un appuntamento pomeridiano speciale: il live blog minuto per minuto della premiazione. Io vi direi che se volete seguire i Leoni potreste anche seguirli sul MacGuffin, dai. Siamo state solerti e agguerrite per dieci giorni: buttateci un “condividi” e fateci felici.
Violenza e discriminazione
The Rape of Recy Taylor è un documentario dalla struttura semplice e informativa su un fatto di cronaca avvenuto in Alabama negli anni ’40: lo stupro di una ragazza nera da parte di un gruppo di sette giovani bianchi.
Crimini del genere in quel contesto godevano di una sorta di tacita “impunità” e il caso di Recy Taylor per un periodo era stato portato ad esempio di lampante ingiustizia dal movimento per i diritti civili della comunità afroamericana.
Che vi posso dire: non è uno di quei documentari che per un attimo vi fanno camminare col naso per aria e sentire come se aveste scoperto il senso della vita (poi finite dritti in una pozzanghera e finisce tutto comunque, in genere). Però è oggettivamente uno stimolo interessante per riflettere su quello che oggi ci sembra scontato (e su quello che di contro, ANCORA oggi, non lo è affatto).
Brutti e cattivi, ma tanto fighi
La vera scoperta di questa Venezia 74 è Cosimo Gomez, con il suo Brutti e cattivi, commedia cattivella su un gruppo di disabili che decidono di tentare un colpo in banca. La grande forza del film (oltre al fatto che fa spaccare dal ridere) è la scelta di mostrare i protagonisti in tutta la loro graffiante grettezza. E nei loro (rarefatti) lati positivi. Senza cedere alla tentazione di “edulcorarne” i tratti in virtù della disabilità.
“Il Papero”, ex fenomeno da circo nato senza gambe. “La Ballerina”, interprete laureata in lingue orientali senza braccia. “Il Merda”, rastaman che ci è rimasto sotto. Plissé, nano rapper esperto in furto con scasso. Detto senza mezzi termini, sono quattro stronzi alla ricerca di un riscatto. Arriverà? Per chi? Guardate il film. Veramente. Che è già un po’ che ci ripetiamo che il cinema italiano sta avendo una nuova, grande stagione. Non è mica una bugia.
Santamaria, uno di noi
Durante il dibattito successivo al film (perla rara ma a volte accade) il buon Santamaria ci ha entusiasmate. Non ve l’avevo ancora raccontato ma io ho visto anche The Millionars, il suo corto: un bellissimo esordio. Divagando meno: ne ha dette un paio che mi hanno istigata a far partire l’applauso in sala.
Qualche secchioncello delle prime file ha chiesto se si può parlare di un nuovo filone, definito alla spicciolata “bizzarro all’italiana”. Si riferiva principalmente a una presunta continuità con Jeeg Robot et similia. Continuità che io non vedo, a parte il fatto di essere due bei film. E che probabilmente non vede neanche il regista (ha risposto: “Beh… hanno in comune l’attore protagonista”). Il nostro Santa ha giustamente risposto che forse sarebbe più sensato parlare di “coraggio all’italiana”, visto che sono film che finalmente si scrollano di dosso la polvere di tanto cinema nostrano, dando al pubblico un qualcosa che evidentemente VUOLE e che all’estero ha già un’offerta da mo’.

Trova assurdo anche parlare di “cinema di genere”. Ci siamo talmente abituati che la definizione sorge spontanea, ma è semplicemente cinema NARRATIVO. Senza menate pseudo intellettuali che eran vecchie già quando eran nuove. Lineare nella struttura, poco gremito di arzigogoli, come direbbe Elio. Se avete buona memoria ricorderete che è esattamente ciò che ci siamo ripetuti io e Matteo Strukul due giorni fa, tipo parola per parola. Ero quasi commossa. Claudio, se googlandoti in una notte insonne ti imbatterai in questo articolo tra i meandri oscuri del web sappi che sei il nostro eroe. Ti facciamo MacGuffer ad honorem. Difendici dalla forze del male forever.
Il nuovo Soldini
Il colore segreto delle cose è uno di quei film che per me restano mostruosamente ambivalenti. Da un lato c’è il bel ritratto della donna non vedente: la sua routine, la sua vita quotidiana, il suo approccio alla vita e alle relazioni. Dall’altro c’è l’archetipo intramontabile dell’omm’emmerda.
Il personaggio di Adriano Giannini è uno di quegli uomini da prendere e riempire di testate nei denti finché non diventano bambini veri, eppure Soldini te lo racconta come il classico poveretto confuso caduto dal seggiolone da piccolo. C’ha la fidanzata, e la ama, e la rincorre, eppur s’annoja. C’ha l’amante, la frequenta, fedifragheggia, eppur s’annoja. In un impeto d’esotismo decide dunque d’innamorarsi d’una dolce signora non vedente (senza ovviamente interrompere alcuna altra relazione né dare comunicazioni in merito a nessuna delle interessate). Indovinate un po’? S’annoja. La vita di quest’uomo è una voragine narcisistica di noia e autocommiserazione per il padre che l’ha abbandonato da piccolo, e a nessuna delle derelitte coinvolte nel suo turbinio d’egocentrismo viene in mente che forse è il caso di prenderlo a schiaffi. Jamais. Poverino. S’annoja. Ma andate a cagare. Pure voi, ragazze: è anche volpa vostra.
Il primo elemento mi è piaciuto molto, la disabilità non viene raccontata in modo banale (per la seconda volta in un giorno, a Venezia 74!). Il secondo mi ha fatto cadere le braccia. Metteteli sul piatto e traete le vostre conclusioni.
Tirando per i capelli le somme
Il mio servizio come inviata speciale MacGuffin a Venezia per quest’anno termina qui: vi confermo le preferenze espresse nel daily di due giorni fa. Con la consapevolezza che i miei favoriti non vinceranno mai, a favore ad esempio di *cough, cough* documentari di tre ore sulla biblioteca di New York a caso. Che nessuno ha visto.
Aggiungo alla rosa dei miei dilettissimi anche Brutti e cattivi. Davvero. Merita tanto. Tornate domani per l’ultimo daily di Francesca e soprattutto per l’articolo live sulla cerimonia di premiazione: Edgar Wright è chiaramente il nostro uomo nelle trincee nemiche. Vai, campione. Contiamo tutti su di te.