Quello che resta di me vi ragguaglia sulle meraviglie del festival – confusa e felice peggio di Carmen Consoli degli anni d’oro (è mezzanotte e in casa non abbiamo acqua ma solo prosecco – per la rubrica #cosechesuccedonoalLido).
Un couple, Frederick Wiseman (in concorso)
Il maestro del documentario tenta il salto alla fiction, ma “fiction” si fa per dire. Un couple è un monologo. La moglie di Tolstoj si lamenta perché il marito non bada ai figli e non lava i piatti, tipo, camminando con aria affranta in uno splendido giardino fiorito. Per un’ora abbondante. Se siete veramente molto interessati alle beghe famigliari dei Tolstoj, è il film perfetto per voi. Altrimenti – come dire – no.
Bones and All, Luca Guadagnino (in concorso)
Il cinema di Guadagnino, in genere, non è il mio pane. Questo cambio di rotta cannibale è un’eccezione che ho apprezzato. Una riflessione sulla crescita, l’emarginazione, il dolore emotivo che si trasmette di generazione in generazione nelle famiglie. Il finale ha un incedere un poco zoppicante, ma la prima parte del film vi lascerà senza fiato. Una straordinaria epopea americana on the road, per stomaci un po’ forti.
Margini, Niccolò Falsetti (settimana della critica)
La nuova produzione Manetti Bros. non delude: un gioioso omaggio al punk italiano, non scontato nell’esito, che non cede a facili happy ending (con una colonna sonora d’eccellenza).
Vera, Tizza Covi (Orizzonti)
Una vera sorpresa: fiction ed elementi biografici si mescolano in modo originale e intelligente. Seguiamo Vera Gemma, figlia di Giuliano Gemma in questa riflessione sulla celebrità, sulla solitudine e sul peso del giudizio degli altri. Dietro a un’apparente banalità, un film a suo modo coraggioso.
The Listener, Steve Buscemi (Giornate degli autori)
Sarà pure che era il secondo film con struttura di monologo che mi sparavo in due giorni, ma questo ritratto intimo della centralinista di una linea amica in tempo di pandemia non mi ha convinta. Le storie portate sono attuali e interessanti, ma il tentativo di climax non riesce, lasciando in bocca allo spettatore un senso di incompiutezza.
Le VR del giorno
Le mie prime due esperienze in VR di questa edizione del festival (di ritorno nell’allestimento di San Lazzaro degli Armeni dopo i due anni di pandemia) sono state Tmani e Peaky Blinders. Il secondo – che non lascerà delusi i fan della serie – è sostanzialmente uno sparatutto con ambientazioni particolarmente fedeli al prodotto originale. Il primo è invece un viaggio nella mente di una persona che soffre di depressione, e un campionario di strategie di autodifesa dai propri demoni: realizzato davvero molto bene, immersivo, originale.