Habemus Leone d’Oro! Cominciamo dal listone definitivo dei premi assegnati nel concorso principale:

Leone D’oro: All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras
Leone D’Argento Gran Premio della Giuria: Saint Omer di Alice Diop
Leone D’Argento Miglior Regia: Bones and All di Luca Guadagnino
Coppa Volpi per Miglior Interpretazione Femminile: Cate Blanchett per Tár di Todd Field
Coppa Volpi per Miglior Interpretazione Maschile: Colin Farrell The Banshees of Inisherin (Gli spiriti dell’isola) di Martin McDonagh
Premio alla Miglior Sceneggiatura: Martin McDonagh per The Banshees of Inisherin (Gli spiriti dell’isola)
Premio Speciale della Giuria: No Bears – Gli Orsi non esistono di Jafar Panahi
Premio Marcello Mastroianni: Taylor Russell per Bones and All di Luca Guadagnino
Possiamo dire: meno sorprese di quanto forse ci saremmo aspettati.
La prima tendenza da registrare è che ci sono ben due film che hanno conseguito due premi importanti ciascuno, Bones and all di Luca Guadagnino, che si porta a casa Miglior Regia e Mastroianni (ovvero il premio per la migliore “promessa” tra gli attori) per la sua giovane protagonista, e The Banshees of Inisherin di Martin McDonagh per attore e sceneggiatura. Non è la prima volta che accade ma è un andazzo che, di solito, alla Mostra del Cinema si cerca di evitare: come in altri festival, si tende a voler distribuire i premi su più film possibili – a differenza di premi come gli Oscar che procedono spesso per accumulo.
Per la seconda volta di seguito, il regista italiano più quotato in concorso si aggiudica un Leone d’Argento: l’anno scorso è stato Sorrentino con È stata la mano di Dio, quest’anno Guadagnino.

Per la seconda volta nella sua carriera, Cate Blanchett si porta a casa la Coppa Volpi: era già successo nel 2007 per Io non sono qui – anche se all’epoca non era presente in sala per ritirarla e andò Heath Ledger al suo posto. Del resto, non c’era scelta: il film potrà non aver fatto impazzire proprio tutti, ma l’interpretazione della Blanchett era monumentale come sempre.
Altra conferma è Colin Farrell, che pare dia proprio il meglio di sé quando è diretto da questo regista: aveva già vinto il Golden Globe per In Bruges sempre di McDonagh, oggi invece si aggiudica la Coppa Volpi. Una soddisfazione per un attore cui non sempre viene riconosciuto il suo indubbio talento.
A proposito di McDonagh, anche lui deve aver avuto un potente déjà vu, visto che è la seconda volta che a Venezia vince il premio come Miglior Sceneggiatura: era già accaduto con Tre manifesti a Ebbing, Missouri nel 2017. Sta diventando il Tarantino della Mostra di Venezia (inteso come regista che viene sempre premiato per la scrittura e mai per la regia).
Piccolo inciso per dire che ormai le premiazioni di Venezia sono diventate molto poco anti-sgamo: in pratica capisci chi sarà premiato in base a chi c’è sul red carpet il giorno della premiazione. Sia Colin Farrell sia Cate Blanchett erano le uniche star in sala grande da ben prima di ricevere la Coppa.

Veniamo infine all’inaspettato Leone d’Oro, All the Beauty and the Bloodshed: non un film di fiction, ma un documentario. Per la terza volta in tre anni, è UNA regista a incamerarsi il premio maggiore (ci voleva il Covid per un cambio così deciso di passo), l’americana Laura Poitras. La pellicola tratta il lavoro e la lotta della fotografa Nan Golden contro i “poteri forti” che hanno prima generato e poi sfruttato economicamente la dipendenza da oppiodi del popolo americano. È una storia che ha toccato noi europei solo perifericamente – ne parlava già la miniserie a impronta fiction Dopesick: Dichiarazione di dipendenza uscita in Italia su Disney Plus – ma che per gli statunitensi ha rappresentato un’emergenza sociale paragonabile a una vera e propria epidemia.
Malelingue hanno commentato che il Leone d’Oro è stato vinto quest’anno da “due ore di diapositive”, e qua si ripropone l’annoso problema: è sensato o no che a Venezia opere documentarie concorrano nella stessa categoria di pellicole fictional? Non sono due entità così diverse da poterle mettere difficilmente a confronto? Non servirebbe una categoria a parte, come agli Oscar?
Probabilmente questo cozzerebbe con quello che è lo spirito stesso della Mostra d’Arte Cinematografica: ovvero che l’arte è arte a prescindere dalla forma in cui si presenta. Se fosse sempre vero, sarebbe un compromesso più che accettabile. L’impressione, però, è che a volte il messaggio prevalga sull’arte.
Voi cosa ne pensate?