Vinyl è un “kolossal”, economicamente parlando, che ha più che disatteso le previsioni. O forse è il caso di cominciare a fare previsioni migliori?
Torniamo indietro di un anno: è l’agosto 2016, ho appena finito di vedere (in ritardo) la serie Vinyl, una di quelle su cui avevo scommesso tanto. La serie è stata veramente scoppiettante, è piaciuta alla critica, al pubblico e adesso sto fantasticando sull’evoluzione che avranno gli eventi nella seconda stagione.

Bella sliding door vero? Grazie.
La realtà? Un po’ diversa. Per chi si fosse perso la farfallesca storia di questa serie ecco una breve cronistoria:
- 4 agosto 2015, HBO pubblica con un tweet il primo teaser di Vinyl con associato il nome di un certo Martin Scorsese *figata*
- 6 agosto 2015, HBO pubblica il primo full trailer *aspettative alle stelle*
- 14 febbraio 2016, Vinyl debutta negli USA con un pilot di quasi un’ora e mezza *eccitazione generale*
- 18 febbraio 2016, HBO rinnova la serie per una seconda stagione *fenomeni di isteria di massa*
-nel frattempo continua la normale messa in onda-
- 17 aprile 2016, viene trasmessa l’ultima negli USA l’ultima puntata della prima stagione *diciamo che ci eravamo fatti un po’ troppe aspettative*
- 22 giugno 2016, HBO cancella la seconda stagione di Vinyl dal proprio palinsesto *ehm…*
Mi sono appena reso conto che la storia della produzione di questa serie potrebbe un giorno essere essa stessa il soggetto di un film. O di una barzelletta. Che per l’inciso è costata alla HBO 100 milioni di dollari.

“MIO CARO VINYL, DA GRANDI INVESTIMENTI DERIVANO GRANDI RESPONSABILITÀ” semicit.
Se le varie emittenti televisive americane fossero persone mi immagino che nel momento della classica serata al bar HBO sia quello che non vuole presentarsi perché ha appena perso tutto al casinò e si vergogna troppo a raccontarlo ai suoi amici.
Scherzi a parte i numeri parlano chiaro: Vinyl è stata la serie con gli ascolti più bassi di sempre per una prima stagione di una serie prodotta dalla HBO, non proprio un bel record.

Tutto sommato penso che la notizia della cancellazione di Vinyl non abbia colto di sorpresa quasi nessuno se mettiamo a rapporto spesa e resa. E il problema non è tanto quello dell’aver bruciato 100 milioni di dollari (cazzi loro), piuttosto quello di avermi lasciato orfano di una serie che mi aveva fatto emozionare (questi sì che sono cazzi miei)!
Il fatto che sia stato un flop pazzesco non è assolutamente da relazionare alla qualità del prodotto in sé. Dal punto di vista della realizzazione di Vinyl c’è poco da criticare. È stata sicuramente una delle serie più belle del 2016 e anche adesso sarebbe un ottimo tappabuchi chessò, tra un Twin Peaks e l’altro.
POCHI ASCOLTI MA TANTO ROCK (E ANCHE SESSO, DROGA, MAFIA, JET PRIVATI, ECC.)
La storia è quella di una New York degli anni ’70 alla disperata ricerca di nuovi suoni, nuovi stimoli e nuova linfa per un’industria musicale in forte crisi rappresentata dall’etichetta American Century Records. E la cornice alle vicende musicali è molto più di una cornice per ovvi motivi. Le storie dei singoli personaggi si intrecciano al filone narrativo principale con grande maestria (lo sceneggiatore è Terence Winter, mica un pirla qualunque) e ognuna si caratterizza per una sfumatura diversa che ha a che fare a volte con la droga, a volte con il sesso e a volte con debiti e soldi in generale.
Tutto questo gran bel miscuglio di ingredienti per poi cosa? Dover buttare via il tutto perché sbagli la cottura.

Fa male al cuore sapere che non potrai più vedere la bellissima Devon (Olivia Wilde), moglie del produttore discografico Richie Finestra (Bobby Cannavale), o l’intraprendete Jamie Vine (Juno Temple) alla caccia di giovani promesse del rock come Kip Stevens (James Jagger).
Al di là delle splendide interpreti femminili della serie, la storia è una di quelle belle sul serio, quasi mai banale e anche la regia/fotografia è da registrare tra le cose positive. Difetti dal punto di vista esecutivi non ce ne sono proprio a dirla tutta.
Eppure il risultato è sotto gli occhi di tutti.
QUAL È IL LATO POSITIVO DEL VINILE?
Le conclusioni che possiamo trarre da questa vicenda sono molteplici, una su tutte il fatto che le aspettative che si creano attorno alle produzioni milionarie non sono quasi mai soddisfatte dal prodotto finale, proprio per un problema di aspettativa in sé. È un cane che si morde la coda, lo riconosco, ma Vinyl è la testimonianza viva che il coinvolgimento di grandi nomi per un progetto comunque di nicchia (stiamo parlando di una serie sul rock nel 2016, dai ragà) non può stravolgere l’andamento inesorabile delle tendenze.
E qui torniamo al discorso iniziale: come si fa a sbagliare le previsioni per un investimento tale?
Io mi sono sempre lamentato delle produzioni eccessivamente commerciali perché non portano in dote nessun apporto alla cultura collettiva della nostra generazione però questo è un po’ esagerato nell’altro senso. Bene o male sappiamo quali sono i generi che in questo momento sono più in voga di altri e quello musicale non lo è per niente (vedremo come se la caverà The Get Down su Netflix). A questo punto io non dico di rinunciare al genere anche perché sono il primo dei fan! Però forse farebbe bene un’analisi preventiva della sostenibilità di un prodotto così da non trovarsi sommersi dalle aspettative per un qualcosa che probabilmente poteva essere ben gestito in maniera molto più modesta.
Cara HBO la prossima volta che mi fai affezionare così ad una tua serie fai in modo che vada avanti almeno per 2-3 stagioni perché se no ci rimango male.
VINYL – B SIDE
Pensavate fosse una gallery dei lati b di Olivia Wilde e Juno Temple vero? E invece no, vi beccate “solamente” un estratto con i miei pezzi preferiti della soundtrack della serie perché questa sì che è stata memorabile.
P.s. dato che sono una bella persona eccovi le fotogallery di Olivia Wilde (qui) e Juno Temple (qui), buone cose a tutti.