Film

Voglio mangiare il tuo pancreas: la più bella frase d’amore mai scritta

C’è una credenza popolare, in Giappone, che recita più o meno così: se un organo del tuo corpo ha un problema, allora mangiare quello stesso organo di un animale lo curerà. Ecco perché dire a una persona, anche in maniera ironica, “voglio mangiare il tuo pancreas” significa ammettere la propria malattia. E volerla combattere. Forse è questo il più grande pregio di Voglio mangiare il tuo pancreas: rendere questa frase la più romantica possibile. Ma non nel modo in cui pensate. Restate con me fino alla fine e capirete perché.

Da noi il film si è fatto ovviamente solo due/tre giorni in sala, perché vade retro cultura nipponica, sempre meglio gente a cui finiscono oggetti appuntiti nello sfintere con l’effetto reverse. Quindi undici (undici!) euri per vederlo e via, il mercato nero dei reni impenna con il booster in tangenziale.

Ma ora, senza spoilerz, spieghiamo perché Voglio mangiare il tuo pancreas è un film da vedere. Magari con un fazzoletto a portata di mano.

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Sakura è una studentessa liceale follemente estroversa. Haruki è un ragazzo ai limiti della sociopatia, volutamente senza amici. Per puro caso scopre che Sakura ha una malattia terminale al pancreas, e diventa depositario della vita stessa della ragazza, pronta a tutto pur di sgretolare il muro che lui si è costruito attorno. Da qui parte Voglio mangiare il tuo pancreas, creandoci voragini nello stomaco minuto dopo minuto, riempiendole poi con una felicità di vetro e, infine, aprendoci un sorriso in volto con una delle schegge rimaste.

Perché il film te lo dice nei primissimi istanti come andrà, e quindi non possiamo fare altro che ingoiare più aria possibile, anche se un’ora e quarantotto minuti ci sembrano pochissimi. E il regista, Shin’ichirô Ushijima, ci calcia subito in faccia la fine, per poi riavvolgere e spiegare. Ecco perché siamo affamati per aggrapparci a ogni frammento, ogni incontro fra Sakura e Haruki, ogni istante che possa avvicinare questi due numeri primi.

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Voglio mangiare il tuo pancreas non ci prova neanche: è un’opera prima e sa di essere in debito nei confronti di Makoto Shinkai, da 5 cm al secondo a Your Name. Però vuole farcela da sola, nonostante un’animazione ben lontana dalla perfezione stilistica di Shinkai, ma comunque in grado di trasmettere tutti i tasselli che avvicinano i protagonisti. Funzionale, anche se ancora un gradino sotto a La forma della voce, altro film di riferimento. Ma Ushijima si farà.

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Perché quando lascia soli Sakura e Haruki noi ci sciogliamo con loro, perdendo il freddo minuto dopo minuto, volendo essere anche noi in quell’albergo a fare obbligo o verità per tutta la notte. Peggio: sperando che quella notte non finisca mai, perché il mattino è pronto a divorarci l’anima. E la consapevolezza che dovremo aprire gli occhi rende quei sorrisi ancora più preziosi, cristallizzandoli già nei ricordi dei protagonisti e nei nostri, come sei noi fossimo sia loro che loro amici, in un dualismo tenero che ce li fa adorare scena dopo scena.

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Un taglio obliquo sulla malattia, capace di sconvolgere più l’esistenza di Haruki che non quella di Sakura, che riesce a immagazzinare felicità cercando di cambiare anche solo una vita, prima di perdere la sua. In questo la cultura giapponese ci viene in soccorso, con tutto il sottotesto di non detto, di accenni, sospiri, di sentimenti cacciati nel buio della pancia ma che, inevitabilmente, esploderanno, lasciando brandelli ovunque.

Voglio mangiare il tuo pancreas potrebbe anche osare di più, soprattutto nel parallelismo di amicizia/possesso con Il piccolo principe, troppo poco sfruttato e lasciato lì appeso allo spettatore. Lo si poteva inserire nella sequenza onirica finale, in un dualismo Sakura/Principe e Haruki/Volpe che, almeno a livello visivo di animazione, poteva essere quel quid in più che rendeva il film davvero perfetto.

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Ma sono solo piccoli nei, dato che la potenza dei sentimenti sovrasta ogni cosa, e noi ci facciamo spazzare via, perdonando le ingenuità sparse, tormentando il bracciolo della poltrona quando viene inviata proprio quella mail, perché Ushijima ci ha fregato, nonostante ci avesse rivelato il suo trucco all’inizio dello spettacolo.

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E quindi? Perché “voglio mangiare il tuo pancreas” è la più bella frase d’amore mai scritta? Ricordate che è il malato che dovrebbe mangiare l’organo sano per curarselo, no? Beh, perché se a pronunciarla, incidendosela sul cuore, è la persona che sta bene, significa che è pronta a divorarsi il male dell’altro pur di non farlo morire mai.

Edoardo Ferrarese

Folgorato sul Viale del Tramonto da Charles Foster Kane. Bene, ora che vi ho fatto vedere quanto ne so di cinema e vi starò già sulle balle, passiamo alle cagate: classe 1992, fagocito libri da quando sono nato. Con i film il feeling è più recente, ma non posso farne a meno, un po' come con la birra. Scrivere è l'unica cosa che so e amo fare. (Beh, poteva andare peggio. Poteva piovere).
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