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FOCUS: WATCHMEN 1X06 – Immagini dal passato

Quando si guarda un film o un’immagine, quando si legge un romanzo o una graphic novel si arriva spesso ad un punto della narrazione in cui tutto si collega intrecciandosi e formando un puzzle di eventi. Questa collisione genera in noi, che attendiamo con ansia di trovare un nesso logico, quelle informazioni in grado di suscitare stupore, lacrime, paura; quella chiarezza narrativa che ci stupisce perché tutto ci aspettavamo tranne che il racconto potesse colpire inaspettatamente laddove pensavamo di avere tutto sotto controllo. Sì, potremmo parlare di colpo di scena, di “revelations” ma quello su cui vorrei soffermarmi è più la capacità d’intreccio visiva, che fa del sesto episodio di Watchmen (This Extraordinary Being) uno dei lavori televisivi più belli di sempre.

Senza soffermarci troppo sulla trama, che occuperebbe più di due pagine, nel sesto episodio vediamo gli effetti delle pasticche che il personaggio di Angela Abraham ingerisce per sfuggire al suo arresto. Le Nostalgia sono pasticche contenenti ricordi, estrapolati da una mente e trasfusi sotto forma di medicinale, usate inizialmente per problemi di memoria senili. Nostalgia diventa il macguffin per un trip nella vita del nonno di Angela, dove passato e presente si intrecciano di continuo in modi inaspettati. Damon Lindelof (creatore) e Stephen Williams (regista) intuiscono perfettamente le possibilità narrative e spaziali del fumetto, quella libertà creativa che permette un assemblaggio di più quadri (quindi di più situazioni o più elementi), all’interno dello stesso quadro. Una prerogativa che cercano di mantenere anche nel resto degli episodi.

Il culmine avviene senz’altro in questo episodio spartiacque, fotografato da Gregory Middleton che allaccia il presente, filmato in bianco e nero, al passato, rimasto a colori. Il primo, avvolgente, etereo e astratto rimanda a quella collezione di film noir degli anni cinquanta, in particolare La Morte corre sul fiume di Charles Laughton che fa uso a sua volta dell’assemblaggio dei piani visivi nello stesso quadro.

Il secondo svolge una funzione importantissima in quanto il colore diventa ricordo, trauma, mancato incontro con il passato. Ciò che gli occhi del bisnonno di Angela vedono è una ripetizione del passato traumatico, mostratoci nel primo episodio della serie. Questa ripetizione serve a voler riparare il trauma subito durante la sua infanzia. Il passato perfora lo schermo del presente ripetendosi sotto forma d’immagine; si tratta di una rottura del soggetto o meglio di un distacco tra quella che era puramente percezione e consapevolezza di un’immagine. Perché un’immagine, così come un testo poetico o in prosa può essere percepito in differenti modi nel corso della nostra vita e di conseguenza diventare milioni di coscienze diverse. Ed è geniale vedere come la nuova consapevolezza di quelle immagini spingono Will Reeves ad indossare una maschera e mettere fine una volta per tutte al trauma. Quindi l’eroe mascherato brucia il presente traumatico così come in un tempo passato la sua città e i suoi genitori venivano bruciati; e con un montaggio perfettamente calcolato le due immagini si sovrappongono, ripetendosi.

Vengono disseminati per tutto l’episodio quello che Roland Barthes definisce punctum: lo squarcio all’interno di un’immagine, il momento in cui quando osserviamo una fotografia e scorgiamo un dettaglio, esso agisce sulla nostra memoria, suscitando gioia o riaprendo ferite. Ed è bellissimo il modo in cui questi squarci (sorretti ovviamente da una narrazione che accentua l’impatto emotivo) sono esplicitamente messi in scena. Per non parlare di come il tempo e lo spazio vengono gestiti come se fossero un unico e continuo flusso di eventi; la sensazione è quella del piano sequenza eppure sono presenti dei tagli evidenti e mai scontati. L’ispirazione è sicuramente legata ai film d’animazione di autori come Satoshi Kon, che hanno fatto del proprio montaggio e della concezione dello spazio un manifesto (qui allegato un video essay a riguardo: https://www.youtube.com/watch?v=oz49vQwSoTE).

Altro elemento fondamentale all’interno dell’episodio è senz’altro l’immagine cinematografica. La prima puntata di Watchmen si apre con una proiezione di un film western, muto e in bianco e nero. Nella più totale libertà, in sala a guardare la pellicola sul grande schermo, c’è il piccolo Will Reeves che sarà poi portato via a causa di un attacco terroristico nel villaggio. Will viene segretamente nascosto all’interno di un baule e scortato fuori dalla città mentre osserva il trauma della violenza da un piccolo foro. Da una visione libera sul grande schermo siamo portati a retrocedere ad uno spettacolo asfissiante e di scarsa veduta come se fossimo tornati indietro nel tempo, quando ancora il cinema era legato a una moneta e ad una visione personale attraverso quella che era la sala dell’epoca: i Kinetoscopi.

Bellissimo rivedere successivamente nel sesto episodio come il piccolo film western verrà proiettato nuovamente su una parete all’interno della casa di un Will ormai adulto, divenendo l’ispirazione principale per la trasformazione in eroe mascherato. Oppure come i “Ciclopi” utilizzano la proiezione cinematografica, accompagnata da registrazioni sonore, per ipnotizzare e seminare terrore.

Presenza cinematografica forte è senz’altro il regista russo Andrej Tarkovskij: dal nome delle pasticche (Nostalgia) che ricalcano il titolo di un celebre film dell’autore, alla presenza di scene che riesumano un immaginario visivo. Presente anche l’incessante colonna sonora rocambolesca che ricorda quella di Birdman di Inarritu, insieme ai continui long take.

Insomma, un episodio ricco di dettagli e di continui riferimenti interni al racconto ed esterni alla narrazione. Magnifico, audace, creativo. Uno dei migliori esperimenti nell’ambito del genere supereroistico, dove in meno di un’ora viene steso un arco narrativo in grado di comprendere tutti i quesiti, le difficoltà, le motivazioni e gli ostacoli di chi decide di indossare una maschera. Un continuo convergere di generi che fluiscono, amalgamandosi in perfetta armonia e riuscendo a commuovere nei momenti più lirici. Non mi sentivo così entusiasta per una serie televisiva da tempo.

 

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