Film

Watchmen di Zack Snyder: la pretenziosità della tamarria

Una delle poche inquadrature fighe del film (e copiata paro paro da Moore vorrei vede’)

Zack Snyder per me è l’equivalente di un bambinone che, anziché coi soldatini e le action figures, ama giocare con la macchina da presa e i dollaroni hollywoodiani per dare forma ad alcuni tra i blockbuster più tamarri ed eccessivi che si siano visti nella storia del cinema dalla rivoluzione tecnologica di Matrix in poi. A me come regista non fa impazzire, trovo non sia nemmeno un artigiano raffinato, e che la sua ricerca di un tono epico a tutti i costi rasenti l’inutilmente pomposo. Tuttavia riconosco che abbia un’estetica, sì esagerata, ma personale e riconoscibile, e che non tutto quello che ha fatto in vita sua, se guardato con il giusto mood, sia la spazzatura martirizzata da tanti.

L’alba dei morti viventi non era certo Romero, ma divertiva e schifava assieme con le sue scene gore (per altro alla sceneggiatura c’era il James Gunn di Guardiani della galassia, mica “bau bau micio micio”); 300 era una tamarrata zarra e trucida mascherata da grande epica peplum, e ti faceva venir voglia di arruolarti tra le schiere spartane per trafiggere qualche crudele cranio persiano assieme agli addominali photoshoppatissimi di Gerard Butler; Sucker Punch a mio avviso nasconde molto di più di quello che mostra; I guardiani di Ga’hoole invece è forse il film dove la “creatività” di Snyder ha potuto sfogarsi nel migliore dei modi, e per di più è un cartoon abbastanza sottovalutato. I problemi sono iniziati con Man of Steel e la seguente ondata di film sui fumetti DC da lui diretta, ma questa è un’altra faccenda. Oggi si parla di Watchmen.

Persino il Batman di Ben Affleck aveva più personalità di questo coso.

Ormai siamo nel 2019 e dire cosa è Watchmen dovrebbe essere considerato reiterazione, ma facciamo comunque un piccolo ripasso. Realizzata da Alan Moore e Dave Gibbons, è la graphic novel che assieme alle opere di Frank Miller ha consentito all’arte del fumetto di venir considerata culturalmente rivelante, non solo una mera forma di intrattenimento pop. È l’ucronica storia pessimista e crudele di un gruppo di vigilantes mascherati (i Watchmen, per l’appunto) che, nel bel mezzo della Guerra Fredda in un 1985 alternativo, si ritrova alle prese con un cacciatore di avventurieri in costume mentre la tensione sempre più instabile tra Stati Uniti e Russia sembra sul punto di scatenare la Terza Guerra Mondiale.

Ok, riassunta così la trama di Watchmen somiglia a quella di un qualunque fumetto di supereroi uscito in quel periodo, ma stiamo parlando del Dio Alan Moore, un uomo in grado di donare spessore, carica emotiva e potenza filosofica addirittura al tuo scontrino della spesa, e Watchmen è a man bassa il suo lavoro migliore e più affascinante (anche se personalmente preferisco di gran lunga The Killing Joke). Il film di Watchmen ha avuto una gestazione ventennale, e la sua sceneggiatura, prima di arrivare sulla scrivania di Snyder, pare fosse passata per le mani di gente del calibro di Terry Gilliam e Darren Aronofsky.

Lui è l’unico motivo per cui guardare il film.

Se leggete un po’ in giro sull’internet, Watchmen di Snyder viene considerato spesso e volentieri come una delle migliori riduzioni cinematografiche di fumetti mai realizzate, soprattutto perché la materia di partenza è molto ostica a livello di adattamento. Per portare sullo schermo il capolavoro disegnato, il regista ha scelto la strada dell’aderenza assoluta al fumetto, e ha difatti ricreato l’intera storia seguendola vignetta per vignetta, con inquadrature che sono pari pari alle tavole di Moore. Se sotto il profilo della fedeltà alla materia (solo il finale è stato parzialmente rivisitato) sul lavoro di Snyder è impossibile mettere bocca, per quanto riguarda l’efficacia e la qualità del film la verità è una sola: Watchmen non funziona.

Watchmen è un film pretenzioso, che ci prova in tutti i modi a essere epico e potente quanto il fumetto, ma fallisce miseramente sotto quasi tutti i punti di vista. Facciamo alcuni esempi pratici per confermare la teoria secondo cui non tutto ciò che sulla carta funziona è di pari efficacia sullo schermo: tutte le scene con il Dottor Manhattan, piene zeppe di spiegoni filosofici in quantità industrale (così come l’infinito numero di flashback), oltre ad essere di un deprimente da far invidia a Von Trier, smorzano il ritmo e aggiungono carne al fuoco che allontana lo spettatore dal focus dell’intera storia. E per una pellicola che dura quasi tre ore è un’aggravante non da poco. Aggiungiamo poi che Snyder eccede in violenza e sesso per ricreare malamente il clima di forte angoscia delle pagine di Moore e abbiamo praticamente affossato metà film.

… anche lui, dai.

La fotografia è desaturata all’inverosimile (molto più che in 300), quasi appiattita nelle componenti cromatiche nell’estremo tentativo di rendere tutto più dark e minaccioso (diciamoci la verità, con molti meno orpelli e patinature Todd Phillips ha creato una Gotham City ostile quasi quanto la Los Angeles di Blade Runner), e di certo non soccorre gli attori in carne ed ossa, costretti a integrarsi con fondali palesemente realizzati con il green screen e privati di qualsivoglia profondità di campo. Ora mi direte che pure Sin City aveva lo stesso “difetto”, ma io vi rispondo che almeno il disincanto degli attori si accordava perfettamente al tono folle del film.

D’accordo, ammetto che non tutti gli attori fanno schifo: Jackie Earle Haley è un Rorscharch incredibile e Jeffrey Dean Morgan a momenti fuoriesce dallo schermo da quanto è potente e cazzuto nei panni del Comico. Ma a parte loro due, lo smarrimento degli interpreti davanti alla sovrabbondanza di effetti speciali è fin troppo palese, e si nota pure che provano un certo disagio nell’indossare le calzamaglie dei watchmen. Il colpo di grazia è inferto dal peggior uso di belle canzoni di repertorio mai visto in un kolossal di questa portata (la scena di sesso con Leonard Cohen di sottofondo è un apice trash con pochi pari), talmente squallido da far ricredere chi vedeva nella colonna sonora di Suicide Squad una playlist di Spotify buttata a caso in fase di montaggio.

Madonna santa, il latte alle ginocchia

Insomma, si viaggia più tra bassi che tra alti, ed è evidente che lo smarrito Snyder non sia riuscito a svolgere un lavoro degno delle tavole di Moore, mancando l’obbiettivo di dar corpo a un cinecomic compatto e importante a livello di narrazione e tematiche. Se non ho dato un voto più basso è solo perché reputo Man of Steel, Batman v Superman e Justice League infinitamente peggiori. E per quanto riguarda Watchmen in sé, spero che la serie HBO firmata Damon Lindelof mi deluda molto meno.

Riccardo Antoniazzi

Classe 1996. Studente di lettere moderne a tempo perso con il gusto per tutto ciò che è macabro. Tenta di trasformare la sua passione per la scrittura e per il cinema in professione.
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