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Watchmen: Alan Moore, la politica e i problemi di trasposizione

Watchmen – la serie di Damon Lindelof – è ormai uscita da qualche mesetto, il che significa che ha avuto il tempo di sedimentarsi, almeno un poco, nella cultura pop e in un qualche modo ha avuto inizio il suo processo di storicizzazione. Indi per cui ho lasciato passare un po’ di tempo prima di esprimermi a riguardo: almeno adesso abbiamo tutti le nostre opinioni che possiamo mettere a confronto.

DISCLAIMER: temo che questo sarà un articolo leggermente impopolare, ma vi prego, lasciatevi trasportare dal flusso melenso delle mie parole fino alla fine, in modo da comprendere appieno le mie argomentazioni.

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Premesse

Prima di cominciare consentitemi una rapida introduzione, che cercherò di rendere il meno didascalica possibile, anche se probabilmente sarà inutile, dato che tutti sapete di cosa sto parlando. Watchmen è una graphic novel (o, per gli eretici, un “romanzo a fumetti”) scritta da colui che viene da tutti considerato il miglior autore di fumetti mai esistito, Alan Moore, e illustrata da Dave Gibbons.

L’opera in questione è un grandissimo capolavoro che ha cambiato irreversibilmente la storia della narrativa e che ha consentito al medium fumettistico di essere una volta per tutte considerato all’altezza delle grandi opere narrative. Per intenderci, Watchmen è da alcuni considerato la miglior opera narrativa mai scritta.

Da ciò ne deriva che ci troviamo davanti ad un’opera complessa che fonda la sua solidità e potenza proprio sul medium che utilizza. E come tutte le grandi opere, che spesso subiscono il fenomeno del lucro spietato e spregiudicato, anche Watchmen, ad un certo punto, ha dovuto affrontare il problema della trasposizionealla quale Alan Moore si è sempre opposto. E forse un po’ di ragione ce l’aveva, ma ci arriviamo con calma.

Non avendo a disposizione la consulenza dell’autore dell’opera, è chiaro che è facile incorrere in boiate, soprattutto quando si traspone una narrazione con esigenze così stringenti. Ma, come appunto dicevo sopra, il lucro ha avuto il sopravvento, perché i soldi sono belli, viva il capitalismo e tutte le solite storie della sinistra triste e disillusa.

Come saprete i diritti vennero acquistati dalla Fox, la quale poi scelse di affidare la regia della trasposizione cinematografica di Watchmen a Zack Snyder, perché, ahimè, nessuno ancora poteva sapere quanto fosse un cane.

E così, nel 2009, Watchmen al cinema fu.

Watchmen di Zack Snyder

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Ecco a voi il maestro della tamarria.

Allora premetto che non voglio sparare sulla croce rossa, e comunque ci tengo a precisare che ‘sto Watchmen non fa cagare da ogni punto di vista. Il problema vero riguarda però il risultato rispetto all’opera originale. E qui i danni sorgono come se fosse l’alba ogni ora.

Trasposizione in quadro (e in lettere)

Il buon Snyder ha optato per la riproduzione pedissequa, ovvero sostanzialmente prendendo la graphic novel e “ricopiandola” in immagini cinematografiche, vignetta per vignetta (o quasi). Questa scelta non è un problema in sé, e anzi a tratti permette di gustare alcune tavole di Gibbons al cinema. E comunque c’è da riconoscere che Snyder dimostra un amore smisurato per l’opera, andando a volte a riprodurla nei più minimi dettagli. Fino a qui tutto bene…

Ciò che è andato storto, ma che più storto non si può, è che il pacioso Zack non è stato capace di cogliere lo spirito dell’opera originale, andando a mettere in scena quello che è quasi uno stupro della filosofia di Moore.

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Complimenti ai tatuaggi.

La politica

Il rischio in cui si incorre praticando una trasposizione pedissequa è che l’opera che ne deriva risulti senz’anima. Bé, qui è ancora peggio.

Nella sua graphic novel Moore inquadrava la decadenza, la crisi di valori, la disillusione e il senso di vuoto nel quale la società post-atomica (o post-WWII) era caduta e la dipingeva a tinte fosche e cupe, con un senso di inevitabile disfatta che opprime costantemente. E comunque, l’opera di Moore era fortissimamente politica: ed è proprio qui che Snyder fallisce.

Il regista di Batman v Superman è riuscito a trasporre solo le immagini, ma non lo spirito e l’acume critico del Watchmen originale. Anzi ha fatto di peggio: ha trasformato Watchmen in un pasticcio di azione, tamarraggine e blanda (e forzata) comicità in cui tutto si respira tranne che un’aria di disfatta imminente. Gli esempi sono molteplici. Dalla ridicola realizzazione del Dottor Manhattan, all’appiattimento dello spessore del personaggio di Rorschach, passando per la banalizzazione del messaggio di cui era portatore il Comico, fino ad arrivare a un quasi totale stravolgimento del carattere dei personaggi (soprattutto di Gufo Notturno e di Spettro di Seta).

Che poi, caro Zack, dato che hai trasposto tutto lettera per lettera (sì, anche il diario di Rorschach in voce over, che non è esattamente l’idea più creativa del mondo), mi spieghi perché allora manca la parte dell’edicolante e della “storia nella storia” del pirata che torna a casa? Cioè hai trasposto tutto tranne le cose fighe?

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“I’m a fuckin’ bad ass!”

Il finale

La domanda è la stessa di cui sopra. Che motivo c’era di cambiare il finale? Ti mancavano i soldi per gli effetti speciali? Non credo proprio. E allora perché rendere Ozymandias (personaggio centrale nell’economia narrativa di Moore) così insignificante e quasi deus ex machina saltato fuori dal nulla? Perché stuprare in questo modo il Dottor Manhattan?

Forse sono io che mi faccio troppe domande…o Snyder che se ne fa troppe poche.

Watchmen di Damon Lindelof

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Allora con calma, fermi tutti. So bene che questo Watchmen non è una trasposizione diretta del capolavoro di Moore, va bene tutto ma mica ho le fette di salame sui bulbi oculari. Vi prego però di seguirmi nel ragionamento.

Damon Lindelof ha immaginato una sorta di sequel del Watchmen originale, ambientandolo 34 anni dopo gli eventi della graphic novel. E questo lo sapevamo tutti. Tuttavia questa serie è piena zeppa di riferimenti, citazioni, rifacimenti e interpolazioni (in senso buono) all’opera di Moore, ma soprattutto, a differenza di Snyder appunto, ha saputo cogliere lo spirito e (in parte) la filosofia dell’autore e dell’opera. Proprio questa filiazione diretta, a mio modesto parere, rende la serie di Lindelof molto più una trasposizione di quanto non lo sia il film di Snyder.

Purtroppo, però, i problemi ci sono anche qui.

Episodi 1-7: il razzismo e le tensioni sociali

Se questa serie si fermasse al settimo episodio starei gridando al miracolo, ma a questa parte ci arriviamo dopo.

Proprio in stile Moore, il Watchmen di Lindelof parte e si sviluppa con un tono brutalmente politico (per certi versi ancor più brutale di quanto già non lo fosse Moore) riprendendo il meccanismo narrativo già utilizzato nella graphic novel: l’ucronia. Ci ritroviamo quindi in un 2019 alternativo che però si porta alle spalle eventi storici realmente accaduti (i cosiddetti “Tulsa Race Riots”, 1921), eventi storici sempre accaduti ma manipolati ai fini della narrazione (la “Notte Bianca) e l’onnipresenza (seppur mai mostrata) di un presidente degli Stati Uniti decisamente oltre mandato: in Moore c’è Nixon, qui troviamo il bizzarro Robert Redford.

La serie si sviluppa in modo molto intelligente, operando un vero e proprio rovesciamento della questione razziale: sono i bianchi a sentirsi sottomessi e discriminati rispetto ai neri. Da qui deriva un discorso politico estremamente interessante e forbito, che raggiunge l’apice nell’immortale episodio 6.

Poi però arriva il Dottor Manhattan…

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Episodi 8-9: il Dottor Manhattan, l’amore, Adrian Veidt e il colpo di scena

PREMESSA: non sono assolutamente un detrattore del personaggio del Dottor Manhattan; al contrario ritengo che sia uno dei migliori personaggi mai scritti da mano umana (e che mano!). Tuttavia abbiamo davanti un personaggio quasi impossibile da trasporre in modo efficace e che comunque ha una pesantezza e ricercatezza concettuali veramente difficile da gestire – difatti Moore lo calibra al millimetro dal punto di vista del minutaggio concessogli, facendolo progressivamente sparire dalla narrazione.

Ora, era inevitabile che questo personaggio dovesse esserci nella serie, per il semplice fatto che è l’essere più potente che esista. Però facciamo un piccolo recap. Il buon Doc alla fine del Watchmen di Moore se ne andava bello tranquillo su Marte a farsi i cazzi suoi; questo perché le sue immense capacità intellettive lo hanno progressivamente reso indifferente alle sorti dell’umanità. Da qui in poi tenetevi forte.

Come tutti sappiamo nella serie la faccenda era tutta un mascheramento: Manhattan non se n’è mai andato in esilio su Marte, ma è invece rimasto sulla terra acquisendo le sembianze di un essere umano. Il punto cruciale è che ha fatto tutto ciò di sua spontanea volontà e viene quindi da chiedersi il perché. La risposta è lapidaria: perché è SEMPRE stato innamorato di Angela Abar a.k.a. Sorella Notte. Problemi a fior di pelle.

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Innanzitutto: ma se è sempre stato innamorato di Angela, allora quando era fidanzato con Sally Jupiter prima e con Laurie Juspeczyk dopo cosa stava facendo? le prendeva per il culo?

Secondo problema: anche ammettendo che Manhattan possa provare vere emozioni e sentimenti (la questione è controversa), ha comunque progressivamente perso interesse nei confronti degli uomini – fino a diventare indifferente nei loro confronti; quindi perché mai dovrebbe avere interesse per Angela?

Terzo problema: il fattore temporale va a farsi fottere, dato che Manhattan vive tutti i tempi (passato, presente e futuro) come se fossero contemporaneamente presenti (mi perdonerete il cerebralismo di questo giro di parole).

Infine: da essere superiore che abbandona la Terra viene abbassato a personaggio quasi umano ma con poteri straordinari che però sceglie deliberatamente di non utilizzare sacrificandosi per (forse) salvare la sua amata (?). Io non ho capito

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E Adrian Veidt invece a che serve? Anche qui non fraintendetemi: era un personaggio maestoso fino al sesto/settimo episodio (ed interpretato divinamente). Ma cosa è lì a fare esattamente? A salvare l’umanità da Lady Trieu per poi farsi umiliare in maniera decisamente anticlimatica e contraddittoria rispetto al suo personaggio (l’uomo più intelligente del mondo) facendosi arrestare nel finale? Ma non poteva pensarci il Dottor Manhattan a salvare il mondo visto che è così innamorato e umano? Io non ho capito neanche ‘stavolta.

In ultimo, Lindelof riprende anche un altro meccanismo narrativo già usato da Moore: la smentita. In parole povere. Negli ultimi tre episodi assistiamo a continui colpi di scena che ci rivelano come in realtà i piani malefici del Settimo Cavalleria siano soltanto un tassello del piano malefico di Lady Trieu. Moore aveva fatto la stessa cosa rivelando che dietro il grosso complotto si nascondeva Ozymandias. Solo che in Moore funzionava alla perfezione, qui sembra fatto solo per stupire, cosa che di fatto non accade perché è un espediente a cui eravamo già abituati. E anche perché Lady Trieu è sostanzialmente un personaggio di cui non frega un cazzo a nessuno.

Il finale

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Che gran cagata.

Mi sbrigo velocemente. Perché il Dottor Manhattan dovrebbe passare i suoi poteri (o parte di essi) ad Angela? Perché è un brava persona? davvero? E soprattutto qualcuno mi spiega perché si è dovuto a tutti i costi inserire la scena finale alla Inception? Senza considerare che successivamente in un’intervista Lindelof ha apertamente dichiarato che Angela i poteri li ha presi eccome.

Indipendentemente dalla fedeltà all’originale, come può questo non essere uno stupro del personaggio di Manhattan?

Considerazioni finali

La critica che più facilmente mi si può muovere è che Lindelof non aveva intenzione di rifarsi a Moore e che quindi aveva tutto il diritto di sviluppare un’opera a sé stante. Sacrosanto. Ma allora perché inserire tutti questi meccanismi di adescamento del lettore esperto di Watchmen? Perché inserire la narrazione in questa continuity temporale rispetto all’opera originale? Perché rispettare ed onorare in tutto e per tutto le idee e la filosofia di Moore salvo poi depredarle per esigenze spettacolari e drammatiche?

Se Lindelof avesse davvero voluto produrre un’opera slegata dal suo predecessore avrebbe agito diversamente (anche perché credo la serie si poco fruibile da chi Watchmen non l’ha letto) e le mie considerazioni si sarebbero mosse di conseguenza. Ma dal momento in cui ha messo in piedi un’opera che sfiora il capolavoro e che evidentemente instaura un dialogo con Moore, allora tutte le scelte fatte negli ultimi due episodi si riassumono in una parola: sabotaggio.

E la cosa spiace, perché fino al sesto episodio questa serie era un capolavoro assoluto.

Mario Vannoni

Un paesaggio in ombra e una luce calante che getta tenebra su una figura defilata. Un poco inutile descrivere chi o cosa sono io se poi ognuno di voi mi percepirà in modo diverso, non trovate?
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