Voi non potete sapere quanto sia avvilente essere messi da parte, essere esclusi da qualsivoglia tipo di conversazione dai propri amici a causa di un difetto al giorno d’oggi non trascurabile. Di quale difetto sto parlando?
Ebbene, io non guardo Game of Thrones.
L’ho detto. È una grave mancanza e ne sono consapevole. E il problema è che ciò non solo mi preclude buona parte del vivere sociale, ma mi espone anche alle accuse di eresia da parte di chi mi circonda neanche fossi Girolamo Savonarola.

Perché la verità è che seguo molte serie TV, ma nessuna di queste rientra nel target delle più chiacchierate ed altisonanti del momento, quali il sopracitato GoT, ma anche TWD, HIMYM, Aci, Anas, Aiscat e Società Autostrade.
Premesso ciò, vorrei qui parlare di una serie che ha catturato tutto il mio interesse e che ho amato alla follia nonostante le controversie che la caratterizzano. Sto parlando di Wayward Pines.
Ispirata a un vero e proprio culto della televisione anni ottanta, il leggendario Twin Peaks di David Lynch, e all’omonima trilogia di romanzi di Blake Crouch, Wayward Pines narra le vicende di Ethan Burke (interpretato da Matt Dillon), agente dei servizi segreti americani che si risveglia nel bosco di una misteriosa cittadina dell’Idaho, appunto Wayward Pines, senza cellulare né documenti, ricordandosi solo la sua ultima missione, ossia la ricerca di due agenti federali scomparsi in quella zona.

Ben presto il protagonista si renderà conto di essere stato catapultato in un vero e proprio incubo. Egli infatti non solo non riesce in alcun modo a mettersi in contatto con la sua famiglia, ma si ritrova a rapportarsi con gli stranissimi ed inquietanti abitanti della cittadina, che sembrano recitare una ruolo fittizio per nascondere a Burke l’orrenda verità che li coinvolge tutti.
La situazione diventerà ancora più tragica quando la famiglia dello stesso si metterà alla sua disperata ricerca e quando, scoperta la recinzione elettrificata che cinge la città, Burke capirà che qualcuno in realtà non è chi dice di essere e che le regole della città sono fatte per impedire a chiunque di fuggire da essa.
Fin dal suo episodio pilota, la serie lascia lo spettatore col fiato sospeso e pieno di interrogativi. Le prime puntate stimolano infatti tantissimo la curiosità di chi guarda, dal momento che la suspense e le tempistiche dettate dal bravissimo regista M. Night Shyamalan (già autore e regista di Signs e de Il sesto senso) creano un ritmo incalzante e mai sotto tono.

Nel corso degli episodi, che sono nel complesso 10 e della durata di 45 minuti ciascuno, si susseguiranno numerosi colpi di scena che arriveranno a smentire le convinzioni accumulate e che aiuteranno a comprendere le sconcertanti verità che caratterizzano Wayward Pines e il mondo oltre la sua recinzione.
Lo spettatore si ritroverà così totalmente immerso nello psicodramma che coinvolge il protagonista e gli altri abitanti della cittadina, alla ricerca spasmodica di un modo per riacquistare la la propria libertà contro quella che sembra essere una forza superiore inesplicabile.
Alcune osservazioni doverose devono qui essere effettuate. Anzitutto la serie presenta una struttura sostanzialmente bipolare: da un lato i primi 5 episodi sono incentrati sul mistero che avvolge Wayward Pines, il passato dei suoi abitanti e il loro comportamento imperscrutabile, mentre nei secondi 5 si assiste ad una “deriva dittatoriale” molto allegorica della stessa città, in un contesto in cui il corso degli eventi assume tinte maggiormente noir a seguito delle sbalorditive rivelazioni. E questa duplice costruzione ha sollevato molti dibattiti, soprattutto tra chi sosteneva che la volontà di non rinnovare la serie per una seconda stagione avesse costretto gli autori ad accelerare gli eventi, sacrificando così inevitabilmente l’approfondimento psicologico dei personaggi e delle motivazioni delle loro azioni.

Il finale di stagione è infatti molto rocambolesco ma al contempo definitivo: l’idea di base era comunque quella di sviluppare una storia che avesse un inizio ed una fine ben precisa, senza lasciare adito a possibili prosecuzioni future.
Ma così non è, e potete ben apprendere la mia gioia nel momento in cui sono venuto a sapere del rinnovo per un’ulteriore seconda stagione (che peraltro negli Stati Uniti avrà inizio il 25 maggio) di quella che, senza dubbio alcuno, è stata una delle serie più accattivanti che abbia mai avuto modo di seguire.
Insomma, ho tirato su tutto questo panegirico per convincervi del fatto che Wayward Pines merita sicuramente un’opportunità, dal momento che unisce adrenalina, tensione e sentimento senza mai scadere nella banalità o nell’esasperazione.
Il che è sicuramente un punto a favore, nel contesto di un universo televisivo in cui si vedono sempre più serie stracciacazzi trascinate avanti all’inverosimile solo per raschiare ascolti dal fondo del barile.
Ricordati:
Non provare ad andare via.
Non parlare del passato.
Rispondi sempre al telefono quando squilla.
Goditi la vita a Wayward Pines.
(Regole di Wayward Pines).
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