
West and Soda: fiaba moderna con animali, tabacco e pallottole
UNA CONVERSAZIONE PARTICOLARE
Bruno Bozzetto, una delle maestranze nate nel mito di Disney e cresciute con le committenze del Carosello, si ritrova a sostenere una conversazione di questo tipo con un amico di famiglia…
– Ehi Bruno! Mi stavo chiedendo una cosa… Ma tu, con lo studio che ti trovi, hai mai pensato di affrontare qualche progetto più ambizioso dei cortometraggi e dei caroselli? Non so, ha mai pensato di fare un lungo animato?
– Come, prego?
– Ma sì! Un lungometraggio, un film! Come Disney! Perché non lo fai?
Se il signor Bruno avesse dato o meno del pazzo fulminato al suo amico non ci è dato sapere. Fatto sta che, da questa semplice idea, un piccolo studio, noto per le sue produzioni pubblicitarie, si imbarcò nell’avventura del grande cinema di animazione con West and Soda.
IL WESTERN: UNA FIABA MODERNA
Collaboratori ardimentosi, idee e voglia di mettersi in gioco. Non manca (quasi) nulla, tranne un soggetto in cui incanalare tutto questo. Che storia fare?
Disney fa fiabe, farò anche io una fiaba!
Bruno Bozzetto
Questa l’immancabile frase storica che porta di volata alla scelta della storia. O meglio, del contesto della storia.
Si sa che una fiaba ha precisi elementi distintivi: strutture narrative, personaggi, situazioni ricorrenti. Se volessimo fare un discorso più ampio potremmo arrivare a dire che qualsiasi genere letterario e cinematografico ha questo tipo di elementi fissi che lo caratterizzano. Alla fine parliamo sempre di archetipi e di cliché.

Ebbene, per West and Soda, Bozzetto arriva a una conclusione: idealmente, il Western classico americano (precedente a Leone e alla sua Trilogia del Dollaro) è il genere più vicino al concetto di “schema e personaggi cristallizzati” delle fiabe.
Come capitava con Disney, chi si recava al cinema per vedere uno di quei film, come i classici di John Ford, di Anthony Mann o di Howard Hawks, sapeva già “la storia”: sapeva perfettamente chi era il buono e chi era il cattivo, chi avrebbe trionfato e chi sarebbe morto.
E in West and Soda troviamo di tutto: troviamo il buono col cappello bianco, il cattivo (anzi, il Cattivissimo) ricco, avido (e lussurioso) latifondista col cappello nero, i suoi violentissimi tirapiedi, la ragazza della fattoria, la donna del saloon, il pianista (regolarmente fulminato dagli avventori fuorilegge), i becchini, sempre a pieno regime, il buon vecchio ubriacone (qui impersonato da un cane), la cavalleria che insegue gli indiani che inseguono la diligenza. Troviamo duelli e inseguimenti per fiumi, montagne, grotte. Troviamo il paese tormentato dai cattivi che verrà infine liberato dall’eroe.
Insomma: un bel pastiche. E da qui la nascita del titolo del film (West and soda), un po’ come con le tabaccherie e la tipica dicitura “Sale e tabacchi”.
UN PACIFISTA NEL SELVAGGIO WEST: “Shrek” o “Storia fantastica“?
Per la Bozzetto Film, una situazione come questa è un’occasione per dare libero sfogo al loro folle spirito umoristico. Spavalde e brillanti si susseguono le geniali trovate degli autori, che non fanno da elemento di disturbo a una storia seria, ma che ne fanno parte in modo indissolubile.
Molti sono i momenti in cui Manuli, Giovannini e Bozzetto inseriscono schegge di delirante assurdità, da cavalli con lo zoccolo scoppiato (come fosse uno pneumatico) a mucche con sportelli a mo’ di frigorifero per il latte, da cani alcoolizzati con elmi da conquistadores a un funerale siciliano, celebrato dalla famiglia di una formica caduta in battaglia.
Da sempre il modo migliore per far emergere battute e situazioni comiche è il contrasto. Inserire un protagonista come Johnny, un ex-pistolero complessato, filosofo e pacifista, in un ambiente come il selvaggio West, completamente opposto a lui nella sua totale amoralità, è un’idea che non è nuova nel genere, ma che è fresca e piena di potenziale se usata con intento umoristico e satirico. Il contrasto tra i moderni ragionamenti di Johnny e il pensiero antico della frontiera è una delle conseguenze più divertenti di questa idea.
Senza contare il contrasto che nasce dall’uso di spassosi anacronismi, come il freno di emergenza sulle diligenze o i contamiglia sui cavalli.
Disporre in questo modo di un genere, quindi, significa poterci giocare e finire anche a prendere in giro i suoi stereotipi e i vari luoghi comuni. Questo porta dal fare una fiaba a fare una parodia.
Ma questo non è Mezzogiorno e mezzo di fuoco. L’umorismo, sebbene parta anche dall’ironia sugli stereotipi del genere, rimane sempre all’interno di una storia che non viene mai presa in giro. Non ci sono rotture della quarta parete né personaggi che fanno ironia riguardo il loro ruolo nel racconto.
Ecco perché il risultato finale è più vicino a un La storia fantastica o al disneyano Robin Hood, fiabe dal fortissimo tono umoristico, o ad uno Scusi dov’è il west? più che ad uno Shrek, che concentrava la sua satira anche sulla struttura del racconto.
LE RAPIDE DI BRAD BIRD E LA TEMPESTA DI BRUNO BOZZETTO
Per West and Soda, il signor Bozzetto può contare su molti elementi vincenti. Ma manca ancora qualcosa.
Per fare un film non basta avere voci eccezionali (anzi leggendarie come Nando Gazzolo e Carlo Romano), bei disegni di partenza e belle idee. Perché quando parliamo di animazione, il confronto (specie negli anni ’60) è sempre con Disney, il titano di oltreoceano. Questo pone il pesante dilemma della tecnica. Ma la risposta trovata è da manuale.
Pur con i libri tecnici di Disney alla mano, Guido Manuli e gli animatori Laganà, Martelli e Chesani si ingegnano a esplorare nuove strade per il film, diverse da quelle disneyane.
Manuli crea uno stile di movimento nevrotico e veloce, sperimenta scene con la cutout animation (tecnica usata anche da Parker e Stone per le prime stagioni di South Park) e sfrutta animazioni davvero minimali.
Gli sfondi, curati dall’artista Giovanni Mulazzani, sono assolutamente liberi dalle regole prospettiche e colorati con imprecise macchie che danno loro un tono vissuto e sporco.
Ma è con gli effetti che il film raggiunge un grandioso traguardo. Un incendio, una pepita e un barile d’acqua diventano cose meravigliose da guardare.
Ma non parliamo solo di cose piccole. Parliamo anche di cose gigantesche che richiedono l’ira di dio per essere realizzate.
Facciamo un nome: Ratatouille di Brad Bird e Jan Pinkava. Una sequenza in particolare, fortemente voluta dal regista Brad Bird, fece impazzire gli animatori della PIXAR, data l’importante mole di lavoro in più che richiese per realizzarla: quella delle rapide nelle fogne.
E anche nel nostro West and Soda, Bozzetto punta in alto. Vuole scene realizzate in modo unico, ma anche intense, emozionanti e che siano in grado di dare l’atmosfera adatta ad un’avventura sulla frontiera. Ed ecco che da questo desiderio nascono sequenze come quella dell’incendio o quella del tempesta.
Quest’ultima sequenza è, insieme al Bolero di Allegro non troppo, una delle sfide più impegnative della carriera di Bozzetto. Una musica onirica accompagna in maniera suadente gli spettatori verso un passaggio del film diverso dal tono umoristico e dai colori brillanti che lo caratterizzavano. Un momento in cui la narrazione si sospende (momento morto) e tutto l’ambiente sembra, per un momento, ancora più irreale. I colori, le ombre, tutto sembra uscito fuori dalla realtà. Sembra di sconfinare in un tenue ed inquietante sogno autunnale, che avvolge e culla chi lo guarda.
In conclusione, questo piccolo studio, che avrebbe dovuto riconoscere la sua poca competenza e tenersi nei ranghi di una piccola produzione, decide di prendere tutto il tempo possibile per poter uscire con un film che è un vasto insieme di brillanti ed esilaranti trovate, animazioni sperimentali e momenti di forte impatto emotivo.